Ad agosto il coefficiente per rivalutare le quote di trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2014 è pari a 1,280374.
(Il Sole 24 Ore, 15 settembre 2015, pag. 42)
L’INPS, con messaggio n. 5207/2015, rende noto che da ottobre la mancata corrispondenza tra la somma dei singoli elementi contributivi individuali e i dati dichiarativi “totale a debito e totale a credito” a livello aziendale, determinerà l’inattendibilità del flusso. Vista l’impossibilità di processarlo, l’Uniemens sarà considerato non generabile e di conseguenza non potrà ritenersi assolto l’obbligo contributivo per il periodo a cui il flusso si riferisce.
(Il Sole 24 Ore, 7 agosto 2015, pag. 32)
Lo schema di decreto legislativo (presentato dal Governo e ancora all’esame delle commissioni parlamentari) interviene a tutto campo in materia di cassa integrazione guadagni prevedendo l’abrogazione della precedente normativa, in particolare la legge n. 164/1975 e le norme in materia di CIGS della legge n. 223/1991. Le principali novità sono tre: (i) l’incremento del contributo addizionale a carico delle imprese richiedenti il trattamento. Si passa, infatti, ad un sistema che, oltre ad aumentare le percentuali, utilizza come base di calcolo la retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore. Il contributo sarà del 9% della retribuzione spettante per le ore non lavorate fino a 52 settimane di fruizione del trattamento di integrazione salariale; del 12% tra le 52 e le 104 settimane; del 15% oltre le 104 settimane; (ii) la priorità data ai contratti di solidarietà rispetto agli altri interventi che si desume sia dalla articolo 22, comma 5, allorquando dispone che ai fini del calcolo della durata massima complessiva degli interventi, la durata del trattamento per contratto di solidarietà viene computata a metà, sia dalla previsione che in sede di procedura sindacale le parti dovranno espressamente dichiarare la non percorribilità del contratto di solidarietà; (iii) la semplificazione della procedura sindacale e la riduzione dei termini della stessa. L’impresa dovrà semplicemente indicare che intende richiedere la concessione del trattamento e, soltanto in sede di esame congiunto, portare a conoscenza della controparte sindacale il programma che intende attuare, la durata, il numero dei lavoratori, le ragioni che non rendono praticabili forme alternative di riduzioni di orario, i criteri di scelta, le modalità della rotazione o le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione della stessa. Infine si ricorda che le causali della CIGS diventano tre: (i) riorganizzazione aziendale; (ii) crisi aziendale con l’importante esclusione, a partire dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione di attività; (iii) contratto di solidarietà (in realtà già ora accompagnato dall’intervento della cassa integrazione). L’abolizione della CIGS per cessazione di attività si accompagna alla riduzione della durata massima complessiva per ciascuna unità produttiva che scende a 24 mesi, da calcolarsi non più nel quinquennio fisso ma in quello mobile: scelta che consentirà alle aziende di avere a disposizione cinque anni a partire dal primo intervento concesso. Per quanto concerne le imprese aventi diritto vi sono alcune aggiunte e specificazioni, mentre la platea dei lavoratori destinatari viene ampliata dall’inclusione degli apprendisti assunti con contratto professionalizzante.
(Il Sole 24 Ore, 4 agosto 2015, pag. 32)
Da oggi fino al prossimo 25 settembre si aprono nelle fabbriche le assemblee per illustrare i contenuti della piattaforma per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, approvata da Fim e Uilm la scorsa settimana ed il cui risultato sarà reso noto il 28 settembre. Per la fine del mese è, invece, prevista la convocazione di Federmeccanica per l’avvio del negoziato. Trattandosi di una piattaforma innovativa, è importante che, nel caso in cui si riesca a raggiungere un’intesa con Federmeccanica, nelle fabbriche ci sia consenso. Non si parla, infatti, solo di salario (la richiesta è per un aumento salariale medio di 105 Euro), ma di temi che porterebbero una certa innovazione, come: (i) l’inquadramento professionale, «un argomento fermo al 1973» come osserva il segretario generale della Fim, Bentivogli; (ii) il diritto soggettivo alla formazione ed (iii) il rilancio delle 150 ore. Infine, la costituzione di un fondo bilaterale di sostegno al reddito per le aziende in crisi, visto che dal 2018 ci saranno ammortizzatori sociali più leggeri e il rafforzamento della cosiddetta staffetta generazionale.
(Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2015, p. 13)
Con il decreto attuativo del Jobs Act che ha introdotto nuove misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro (D.Lgs. n. 80/2015), è stata ridotto del 10% il fondo destinato a premiare l’incentivo connesso alla retribuzione correlata a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione ed efficienza organizzativa, prevista dalla contrattazione di secondo livello. Le relative risorse verranno destinate alla promozione della conciliazione tra vita professionale e quella privata. Tale riduzione si aggiunge alla soppressione delle norme che prevedevano ala detassazione dei predetti premi per il 2015.
(Il Sole 24 Ore, 17 luglio 2015, pag. 39)
Sebbene non siano ancora state ufficialmente avviate le trattative per il rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici, nella giornata di ieri la FIM-CISL e la UILM-UIL, in assenza della FIOM-CGIL, hanno raggiunto un’intesa di piattaforma per il predetto rinnovo attraverso la quale si chiede un aumento salariale medio di 105 euro. L’intesa, che ora dovrà passare al vaglio dei lavoratori, è già stata contestata da Federmeccanica che, in una lettera alle sigle di settore ha esplicitamente chiarito che «il contratto nazionale non può e non deve determinare incrementi di costo».
(Il Sole 24 Ore, 17 luglio 2015, pag. 19)
L’INPS, con messaggio n. 4805/2015, ha illustrato le novità contenuto nel D. Lgs. n. 80/2015, dando il via libera, a decorrere dal 25 giugno scorso e limitatamente all’anno 2015, al prolungamento del congedo parentale per assistere figli disabili. In particolare, il congedo potrà essere fruito per la durata di tre anni con diritto all’indennità del 30% della retribuzione e fino ai dodici anni di età del figlio (o dell’ingresso in famiglia, in caso di adozione o affidamento), in luogo del limite di otto anni operativo fino al 24 giugno.
(Italia Oggi, 17 luglio 2015, pag. 28)
Scompare il lavoro a progetto e rinasce – seppure dentro confini più stretti di quelli preesistenti – la collaborazione coordinata e continuativa. Dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del “codice dei contratti”, saranno abrogate tutte le norme che oggi regolano il lavoro a progetto (restando in vita, fino alla loro scadenza, i contratti in corso). Tra le altre cose, per evitare che si ripetano gli abusi del passato, la nuova disciplina stabilisce che, dal 1° gennaio 2016, per i rapporti di collaborazione (salvo i casi per i quali la legge prevede delle deroghe) si “applica” la disciplina del lavoro subordinato, in presenza di alcuni indicatori specifici. Tale presunzione opera quando la prestazione del collaboratore ha carattere esclusivamente personale (resa, cioè, senza un’organizzazione di impresa) e si svolge in maniera continuativa nel tempo. Inoltre è necessario che le modalità di esecuzione della prestazione siano «organizzate dal committente». L’inesistenza dei requisiti che rendono applicabile la presunzione di subordinazione può essere oggetto di certificazione presso le sedi previste dal D.lgs. 276/2003.
(Il Sole 24 Ore, 16 giugno 2015, pag. 44)
Il D.Lgs. 81/2015, in vigore dallo scorso 25 giugno, è intervenuto, tra l’altro, sulla disciplina dei contratti a tempo determinato in tema di proroghe e di sanzione per la violazione del contingentamento. In particolare, per quanto riguarda le proroghe, rimane fermo il numero massimo di 5 nell’arco di 36 mesi, ma potranno riguardare anche attività diverse rispetto a quelle oggetto del rapporto iniziale. Con riferimento alle clausole di contingentamento, l’apparato sanzionatorio collegato al mancato rispetto del numero complessivo dei rapporti a termine attivabili, come determinato nei contratti collettivi (o, in mancanza, nel parametro legale del 20% del personale a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno cui si riferisce l’assunzione) resta quello introdotto dal D.L. 34/2014. Il D.Lgs. 81/2015, all’art. 23, fornisce però due specifiche gestionali: (i) i datori che iniziano l’attività in corso d’anno potranno usare come base di computo del personale a tempo indeterminato, per conteggiare il tetto, quello in forza al momento dell’assunzione; (ii) rispetto al dato numerico ottenuto, il decimale va arrotondato all’unità superiore qualora esso sia uguale o superiore a 0,5.
(Il Sole 24 Ore, 6 luglio 2015, pag. 29)
Il decreto legislativo n. 81/2015 ha esteso l’acausalità anche ai contratti di somministrazione a tempo indeterminato che possono oggi essere utilizzati per lo svolgimento di qualsiasi tipo di attività, con l’unico limite quantitativo del 20% dell’organico stabile, derogabile dalla contrattazione collettiva. Per la somministrazione a tempo determinato, invece, eventuali limiti legali potranno essere introdotti soltanto a livello di accordi collettivi. Rispetto alle esenzioni legali dal limite, la legge non prevede alcuna esenzione per lo staff leasing, riservandone così l’eventuale individuazione ai soli contratti collettivi. Per la somministrazione a termine, invece, sono previste esenzioni legali dal limite per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, per i disoccupati che godono, da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione o di ammortizzatori sociali e dei soggetti “svantaggiati” e “molto svantaggiati” ai sensi della normativa europea.
(Il Sole 24 Ore, 10 luglio 2015, pag. 39)
Ci sono voluti quasi 30 mesi di negoziato, ma alla fine l’altra notte gli artigiani chimici hanno siglato il rinnovo del contratto scaduto a dicembre 2012. L’accordo raggiunto da Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil e dalle associazioni degli artigiani (Confartigianato, Cna, Casa Artigiani, Claai) riguarda 90.000 dipendenti dei comparti dell’area chimica, gomma-plastica, ceramica, piastrelle e gres e copre il periodo primo gennaio 2013 – 31 dicembre 2016. I minimi tabellari vengono aumentati di 65 euro al 3° livello. L’aumento sarà corrisposto in 4 tranche: dal 1 luglio 2015, 15 euro; dal 1 gennaio 2016, 10 euro; dal 1 luglio 2016, 20 euro; dal 1 dicembre 2016, 20 euro. Un importo “una tantum” di 150 euro coprirà il periodo di vacanza contrattuale. Dal punto di vista normativo, l’accordo recepisce e introduce la normativa sul frazionamento dei congedi parentali, valorizza lo strumento dell’apprendistato come contratto di inserimento al lavoro. È stato, inoltre, sottoscritto un contratto per le piccole imprese fino a 49 dipendenti dei settori chimico/gomma plastica/ceramica, in una specifica sezione che si affianca al contratto Pmi tessile, che garantisce ai lavoratori i livelli salariali delle piccole e medie imprese, estendendo loro i benefici e le tutele previste dalla bilateralità artigiana e dall’assistenza sanitaria integrativa “San.Arti”. In tema di licenziamenti collettivi, inoltre, si ribadisce la piena applicazione di quanto previsto dalla legge 223/ 1991.
(Il Sole 24 Ore, 12 giugno 2015, pag. 16)
Il 13 luglio 2015 è stato convocato un incontro tra l’ABI e tutte le sigle sindacali del settore credito per trovare un’intesa rispetto al rinnovo del contratto collettivo nazionale dei circa seimila dirigenti. Nella lettera di convocazione, l’ABI fa presente ai sindacati che in caso di mancato accordo entro il 15 luglio, il contratto verrà disapplicato a decorrere da tale ultima data.
(Il Sole 24 Ore, 1° luglio 2015, pag. 15)
Aumento in busta paga da 102 Euro per il triennio 2016-2018. Ruota attorno a questa richiesta l’ipotesi di piattaforma di rinnovo del contratto nazionale delle lavanderie industriali varata dalle segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil riunite ieri a Bologna. Il CCNL di riferimento è scaduto il 30 giugno scorso e riguarda un settore che riunisce mille piccole e medie imprese e conta qualcosa come 20mila posti di lavoro. Ora la parola spetta alle assemblee dei lavoratori che si concluderanno il prossimo 28 luglio.
(Il Sole 24 Ore, 7 luglio 2015, pag. 14)
L’INPS E l’INAIL, con circolare n. 129/2015 e 61/2015, nell’illustrare le novità del «Durc online» al via dal 1° luglio precisano che quest’ultimo non ferma Equitalia. Potrà infatti accadere, che l’impresa risulti ufficialmente in regola con contributi e premi, eppure sia inseguita dagli agenti di riscossione. Ciò avverrà perché il DURC verrà emesso anche in presenza di debiti non superiori a 150 euro per gestione (circa 20, tra INPS e INAIL), mentre gli istituti previdenziali potranno procedere all’esazione coattiva per debiti d’importo non inferiore a 10,33 Euro.
(Italia Oggi, 29 giugno 2015, pag. 32)
Entra oggi in vigore il nuovo DURC online (c.d. “DOL”) che avrà una durata di 120 giorni. L’INPS e l’INAIL, con circolari rispettivamente n. 126/15 e n. 61/15, hanno fornito la regolamentazione del nuovo servizio telematico. Con il nuovo DOL scompare l’operatività del silenzio assenso: decorsi 30 giorni dalla prima richiesta del documento, in mancanza di risposta da parte del sistema operativo, la stessa verrà annullata, dandone notizia al soggetto richiedente tramite PEC. In caso di accertate irregolarità, invece, l’ente competente è tenuto a trasmettere al debitore l’invito a regolarizzare la posizione debitoria entro 15 giorni. Dalla richiesta di regolarizzazione, decorrono poi 30 giorni entro cui l’intero procedimento deve concludersi. Al riguardo, il Ministero del Lavoro, con circolare n. 19/2015, ha stabilito che in caso regolarizzazione occorsa oltre i predetti 15 giorni ma prima della definizione dell’esito della verifica, gli Istituti non potranno dichiarare l’irregolarità.
(Il Sole 24 Ore, 1° luglio 2015, pag. 39)
L’operazione «Tfr in busta paga», che avrebbe dovuto rappresentare la seconda ondata di liquidità per i lavoratori dopo il bonus di 80 euro, almeno stando alle prime elaborazioni, è rimasta praticamente ferma. A registrare i quasi impercettibili movimenti del Tfr è l’Osservatorio della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, che ha cominciato a misurare che cosa è successo nelle grandi aziende nel primo mese in cui i lavoratori avrebbero potuto ritirare la loro «buonuscita» (il Dpcm attuativo è entrato in vigore ad aprile, e le liquidazioni partono quindi da maggio). Meno di sei lavoratori ogni 10 mila hanno scelto questa strada, mentre la quasi totalità ha deciso di lasciar maturare il trattamento di fine rapporto secondo le vecchie regole. Il motivo – lo confermano gli stessi lavoratori – è evidente: quando viene ricevuto al termine del rapporto di lavoro, il Tfr è assoggettato a tassazione separata calcolata su un’aliquota media variabile in base agli anni e alle frazioni di anni di anzianità. L’anticipo previsto dall’ultima legge di stabilità, invece, dal punto di vista fiscale viene trattato come una sorta di reddito aggiuntivo, e di conseguenza è colpito dall’aliquota marginale, cioè la più alta prevista per ciascun reddito. Nei prossimi giorni saranno diffusi i dati su una seconda platea, più ampia, di lavoratori impiegati nelle imprese medio-piccole, e per chiedere il Tfr c’è tempo fino al giugno 2018: ma l’ostacolo fiscale pare difficile da superare.
(Il Sole 24 Ore, 31 maggio 2015, pag. 15)
A giugno, il coefficiente per rivalutare le quote di Trattamento di fine rapporto (TFR) accantonate al 31 dicembre 2014 è pari a 0,960280.
(Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2015, pag. 41)
A decorrere da oggi, 1° luglio 2015, il valore detassato dei buoni pasto da 5,29 a 7 euro.
(Italia Oggi, 1° luglio 2015 pag. 37)
Ad aprile il coefficiente per rivalutare le quote di trattamento di fine rapporto (TFR) accantonate al 31 dicembre 2014 è pari a 0,570093.
(Il Sole 24 Ore, 14 maggio 2015, pag. 47)
L’INPS, nel messaggio n. 3088/2015, fornisce alcune precisazioni riguardo alla uscita anticipata dal lavoro dei lavoratori prossimi alla pensione (art. 4, commi da 1 a 7-ter, L. n. 92/2012). Via percorribile solo dai datori di lavoro con più di 15 dipendenti a patto che l’uscita anticipata sia massimo di quattro anni, sia frutto di un accordo sindacale e il datore di lavoro versi all’Istituto l’onere della «retribuzione-pensione», inclusi i contributi figurativi, erogata ai lavoratori nel periodo di prepensionamento. Tre le ipotesi possibili di esodo: (i) eccedenze di personale; (ii) mobilità; (iii) eccedenza di personale con qualifica di dirigente. In particolare, se il prepensionamento è oggetto di accordo sindacale ex artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 (seconda ipotesi), spiega l’Istituto, l’accordo si perfeziona nell’ambito delle procedure di mobilità senza necessità degli atti di adesione dei dipendenti interessati. Gli accordi di mobilità, spiega ancora l’Inps, sono validati esclusivamente nelle ipotesi in cui: (i) tutti i lavoratori indicati nell’accordo quali destinatari di prepensionamento posseggano i requisiti (raggiungano il diritto alla pensione entro 48 mesi dalla cessazione del lavoro); (ii) l’accordo preveda una validità in presenza di un numero minimo di lavoratori per i quali sono riscontrati i requisiti, oppure indipendentemente da tale numero minimo; (iii) l’eventuale mancata validazione è comunicata al datore di lavoro a mezzo PEC. A questo punto, le parti stipulanti l’accordo (impresa/sindacati) possono chiedere all’INPS di volere comunque procedere all’esodo per i lavoratori con i requisiti, mediante istanza da presentarsi tramite cassetto previdenziale. L’INPS, nel messaggio n. 3096/2015 inoltre, spiega che con il passaggio da Aspi a Naspi, dal 1° maggio, è cambiato il calcolo dell’onere della contribuzione figurativa a carico del datore di lavoro: avviene sugli ultimi quattro anni (come la Naspi) e non più su due (come l’Aspi).
(Italia Oggi, 7 maggio 2015, pag. 33)