Con risposta all’interpello n. 314 del 30 aprile 2021 l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti circa il trattamento fiscale da riservare alle somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di rimborso spese ai propri dipendenti che svolgono la propria attività in modalità agile (c.d. “smart working”).
Il quesito del contribuente
Nel formulare l’interpello, il datore di lavoro istante ha comunicato all’Agenzia delle Entrate la propria intenzione di:
In particolare, il contribuente ha condotto un’analisi dettagliata per verificare il proprio risparmio giornaliero e il costo giornaliero sostenuto dal lavoratore per talune spese, quali: il consumo di energia elettrica per l’utilizzo di un computer e di una lampada e i costi per l’utilizzo dei servizi igienici (acqua e materiale di consumo).
L’analisi effettuata ha portato a ritenere adeguato riconoscere un rimborso spese ad ogni dipendente di Euro 0,50 per ogni giorno di lavoro in smart working.
Alla luce di quanto precede, il contribuente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se sia possibile escludere tale somma giornaliera da imposizione in quanto non costituente reddito di lavoro dipendente.
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
Nel formulare il parere sul quesito del contribuente, l’Agenzia delle Entrate fa un excursus normativo e di prassi sulla rilevanza reddituale dei rimborsi spese partendo innanzitutto dal c.d. principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente sancito dall’articolo 51, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR n. 917/ 1986 (TUIR).
In forza di tale principio costituiscono reddito di lavoro dipendente «tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono».
In linea generale, dunque, tutte le somme corrisposte dal datore di lavoro ai propri dipendenti, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono reddito di lavoro dipendente e sono, quindi, soggette ad imposizione fiscale e previdenziale.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate richiama la circolare del 23 dicembre 1997, n. 326 secondo la quale taluni rimborsi possono essere esclusi da imposizione fiscale: ovverosia i rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro ma anticipate dal dipendente. Ad esempio, le spese sostenute per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore (quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc..).
Il principio di onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente è stato poi ulteriormente approfondito nella risoluzione 9 settembre 2003, n. 178/E nonché nella successiva del 7 dicembre 2007, n. 357/E.
Con le richiamate risoluzioni, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e “non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro”.
L’Agenzia delle Entrate si è, infine, soffermata sulla determinazione dell’ammontare della spesa rimborsata al dipendente in modo forfettario.
Al riguardo l’autorità fiscale, richiamando i principi espressi nella risoluzione 20 giugno 2017, n. 74/E, ha affermato che, qualora il legislatore non abbia provveduto ad indicare un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione (quale ad esempio, quella prevista dall’articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR in materia di auto aziendali concesse ad uso promiscuo ai dipendenti), i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili. Ciò, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Nell’ipotesi prospettata, il contribuente ha ben rappresentato il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, basandosi su parametri diretti ad individuare costi risparmiati dalla società.
In ragione di tutto quanto precede, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che le somme erogate dal datore di lavoro ai propri dipendenti per rimborsare i costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate non siano imponibili ai fini IRPEF.