Con la nota n. 1799 del 23 novembre 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (l’”INL”) ha precisato che il datore di lavoro allorquando decide di trasformare in CIGO Covid-19 un periodo di ferie preventivamente richiesto dai lavoratori e già autorizzato, pur violando l’art. 2109 comma 3 cod. civ., non può essere sanzionato. Ciò in quanto l’ordinamento giuridico non prevede un regime sanzionatorio per tale irregolarità.
Riferimenti normativi
In primis, è opportuno ricordare come l’istituto delle ferie sia tutelato dall’art. 36, comma 3, della Costituzione secondo cui ciascun lavoratore ha diritto, oltre al riposo settimanale, ad un periodo di ferie annuali retribuite, al quale non può rinunciare.
Contestualmente, tale principio costituzionale ha trovato attuazione nell’art. 2109 cod. civ. ai sensi del quale la durata delle ferie è fissata dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi e secondo equità.
A tale disposizione si aggiunge che il momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve comunque conciliare gli interessi dell’impresa con le esigenze del lavoratore. Inoltre, il periodo feriale deve essere possibilmente continuativo e, ovviamente, retribuito.
Successivamente, l’istituto delle ferie è stato oggetto di regolamentazione per mano dell’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003, che ha stabilito un limite minimo legale alla durata delle ferie retribuite non inferiore a quattro settimane l’anno.
Per completezza espositiva occorre, altresì, osservare che ai sensi della richiamata disposizione il periodo delle ferie, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, debba essere goduto per almeno due settimane consecutive e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
Tale periodo minimo di quattro settimane non può inoltre essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, fatto salvo il caso della risoluzione del rapporto di lavoro (c.d. divieto di monetizzazione) e, nelle casistiche di orario di lavoro medio multi-periodale (di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 66/2003), sono demandati alla contrattazione collettiva i criteri e le modalità di regolazione della fruizione delle stesse.
Contestualmente, è opportuno effettuare alcune considerazioni in tema di maturazione delle ferie in costanza di strumenti di sostegno al reddito, operando una distinzione tra periodi di sospensione e periodi di riduzione dell’orario di lavoro.
Qualora il lavoratore fosse sospeso con intervento degli ammortizzatori sociali, di norma – tenuto conto della mancata prestazione lavorativa – in tale periodo non maturano ferie.
Al contrario, il lavoratore – ove operasse con riduzione dell’orario e con il corrispondente intervento degli ammortizzatori sociali – avrebbe diritto alla maturazione delle ferie, atteso che l’intermittenza della prestazione non lo solleverebbe dallo stress psicofisico della circostanza.
Tale interpretazione trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Sent. n. 3603/1986), per la quale il diritto al godimento delle ferie presuppone l’oggettiva esigenza del recupero delle energie psicofisiche spese nell’effettiva prestazione lavorativa, ma non è suscettibile di riduzione proporzionale alle ore non lavorate in relazione alla situazione di lavoratori in cassa integrazione ad orario ridotto.
Con riferimento a tale ultima ipotesi, si è fatta strada una ulteriore interpretazione, supportata da accordi sindacali aziendali volti a favorire l’intervento degli ammortizzatori sociali, secondo la quale, in presenza di riduzione dell’orario (anche alternata a periodi di sospensione) sarebbe ammessa una maturazione proporzionale delle ferie.
I chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
L’INL, in linea con quanto già previsto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la risposta ad interpello n. 19/2011, conferma che gli interventi a sostegno del reddito, sia ordinari che straordinari, costituiscono entrambi ipotesi oggettive derogatorie all’ordinaria modalità di fruizione delle ferie.
Alla luce di quanto sopra, l’INL precisa che la mancata comunicazione formale da parte del datore di lavoro della decisione di trasformare in CIGO Covid-19 un periodo di ferie preventivamente richiesto e già autorizzato, costituisce una “irregolarità”. Irregolarità che, tuttavia, non è sanzionabile sotto il profilo amministrativo né modificabile attraverso il ricorso al potere di disposizione ex art. 14 del Decreto Legislativo n. 124/2004.
L’INL, infatti, ha osservato come, risultando inalterato il plafond di ferie maturate da ciascun lavoratore e fruibile al termine della CIGO, non sembrerebbe derivarne un danno per il lavoratore stesso.