Il procedimento disciplinare rappresenta una fase delicata nella gestione del rapporto di lavoro dipendente, regolata in modo specifico dalla legge e dai contratti collettivi nazionali.
Un procedimento disciplinare viene avviato a seguito di una violazione commessa dal lavoratore. In particolare, esso costituisce l’esercizio del potere disciplinare attribuito al datore di lavoro dall’art. 2106 cc, in base al quale l’inosservanza da parte del lavoratore degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro può generare l’applicazione di sanzioni disciplinari.
Il procedimento per esercitare tale potere è oggi regolamentato dall’art. 7 della Legge 300/1970 (“Statuto dei lavoratori”) e dai CCNL.
Le fasi di un procedimento disciplinare sono essenzialmente tre: contestazione del fatto, difesa del lavoratore, irrogazione dell’eventuale sanzione.
Caratteristiche e tempi di ciascuna fase sono regolati dalla legge e dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro.
Le sanzioni elencate dall’art. 7 della Legge 300/1970 sono il richiamo verbale, il richiamo scritto, la multa fino a 4 ore della retribuzione, la sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni, il licenziamento. La sanzione deve essere proporzionata rispetto al fatto commesso e, ai fini della recidiva, non si può tener conto delle sanzioni disciplinari decorso un certo periodo dalla loro adozione.
Il procedimento disciplinare si conclude con l’accoglimento della difesa del lavoratore oppure con l’irrogazione della sanzione nei suoi confronti. Queste, in particolare, vengono applicate decorso il termine posto a garanzia della difesa del lavoratore o in caso le sue giustificazioni non vengano accolte.
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