Grazie per questa intervista e per la partecipazione al #GHRSummit25. Cosa vi aspettate da questo evento? Con quale spirito vi apprestate a prendervi parte?
Partecipiamo al #GHRSummit25 con grande entusiasmo, consapevoli dell’importanza di questo evento per il settore delle risorse umane. Ci aspettiamo di incontrare aziende e professionisti con cui condividere idee innovative, esplorare nuove opportunità e confrontarci sulle sfide del futuro. Per noi, il Summit rappresenta un’occasione unica per presentare il nostro approccio integrato alla gestione delle risorse umane e comprendere meglio le esigenze delle imprese. Inoltre, avremo l’opportunità di approfondire un tema cruciale come il gender gap nel mondo del lavoro, attraverso il nostro speech dedicato alla certificazione di genere e alla trasparenza salariale alla luce della Direttiva (UE) 970/2023.
Quali sono secondo voi i principali trend HR dei prossimi 5 anni?
Nei prossimi anni, l’HR sarà sempre più guidato da digitalizzazione, intelligenza artificiale e personalizzazione dell’esperienza del dipendente. L’uso di strumenti avanzati per l’analisi dei dati permetterà alle aziende di migliorare la talent attraction e retention. Allo stesso tempo, continuerà a crescere l’attenzione verso il benessere dei lavoratori, con modelli di lavoro sempre più flessibili e strategie mirate a bilanciare performance e work-life balance. In HR Capital investiamo costantemente in soluzioni innovative per supportare le aziende in questi cambiamenti, offrendo consulenza mirata e strumenti tecnologici all’avanguardia. Al tempo stesso, grazie al supporto di De Luca & Partners, accompagniamo le imprese anche sotto il profilo legale, garantendo la conformità a normative in continua evoluzione, soprattutto in tema di contrattualistica, relazioni industriali e organizzazione del lavoro. Crediamo che la tecnologia sia un potente alleato, ma che l’elemento umano e il presidio giuridico rimangano imprescindibili per una gestione davvero efficace delle risorse umane.
HR e automazione: quali sono le principali opportunità offerte dal mercato e perché le aziende non dovrebbero lasciarsele sfuggire?
L’automazione in ambito HR rappresenta un’opportunità per semplificare e ottimizzare i processi. Strumenti come software di gestione delle paghe, piattaforme di valutazione delle performance e sistemi digitali per l’amministrazione del personale consentono di ridurre gli errori, migliorare l’efficienza e dedicare più tempo a strategie di sviluppo del personale. L’intelligenza artificiale, in particolare, sta trasformando la gestione delle buste paga, garantendo maggiore precisione e trasparenza nei processi retributivi. Come evidenziato da recenti studi, l’adozione di queste tecnologie non solo riduce i costi operativi, ma permette anche di affrontare con maggiore efficacia il tema dell’equità salariale. In HR Capital abbiamo investito molto in soluzioni altamente tecnologiche che integrano AI e automazione nei processi di payroll e gestione HR, offrendo ai nostri clienti strumenti evoluti per una gestione più efficiente e trasparente. Tuttavia, riteniamo che la consulenza personalizzata rimanga un valore imprescindibile: per questo, affianchiamo alle nostre soluzioni digitali un supporto consulenziale dedicato, garantendo ai nostri clienti l’assistenza di esperti e non semplici chatbot.
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Negli ultimi anni, l’attività degli influencer ha conosciuto una crescente diffusione e rilevanza, favorita dall’ascesa e dalla sempre maggiore popolarità dei social network. Questo fenomeno ha trasformato profondamente le dinamiche della comunicazione digitale, influenzando il marketing, le strategie aziendali e le abitudini dei consumatori ma, da un punto di vista normativo, il legislatore non è mai intervenuto per regolamentarne l’attività. In tale contesto di crescente sviluppo della professione, è parallelamente cresciuto l’interesse degli enti – in particolare quelli previdenziali -, evidentemente intenzionati a inserire gli influencer nella propria base contributiva.
Allo stesso tempo, la confusione normativa-regolamentare connessa alla figura è testimoniata, negli ultimi anni, dalla difficoltà dei giudici di inquadrare in maniera puntuale, da un punto di vista giuridico, l’influencer all’interno delle fattispecie tipizzate dal legislatore.
Tale incertezza ha generato interpretazioni divergenti e un’applicazione non uniforme delle norme, rendendo ancora più complessa la definizione di un quadro giuridico chiaro e coerente per la professione.
In tale contesto, il rapporto instaurato con un influencer è stato ad esempio considerato alla stregua di un generico “rapporto di lavoro autonomo” (Corte di Giustizia Tributaria – Regione Piemonte, n. 219/23); come “contratto di sponsorizzazione” (Trib. Pavia, 16/1/23); fino ad essere ricondotto al tipico “rapporto di agenzia” ad opera del Tribunale di Roma, con sentenza n. 2615/24.
In quest’ultima ipotesi, il giudice capitolino ha accolto le pretese di “Enasarco”, che aveva sostenuto la natura di agenti di alcuni influencer, sulla base, tra gli altri, di alcuni elementi tipici del rapporto di agenzia, quali quelli relativi alla promozione stabile e continuativa dei prodotti di un’azienda.
Questo orientamento giurisprudenziale evidenzia la tendenza a ricondurre l’attività degli influencer a schemi contrattuali preesistenti, pur in assenza di una disciplina specifica, sollevando interrogativi circa l’adeguatezza del quadro normativo attuale nel regolamentare in modo efficace questa nuova realtà professionale.
Ebbene, quest’ultima pronuncia – nota ai più per aver considerato alcuni “sportivi”, soggetti legati al mondo dello sport, “personal trainer” e “body builder” alla stregua di agenti di commercio – ha aperto il dibattito tra gli addetti ai lavori circa la portata di tale decisione, anche in considerazione degli importanti risvolti economici che dalla stessa possono derivare.
Infatti, la riqualificazione degli influencer in “agenti” comporta l’applicazione, al relativo rapporto, di una serie di oneri e diritti – tanto in capo all’influencer quanto al soggetto/impresa che si avvale dei suoi servizi – previsti dal Codice Civile, così come dagli accordi economici collettivi (c.d. “AEC”) applicabili. Da un’altra prospettiva, l’eventuale riconduzione al rapporto di agenzia comporta l’obbligo, per i c.d. “preponenti” (i.e., le imprese che instaurano un rapporto con un agente), di iscriversi a “Enasarco” con la conseguente obbligazione di versare i contributi all’ente, in misura differente tra “preponenti” e agenti, sulla base delle provvigioni erogate a questi ultimi, della natura del rapporto instaurato (i.e., in monomandato o plurimandato), nonché del tipo di soggetto (i.e., persona fisica o giuridica) con cui il rapporto è instaurato.
Tra le altre cose, poi, l’eventuale riqualificazione in rapporto di agenzia comporta che il “preponente” debba accantonare, di anno in anno, la c.d. “indennità di fine rapporto” che, al ricorrere di determinati presupposti, andrà corrisposta all’agente alla cessazione del rapporto.
Questa impostazione evidenzia come l’inquadramento giuridico degli influencer possa avere rilevanti implicazioni previdenziali per le aziende coinvolte, ponendo ulteriori interrogativi sulla necessità di un quadro normativo più chiaro e adeguato alla specificità della professione.
Per detto motivo e ferma l’inesistenza, come visto, di una norma o di un consolidato orientamento giurisprudenziale che possa permettere di inquadrare oggi, con assoluta certezza, gli influencer, è stato recentemente introdotto un nuovo codice Ateco (il numero 73.11.03) relativo alle attività di “influencer marketing” e “content creator”, operativo dal 1° gennaio 2025.
Facendo seguito a tale novità, l’INPS, con la circolare n. 44/2025 del 19/02/25, è intervenuto in merito, fornendo alcuni chiarimenti e tracciando una linea definita sul giusto inquadramento previdenziale per la figura dell’influencer in assenza di disposizioni normative chiare.
Nello specifico, dopo aver ripercorso i tratti peculiari dei c.d. “content creator” – macrocategoria che ricomprende la figura dell’influencer – l’INPS, analizzando le figure in esame, spiega che “in assenza di specifiche disposizioni normative che le definiscano, si pone la questione dell’inquadramento e della qualificazione giuridica da ricondurre all’interno di un sistema di regole giuridiche costituito da principi e criteri lavoristici, fiscali e previdenziali, che attualmente non le contempla, ma che, tuttavia, allo stato attuale, rappresenta il parametro di riferimento per individuare, di volta in volta, la disciplina previdenziale applicabile (…)”.
Sebbene possa apparire diversamente, la posizione dell’INPS non è in contrasto con quella di “Enasarco”. Quest’ultimo, infatti, per chiedere la riqualificazione degli influencer in agenti aveva analizzato i contratti di riferimento e le concrete modalità di svolgimento di quei rapporti, ritenendoli caratterizzati dagli elementi tipici del rapporto di agenzia.
Allo stesso modo, l’INPS, stressando l’importanza di ricorrere a “variabili chiave, quali le concrete modalità in cui si estrinseca l’attività, il contenuto della prestazione medesima, il modello organizzativo adottato e le modalità di erogazione/percezione dei corrispettivi”, in sintesi spiega che (i) qualora si eserciti una attività di impresa in cui prevalgano i mezzi di produzione rispetto agli elementi personali o si conducano campagne di marketing e altri servizi pubblicitari in forma di impresa, ci si dovrà iscrivere e versare alla Gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali (c.d. Gestione Commercianti); (ii) se la prestazione viene resa (anche in forma occasionale) attraverso una attività qualificabile come prestazione libero-professionale, con prevalenza di attività personale e intellettuale, e al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, l’obbligo contributivo si configurerà a favore della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335; e (iii) infine, qualora l’attività svolta dai soggetti in trattazione presenti caratteristiche riconducibili a prestazioni artistiche, culturali e di intrattenimento, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge applicabile sorgerà l’obbligo assicurativo verso il Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo – (c.d. FPLS).
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1. CCNL Abbigliamento (Industria) – Copertura assicurativa
A partire dal 1° aprile 2025, il contributo aziendale per l’assicurazione premorienza e invalidità permanente gestita dal Fondo Previmoda sarà elevato dallo 0,20% allo 0,24% dell’E.R.N. Questo contributo, che viene versato insieme ai contributi ordinari, finanzia la copertura assicurativa prevista dall’Accordo 31 marzo 2024.
2. CCNL Calzaturieri – Fondo di previdenza
A partire dal 1° aprile 2025, le aziende dovranno versare un contributo aggiuntivo pari allo 0,24% dell’E.R.N. per ogni lavoratore iscritto al Fondo di previdenza complementare che versi il proprio contributo, oltre a quanto già destinato alla previdenza complementare.
3. CCNL Centri elaborazione dati – Elemento di garanzia retributiva
A partire da aprile 2025, le aziende prive di contrattazione aziendale e che non erogano altri trattamenti economici, riconosceranno ai lavoratori un “Elemento Economico di Garanzia”. L’ importo sarà erogato ai lavoratori a tempo indeterminato, apprendisti e contratti di sostegno all’occupazione in forza al 31 marzo 2025, proporzionato all’effettiva prestazione lavorativa dal 1° aprile 2022 al 31 marzo 2025. L’importo varia in base al livello. Le aziende in difficoltà economica possono sospendere, ridurre o differire l’erogazione.
4. CCNL Commercio – Confcommercio – Assistenza sanitaria integrativa
A partire dal 1° aprile 2025, il contributo obbligatorio a carico del datore di lavoro al Fondo EST sarà aumentato di 3,00 euro mensili.
5. CCNL Commercio – Confesercenti – Assistenza sanitaria integrativa
Dal 1° aprile 2025, il contributo obbligatorio versato dal datore di lavoro al Fondo ASTER sarà aumentato di 3,00 euro al mese.
6. CCNL Dirigenti Enti Zootecnici – Indennità di vacanza contrattuale
A partire dal 1° aprile 2025, in caso di mancato rinnovo del CCNL in oggetto 2021-2024, Dirigenti e Direttori con qualifica di Quadro riceveranno un “elemento provvisorio di retribuzione”. Tale importo sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, che salirà al 50% dal settimo mese di vacanza contrattuale.
7. CCNL Distribuzione moderna organizzata – Assistenza sanitaria integrativa
A partire dal 1° aprile 2025, in seguito all’Accordo del 27 novembre 2019 sul settore della Distribuzione Moderna Organizzata, il contributo obbligatorio a favore del Fondo EST per l’assistenza sanitaria integrativa subirà un incremento di 3,00 euro mensili, a carico del datore di lavoro.
8. CCNL Enti Culturali, Turistici e Sportivi (Federculture) – Elemento di garanzia retributiva
L’Elemento Economico di Garanzia (E.G.R.) sarà erogato in un’unica soluzione con le competenze del mese di aprile 2025. L’importo sarà calcolato pro quota, tenendo conto dei mesi di servizio prestati nell’anno precedente, considerando come mese intero ogni frazione di mese superiore a 15 giorni. Ciò significa che i lavoratori riceveranno un importo proporzionale ai mesi effettivamente lavorati. Gli importi variano in base alla fascia di appartenenza e all’area professionale.
9. CCNL Grafici, Editoriali (Industria) – Elemento di garanzia retributiva
Con la retribuzione di aprile, i lavoratori a tempo indeterminato che siano in forza dal 1° gennaio e operano in aziende prive di contrattazione di II livello, che nei tre anni precedenti non abbiano ricevuto trattamenti economici aggiuntivi rispetto a quanto previsto dal .CCNL, riceveranno un importo annuo di 250,00 euro lordi. Qualora l’azienda abbia già erogato un trattamento economico aggiuntivo, l’importo sarà ridotto in proporzione.
10. CCNL Metalmeccanici (Artigianato) – Contributi contrattuali
Nel mese di aprile 2025, le aziende effettueranno una ritenuta di 30,00 euro sulla retribuzione dei lavoratori a titolo di partecipazione alle spese per il rinnovo contrattuale. Tuttavia, per i lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali Fim – Cisl, Fiom – Cgil e Uilm – Uil, ai quali la quota associativa viene già trattenuta sulla retribuzione, questa ritenuta non sarà applicata, in quanto l’importo è già ricompreso nella stessa
11. CCNL Odontotecnici – Contributi contrattuali
Con la retribuzione di aprile 2025, le aziende applicheranno una ritenuta di 30,00 euro sulla retribuzione dei lavoratori per contribuire alle spese legate al rinnovo contrattuale. Qualora i lavoratori risultino iscritti ai sindacati Fim – Cisl, Fiom – Cgil e Uilm – Uil, che già hanno la quota associativa trattenuta direttamente sulla retribuzione, questa ritenuta non verrà effettuata, poiché l’importo è già incluso nella quota mensile. La quota associativa continuerà a essere trattenuta e versata secondo le consuete modalità.
12. CCNL Sacristi– Retribuzione
Con la retribuzione di aprile verrà erogato un premio lordo di 100,00 euro in occasione della Santa Pasqua. In caso di assunzione da meno di un anno verrà corrisposta la quota spettante in dodicesimi. La gratifica pasquale è inclusa nella retribuzione utile TFR.
13. CCNL Telecomunicazioni – Elemento di garanzia retributiva
Ai dipendenti a tempo indeterminato delle aziende senza contrattazione di secondo livello e che non hanno ricevuto altri trattamenti economici oltre a quanto previsto dal CCNL, viene riconosciuto un importo annuo di 260,00 euro lordi. Questo importo, che verrà erogato in unica soluzione con la retribuzione di aprile, sarà corrisposto pro-quota in base ai mesi di servizio prestati nell’anno precedente. Se presente un trattamento economico aggiuntivo, l’importo sarà ridotto di conseguenza.
14. CCNL Tessili (Industria) – Copertura assicurativa
A partire dal 1° aprile 2025, il contributo a carico delle aziende per l’assicurazione di premorienza e invalidità permanente, gestita dal Fondo Previmoda, subirà un incremento, passando dallo 0,20% allo 0,24% dell’E.R.N. Il contributo, che finanzia tale copertura assicurativa, verrà versato insieme ai contributi ordinari.
15. CCNL Videofonografici – Elemento di garanzia retributiva
Previsto, con la retribuzione di aprile, il riconoscimento di un importo di 220,00 euro lordi come elemento di garanzia retributiva per i lavoratori dipendenti da aziende prive di contrattazione di II livello e che negli ultimi quattro anni non hanno ricevuto trattamenti economici individuali o collettivi aggiuntivi rispetto a quanto previsto dal contratto. L’ importo verrà erogato a tutti i lavoratori in forza dal 1° gennaio dell’anno in corso. L’importo dell’elemento di garanzia è da considerarsi omnicomprensivo, inclusivo di qualsiasi incidenza su istituti legali e contrattuali, compreso il TFR.
16. CCNL ICT (Information and Communication Technologies) Cifa Confsal – Premio annuale
Le aziende, nel rispetto delle proprie strategie aziendali, possono prevedere l’erogazione di un Premio di Team da annettere al Premio di Performance, incentivando la creazione di gruppi di lavoro che operano in base a criteri di rotazione e volontarietà, con l’obiettivo di raggiungere traguardi specifici. Il Premio di Performance va erogato entro il 30 aprile, in base agli obiettivi raggiunti nell’anno precedente. Qualora l’azienda non avesse previsto meccanismi premianti attraverso la contrattazione di II livello, è obbligata a corrispondere un importo di 280,00 euro a ciascun lavoratore, unitamente alla retribuzione di febbraio. Tale importo è considerato parte della retribuzione di fatto e rientra nella base di calcolo per il TFR, senza modifiche in caso di part-time.
Aumento dei minimi retributivi dal 1° aprile 2025
A decorrere dal 1° aprile 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Una tantum di aprile 2025
Per il mese di aprile 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
Scadenze CCNL aprile 2025
Sono in scadenza nel mese di aprile 2025 i seguenti CCNL:
L’INPS, con la circolare n. 44 del 19 febbraio 2025, ha fornito chiarimenti in merito al trattamento previdenziale applicabile ai content creator, ossia coloro che producono contenuti digitali per piattaforme online. L’obiettivo del documento è delineare le modalità di iscrizione e contribuzione in base alla tipologia di attività svolta.
L’attività di content creation comprende la produzione e la condivisione di contenuti multimediali, come video, immagini, testi e podcast, attraverso piattaforme digitali. I creator possono monetizzare il proprio lavoro attraverso diverse modalità, tra cui:
L’attività può essere svolta in modo sporadico o continuativo, con diversi livelli di professionalizzazione. Proprio questa variabilità incide sulla determinazione dell’obbligo contributivo e sull’inquadramento previdenziale.
La Circolare n. 44 distingue i content creation in base alla natura dell’attività:
A seconda della frequenza, organizzazione e finalità di lucro, il content creation può essere assimilato a un lavoratore autonomo, a un imprenditore digitale o a una figura dello spettacolo, con conseguenze dirette sull’inquadramento previdenziale.
La disciplina previdenziale applicabile
L’INPS specifica che il content creation può rientrare in diversi regimi previdenziali, a seconda della modalità di esercizio dell’attività.
Se il content creation svolge l’attività in forma autonoma e continuativa, senza rientrare nel settore dello spettacolo, è soggetto all’iscrizione alla Gestione Separata INPS (art. 2, comma 26, L. 335/1995). Questo regime è applicabile ai professionisti che operano senza un rapporto di subordinazione e senza iscrizione ad altri albi previdenziali.
In alternativa, se l’attività è svolta con abitualità e organizzazione d’impresa (ad esempio, con partita IVA e gestione di team di lavoro), il creator può essere inquadrato come imprenditore digitale e quindi obbligato all’iscrizione alla Gestione Commercianti INPS.
La circolare chiarisce che alcuni content creation possono rientrare nel Fondo Pensioni dei Lavoratori dello Spettacolo (FPLS), in particolare quando l’attività è assimilabile a quella di artisti, registi o tecnici dello spettacolo.
Nel caso in cui il content creation si occupi principalmente di digital marketing, la sua attività può essere assimilata a quella di uno spettacolo dal vivo o registrato, specialmente se prevede la realizzazione di video, performance artistiche o intrattenimento. In questi casi, l’INPS prevede l’iscrizione al FPLS, applicando le relative aliquote contributive.
La circolare INPS n. 44/2025 rappresenta un importante riferimento normativo per l’inquadramento previdenziale dei content creation. La distinzione tra lavoratori autonomi, commercianti e lavoratori dello spettacolo, infatti, determina specifici obblighi contributivi. È fondamentale che i professionisti del settore si informino correttamente per rispettare la normativa ed evitare sanzioni o perdite di diritti previdenziali.
Da inizio anno sono stati diversi gli interventi dell’Agenzia delle Entrate volti a chiarire alcuni aspetti legati ai requisiti d’ accesso al nuovo regime agevolativo impatriati, introdotto dal D.lgs. 209/2023.
Nello specifico l’amministrazione finanziaria ha fornito delucidazioni in merito ai requisiti di alta qualificazione e specializzazione, nelle risposte ad interpello n. 55, 66, 71 e 74 del 2025, sulla possibilità di fruire dell’agevolazione per i soggetti esteri che trasferiscono per la prima volta la residenza in Italia, nella risposta ad interpello n. 70 del 2025 e sul prolungamento del periodo di permanenza all’estero precedente al trasferimento in Italia nella risposta n. 72 del 2025.
Come noto, dal 2024 è in vigore la nuova agevolazione impatriati, applicabile ai lavoratori, dipendenti e autonomi, che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo di imposta 2024. Per tali soggetti è prevista la possibilità di fruire, entro il limite annuo di 600.000 euro di reddito, di un’esenzione del reddito imponibile complessivo nella misura del 50%, per una durata di 5 periodi di imposta decorrenti dalla data del trasferimento fiscale, purché ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’art. 5 del D.lgs. 209/2023, ossia:
Rispetto a quanto sopra, nei casi in cui il datore di lavoro in Italia sia lo stesso per cui il lavoratore lavorava all’estero, o appartenente allo stesso gruppo, i periodi di permanenza all’estero necessari per il riconoscimento dell’agevolazione sono inalzati a 6, 7 qualora prima del trasferimento all’estero il lavoratore era impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente allo stesso gruppo.
La norma inoltre prevede un’agevolazione maggiorata, consistente nell’innalzamento della quota di reddito esente al 60%, nei casi in cui: (i) il lavoratore si trasferisca in Italia con un figlio minore, (ii) in caso di nascita di un figlio, ovvero di adozione di un minore di età, durante il periodo di fruizione del regime agevolativo.
In più occasioni l’Agenzia delle Entrate è stata chiamata a fornire chiarimenti in merito ai requisiti di elevata qualificazione e specializzazione necessari affinché i contribuenti potessero beneficiare del nuovo regime impatriati.
Recentemente, nella risposta ad interpello n. 55 del 28 febbraio 2025, l’amministrazione finanziaria ha espresso il proprio parere a fronte di un quesito posto da un contribuente riguardante l’idoneità del titolo di studio e della qualifica in suo possesso rispetto ai requisiti richiesti per accedere al beneficio fiscale.
Il contribuente, nella formulazione dell’interpello, dichiarava di aver conseguito il diploma e ottenuto la licenza “per Comandante su navi di stazza lorda pari o superiore a 3000”, oltre alla certificazione per lo svolgimento dell’attività di Company Security Officer, mansione per cui è stato assunto il Italia nel 2024 con qualifica di Quadro Super.
Il quesito dell’istante verteva sulla conferma del riconoscimento del requisito di elevata qualificazione e specializzazione, necessario ai fini della fruizione del regime fiscale agevolativo, tenuto conto che la licenza posseduta non è riconosciuta in Italia come titolo equivalente alla laurea.
In aggiunta viene richiesto se, in considerazione della condizione sopra descritta, il requisito del possesso del titolo di istruzione superiore che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica, richieste dalla normativa, debbano intendersi come condizioni congiuntive e di conseguenza da rispettare entrambe o se il solo svolgimento di una mansione con qualifica superiore come rientrante nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011 sia condizione sufficiente per la fruizione del beneficio in oggetto.
L’Agenzia delle Entrate pur specificando nella risposta ad interpello che tale quesito tecnico non rientra nella competenza dell’ente, sottolinea come la norma all’ art. 5 del D.lgs. 209/2023, i fini dell’individuazione dei requisiti necessari per l’ accesso al regime agevolativo, rinvii alle disposizioni contenute nell’ art. 27 – quater del T.U.I., introdotto dal D.lgs. 108/2012, chiarendo che l’istante potrà fruire del nuovo regime, fermo restando il rispetto di ogni altra condizione necessaria, purché risulti in possesso di uno dei requisiti indicati nel citato art. 27 – quater, la cui valutazione non potrà essere effettuata dall’Agenzia delle Entrate in sede di interpello.
Lo scorso 19 febbraio l’INPS, tramite il messaggio n. 639/2025, ha comunicato che la risoluzione del rapporto di lavoro causata dalle c.d. “dimissioni per fatti concludenti” non consente al lavoratore di accedere alla prestazione di disoccupazione NASPI. A detta dell’Istituto, difatti, tale situazione non rientra tra i casi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro richiesti dall’articolo 3 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22.
Di conseguenza, i datori di lavoro coinvolti in questa fattispecie non dovranno versare il contributo previsto dall’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012 (c.d. “Ticket NASPI”), poiché tale cessazione non dà diritto al lavoratore di accedere all’assegno di disoccupazione.
Mercoledì 19 marzo 2025 HR Capital ha organizzato un nuovo HR Breakfast.
I relatori Andrea Di Nino e Giorgia Tosoni, Consulenti del lavoro di HR Capital, faranno il punto sulle recenti novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 e su come queste interesseranno fringe benefit e regolamenti welfare in uso in azienda.
Richiedi le slide a: events@hrcapital.it
Con il mese di marzo 2025 scatta la terza rata dell’aumento retributivo previsto dall’accordo sottoscritto il 22 marzo 2024 dalle parti firmatarie del CCNL Commercio-Confcommercio, che interessa circa 3 milioni di lavoratori in tutta Italia.
L’aumento in oggetto, fissato nella misura di 30 euro lordi mensili per il IV livello e da riparametrare su tutti gli altri livelli, riguarda la parte fissa della retribuzione e sarà seguito da tre ulteriori rate a novembre 2025, novembre 2026 e febbraio 2027.
L’aumento sarà soggetto al principio dell’assorbibilità, secondo il quale tali incrementi potrebbero essere parzialmente o totalmente compensati da elementi di paga già in godimento da parte dei lavoratori, come il cosiddetto “superminimo assorbibile”.
Di conseguenza, in alcuni casi, l’incremento salariale netto per i lavoratori potrebbe risultare inferiore rispetto a quanto stabilito dal CCNL.
Difatti, per ritenersi assorbibili dagli aumenti contrattuali, i superminimi dovranno essere soggetti alla duplice condizione di essere stati specificamente riconosciuti a titolo di acconto e/o anticipazione su futuri aumenti contrattuali ed erogati dal 1° gennaio 2022.
Le imprese che investono nel welfare sanitario non solo migliorano il benessere dei dipendenti, ma ottengono anche un vantaggio competitivo. Dalle casse sanitarie alle polizze, fino ai fringe benefit, ecco come il welfare aziendale può fare la differenza.
Negli ultimi anni, il welfare aziendale ha conosciuto una crescente diffusione, sia tra le grandi aziende strutturate sia nelle piccole e medie imprese (PMI), affermandosi come un’opportunità preziosa non solo per i dipendenti, ma anche per le aziende stesse. Questo fenomeno è stato favorito da una serie di incentivi fiscali introdotti dalla normativa vigente, come previsto, da ultimo, dalla Legge di Bilancio 2025.
Tra i principali strumenti di welfare in ambito sanitario, un ruolo sempre più rilevante è rivestito dalle casse di assistenza sanitaria integrativa e dalle polizze sanitarie. Questi strumenti, oltre a garantire benefici diretti per i dipendenti, grazie ai loro vantaggi fiscali, risultano ancor più vantaggiose sul piano economico, sia per i dipendenti che per le imprese. Le casse sanitarie integrative, ad esempio, offrono un supporto sanitario aggiuntivo, spesso integrativo rispetto al Servizio Sanitario Nazionale, e in molti casi sono costituite direttamente dalle parti sociali: per le aziende, in sostanza, è sufficiente applicare un contratto collettivo nazionale di lavoro (“CCNL”) e versare la contribuzione dovuta alla cassa di adesione – sia a proprio carico, che a carico dei lavoratori beneficiari – per permettere a questi ultimi di beneficiare delle prestazioni.
In questo senso, è importante sottolineare il crescente ricorso alle casse di assistenza sanitaria nella contrattazione collettiva. Molti CCNL prevedono ormai l’adesione automatica a fondi sanitari integrativi, come il Fondo Metasalute per i metalmeccanici o il Fondo Est per i lavoratori del settore commercio. Questa tendenza riflette l’importanza crescente attribuita al benessere dei lavoratori e alla necessità di integrare le prestazioni del SSN.
Non solo le grandi aziende, ma anche le PMI hanno cominciato a riconoscere l’importanza di garantire ai propri dipendenti un accesso agevolato alle cure mediche. Questa scelta è legata sia al benessere delle persone che al ritorno positivo in termini di produttività, in quanto il miglioramento delle condizioni sanitarie dei lavoratori può tradursi in minori assenze per malattia e in un ambiente di lavoro più sano e motivato.
Accanto alle casse sanitarie, anche le polizze sanitarie offerte come fringe benefit stanno guadagnando crescente popolarità. Queste polizze sono diventate una componente fondamentale nelle strategie di attrazione dei talenti in un mercato del lavoro sempre più competitivo, soprattutto quando la copertura viene estesa anche alle famiglie dei dipendenti.
L’introduzione di questi strumenti nel panorama aziendale, tuttavia, non è priva di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle implicazioni fiscali. Sebbene il welfare aziendale goda di una serie di vantaggi fiscali e di crescente popolarità tra gli addetti ai lavori, difatti, la normativa che regola questi strumenti risulta spesso complessa e non sempre di facile implementazione, soprattutto per aziende poco strutturate come le PMI.
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1. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Assunzioni
A decorrere dal 1° marzo 2025, entrerà in vigore la nuova procedura di ricollocazione prevista dall’art. 23 dell’Ipotesi di Accordo di rinnovo del CCNL del 3 febbraio 2025. Analoga decorrenza è prevista per la nuova procedura di ricollocazione plurima ai sensi dell’art. 25 dell’Ipotesi di Accordo.
2. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Enti bilaterali
Previsto per il mese di marzo 2025 l’intervento della Commissione Prestazioni volto a definire le misure erogabili dall’Ente bilaterale Ebitemp ai sensi dell’art. 6 bis dell’Ipotesi di Accordo di Rinnovo del CCNL del 3 febbraio 2025.
3. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Fondo di solidarietà
Con decorrenza 1° marzo 2025 varia l’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria del Fondo di Solidarietà Bilaterale per la somministrazione di Lavoro (Fsbs), fissata allo 0,60% e suddivisa in (i) 0,45% a carico del datore di lavoro (ii) e 0,15% a carico del lavoratore.
4. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Formazione e addestramento professionale
L’adeguamento dell’indennità di frequenza, previsto dall’art. 11 dell’Ipotesi di Accordo, decorre dal 1° marzo 2025. A partire dalla stessa data, sarà applicata anche la disciplina relativa al diritto a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale, come stabilito dall’art. 12 dell’Ipotesi di Accordo.
5. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Indennità varie
Decorrere dal 1° marzo 2025, la nuova disciplina sull’indennità di disponibilità prevista dall’Ipotesi di Accordo di rinnovo del 3 febbraio 2025, rivolta ai lavoratori non in missione e applicabile fino al termine del periodo di disponibilità o all’attivazione della procedura di ricollocazione. L’aumento dell’indennità previsto all’articolo 33 dell’Ipotesi di Accordo si estenderà anche ai lavoratori in disponibilità dal 3 febbraio 2025.
6. CCNL Calzaturieri (Industria) – Elemento di garanzia retributiva
Con la retribuzione del mese di marzo viene erogato un importo di 300 euro lordi a titolo di Elemento di garanzia retributiva (E.G.R.) ai lavoratori in forza dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno precedente. Le aziende in situazione di crisi rilevata nel suddetto anno possono concordare con R.S.U. e/o OO.SS. di categoria la sospensione, la riduzione o il differimento della corresponsione dell’E.G.R.
7. CCNL Nettezza urbana – Elemento di garanzia retributiva
Ai dipendenti delle aziende che risultano prive di contrattazione aziendale relativamente al premio di risultato è riconosciuto, con la retribuzione di marzo, l’importo annuo pro capite di 150 euro a titolo di Compenso Retributivo Aziendale (C.R.A.) in proporzione ai mesi in forza in azienda nell’anno solare precedente. Tale somma è corrisposta salvo che i dipendenti non percepiscano oltre quanto spettante per il presente C.C.N.L., altri trattamenti economici collettivi o individuali, assimilabili al presente istituto quanto a caratteristiche di corresponsione.
8. CCNL Pompe funebri (AZIENDE MUNICIPALIZZATE) – Elemento di garanzia retributiva
Prevista con la mensilità di marzo l’erogazione dell’elemento di garanzia retributiva pari a 150 euro, da riproporzionare secondo i mesi di presenza effettiva in servizio nell’anno precedente. Beneficiari della prestazione i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato in forza nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello, fermo restando la possibilità per i datori di lavoro di riconoscere a livello aziendale l’elemento di garanzia retributiva anche ai lavoratori a tempo determinato con durata superiore a nove mesi e ad altre tipologie contrattuali impiegate in azienda.
9. CCNL Alimentari (Industria) – Orario di lavoro
A partire dal 1° gennaio 2024, il personale impiegatizio è tenuto ad usufruire delle Rol maturate entro l’anno di riferimento. Qualora tali permessi non vengano utilizzati entro scadenza, sarà possibile fruirne fino al 31 marzo dell’anno successivo. Salvo diverse disposizioni collettive o accordi specifici già in essere, eventuali permessi residui dovranno essere liquidati con la mensilità di aprile.
10. CCNL Lapidei (Industria) – Decorrenza e durata
L’Accordo di Rinnovo del 24 novembre 2022 è valido a partire dal 1° aprile 2022 e resterà in vigore fino al 31 marzo 2025.
11. CCNL Miniere, Metallurgia – Decorrenza e durata
L’Accordo di Rinnovo del 13 luglio 2022 resterà in vigore fino al 31 marzo 2025.
Aumento dei minimi retributivi dal 1° marzo 2025
A decorrere dal 1° marzo 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Una tantum di marzo 2025
Per il mese di marzo 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
L’INPS, con la circolare n. 22 del 23 gennaio 2025, ha fornito chiarimenti sulla valorizzazione dei periodi di lavoro svolti all’estero prima del 1° gennaio 1996 per gli iscritti alla Gestione Separata.
I periodi di contribuzione maturati all’estero prima del 1° gennaio 1996 sono considerati validi per il conseguimento della pensione in regime internazionale. Tuttavia, la valorizzazione avviene esclusivamente sulla base dei contributi versati nella Gestione Separata, applicando i requisiti previsti per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e le disposizioni del sistema contributivo.
Questi periodi assicurativi possono essere riconosciuti se maturati in Paesi:
È importante sottolineare che la totalizzazione è possibile solo se, in Italia, l’iscritto ha maturato nella Gestione Separata il minimo contributivo richiesto, ossia 52 settimane secondo la normativa UE o quanto previsto dalle singole Convenzioni bilaterali.
Per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia:
Questi requisiti sono soggetti agli adeguamenti legati all’aspettativa di vita.
Se i periodi di lavoro all’estero sono interamente successivi al 1° gennaio 1996, la pensione in Gestione Separata in regime internazionale viene calcolata secondo i requisiti del sistema contributivo.
Nel caso in cui l’assicurato sia iscritto anche ad altre forme di assicurazione obbligatoria in Italia, i periodi esteri antecedenti al 1996 possono essere utilizzati per ottenere un trattamento pensionistico in regime internazionale, avvalendosi degli strumenti di cumulo previsti dalla normativa italiana.
Con comunicato del 31 gennaio 2025 pubblicato sulla propria pagina istituzionale, il Ministero del Lavoro rende nota la ricezione da parte della Commissione Europea dell’autorizzazione alle due misure con cui l’Italia sostiene l’occupazione di donne e giovani, aprendo così la strada per l’approvazione dei decreti attuativi dei Bonus Giovani e Donne, previsti dal Decreto Coesione (artt. 22 e 23 del Dl n. 60/2024) e attualmente in stand-by in attesa del via libera europeo.
Entrambe le agevolazioni oggetto del nulla osta rientrano tra gli incentivi alle assunzioni in vigore dal 1° settembre 2024 previsti dal Dl n. 60/2024, la cui applicazione tuttavia – per espressa previsione normativa – era subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea.
La misura in oggetto, introdotta con lo scopo di favorire l’incremento dell’occupazione stabile giovanile, ai sensi dell’art. 22 del Dl n. 60/2024, consiste in uno sgravio (o esonero) di natura contributiva rivolto ai datori di lavoro privati che effettuano, nel periodo tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025, assunzioni a tempo indeterminato di giovani under 35 al loro primo impiego stabile, ossia privi di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in precedenza. Inclusi nella platea dei beneficiari dello sgravio anche i datori di lavoro che trasformano i rapporti di lavoro a termine in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, fermo restando i requisiti di età e di impiego alla data della trasformazione (under 35 con assenza di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in precedenza). Restano escluse dal campo di applicazione dell’esonero le assunzioni di categorie dirigenziali, di lavoratori domestici e di apprendisti.
Lo sgravio in esame, di durata biennale, è fruibile per massimo 24 mesi dal giorno di assunzione ed è pari al 100% dei contributi a carico del datore di lavoro fino ad un massimo di 500 euro mensili. Tale importo, ai sensi del comma 3 dell’art. 22, è elevato a 650 euro mensili qualora le assunzioni o le trasformazioni a tempo indeterminato di under 35 al loro primo impiego stabile risultino effettuate in sedi o unità produttive ubicate in una delle regioni ricomprese nella c.d. ZES unica (Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno), ossia Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
Previsto il riconoscimento in via residuale anche per le assunzioni di lavoratori che alla data di inizio rapporto di lavoro risultino essere stati occupati a tempo indeterminato alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, beneficiario parzialmente dello sgravio contributivo.
La misura contributiva, chiarisce la disposizione normativa, non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento attualmente in vigore, fermo restando la compatibilità, senza alcuna riduzione, con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione prevista per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, introdotta per l’anno 2024 dal D.lgs. 216/2023 ed estesa dalla Legge di Bilancio 2025 per un ulteriore triennio (c.d. “Super deduzione”).
L’utilizzo dello sgravio, ricorda il comma 5 dell’art. 22 del Decreto Coesione, è subordinato al rispetto delle norme generali per la fruizione degli incentivi di cui al D.lgs. n. 150/2015, incluso le disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e dei Contratti collettivi applicati, oltre al possesso del Durc attestante la regolarità contributiva da parte dei datori di lavoro. In aggiunta ai principi generali richiamati, la norma vincola la fruizione dello sgravio contributivo all’ assenza nei sei mesi precedenti l’assunzione di licenziamenti collettivi o individuali per giustificato motivo oggettivo, effettuati nella medesima unità produttiva dove ha inizio il rapporto di lavoro con il giovane lavoratore. Parallelamente, la stessa disposizione dispone la revoca e la restituzione dello sgravio al verificarsi di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo di lavoratori assunti con l‘ esonero biennale o di dipendenti aventi la stessa qualifica, avvenuti nei sei mesi successivi l’assunzione, nella medesima unità produttiva.
Nonostante la recente approvazione da parte della Commissione Europea, il Bonus Giovani non è ancora pienamente operativo, sarà necessario infatti attendere il decreto attuativo e le successive istruzioni dell’INPS relative alle modalità di fruizione dello sgravio e al recupero degli arretrati a credito dei mesi antecedenti l’autorizzazione della Commissione.
La misura in esame denominata Bonus Donne, rientra tra i provvedimenti introdotti dal Decreto Coesione di stabilizzazione delle assunzioni, ed è volta nello specifico a favorire le pari opportunità nel mercato del lavoro per le lavoratrici svantaggiate, anche nell’ambito della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica.
L’esonero, anch’esso di natura contributiva, previsto dall’ art. 23 del Dl n. 60/2024, si rivolge ai datori di lavoro privati che dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 assumono a tempo indeterminato: (i) donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti nelle regioni della ZES unica per il Mezzogiorno o operanti nelle professioni e nei settori di cui all’articolo 2, punto 4), lettera f) del Regolamento UE 651/2014 e (ii) donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
In merito alla portata della misura, la stessa ha durata biennale, di massimo 24 mesi, e consente la fruizione di uno sgravio contributivo pari al 100% dei contributi a carico dei datori id lavoro, nel limite massimo di 650 euro mensili per ciascuna lavoratrice stabilizzata, fatta eccezione per i rapporti instaurati in apprendistato e di lavoro domestico.
La disposizione normativa all’art. 23, commi 3 e 5, chiarisce che i benefici contributivi derivanti dall’applicazione Bonus Donne sono vincolati al verificarsi dell’incremento occupazionale netto, calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti, oltre a prevedere, come per il Bonus Giovani, l’incumulabilità dello stesso con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento attualmente in vigore, fermo restando la compatibilità, senza alcuna riduzione, con la misura agevolativa della “Super – deduzione”.
Analogamente a quanto anticipato per il Bonus Giovani, ai fini dell’applicabilità dell’esonero contributivo in esame, sarà necessario attendere il decreto ministeriale attuativo e le successive istruzioni INPS relative alle modalità di fruizione e di recupero degli eventuali arretrati contributivi.
L’INPS ha pubblicato la circolare n. 26 del 30 gennaio 2025, che stabilisce il massimale contributivo per il 2025. Il massimale annuo della base contributiva e pensionabile è fissato a 120.607,00 euro: ciò significa che la retribuzione dei lavoratori soggetti al massimale, nel 2025, sarà assoggettata a contributi previdenziali entro il detto valore annuale.
I lavoratori dipendenti soggetti al massimale contributivo sono coloro che risultano iscritti a forme pensionistiche obbligatorie dal 1° gennaio 1996 in poi, oppure coloro che hanno optato volontariamente per il sistema contributivo (possibilità che la legge attribuisce a chi risulti iscritto alla previdenza obbligatoria prima di tale data).
I lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS – come i co.co.co. – sono soggetti al massimale contributivo a prescindere dalla prima data di iscrizione alla previdenza obbligatoria.
Con messaggio n. 401 del 31 gennaio 2025, l’INPS ha fornito alcuni chiarimenti riguardanti la sfera applicativa e la validità temporale del c.d. Bonus mamme, misura introdotta nel 2024 dalla Legge n. 213/2023 (Legge di Bilancio 2024) e parzialmente ripresa dalla nuova Legge di Bilancio 2025.
Nello specifico, con il Bonus mamme, in vigore dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, è stato introdotto un esonero contributivo totale per la quota IVS a carico dipendente, nel limite annuo di 3.000 euro, a favore delle lavoratrici madri assunte a tempo indeterminato con almeno tre figli, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo. In via sperimentale e per il solo anno 2024, l’esonero è stato esteso anche alle lavoratrici madri a tempo indeterminato con due figli, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
Rispetto a tale misura contributiva già in essere, la Legge di Bilancio 2025 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno in corso, un nuovo esonero parziale rivolto alle lavoratrici dipendenti, sia a tempo determinato che indeterminato, e alle lavoratrici autonome. Potranno beneficiare del nuovo esonero le categorie seguenti:
La portata e le modalità che renderanno operativo il nuovo esonero saranno rese note con successivo decreto ministerialedi cui si attende pubblicazione.
L’INPS, in considerazione della coesistenza per il biennio 2025 – 2026 delle due misure contributive sopra richiamate, ha chiarito con il messaggio 401 del 31 gennaio che il Bonus mamme, già in vigore dal 2024, potrà continuare ad essere fruito dalle lavoratrici madri di tre o più figli titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, anche qualora la nascita o l’adozione del terzo figlio si verifichi nel corso del 2025 o del 2026.
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Con l’introduzione delle dimissioni per fatti concludenti, ai sensi dell’art. 19 del Collegato Lavoro, viene consentito al datore di lavoro di risolvere il rapporto in caso di assenza ingiustificata del lavoratore, attribuendo a quest’ultimo la volontà del recesso. Difatti, la nuova disposizione che integra con il comma 7-bis l’art. 26 del D.lgs. 151/2015, stabilisce che, qualora l’ assenza ingiustificata del lavoratore si protragga oltre i termini previsti dalla contrattazione, o in assenza della stessa, trascorsi quindici giorni, il datore di lavoro possa, previa comunicazione alla sede competente dell’ispettorato del lavoro, considerare il rapporto di lavoro risolto per dimissioni del lavoratore.
A tal riguardo l’Ispettorato Nazionale del lavoro, nella recente nota. n. 579 del 22 gennaio 2025, ha fornito i primi chiarimenti sulla procedura da seguire, sulle modalità con cui le proprie sedi territoriali effettueranno le dovute verifiche e sulle motivazioni che, una volta presentate dal lavoratore, potranno rendere inapplicabile l’effetto risolutivo della procedura.
L’INL nella suddetta nota specifica che la comunicazione dovrà essere trasmessa preferibilmente via PEC e dovrà riportare tutte le informazioni concernenti il lavoratore e riferibili non solo ai dati anagrafici, ma anche ai recapiti telefonici e di posta elettronica. L’ispettorato potrà in questo modo contattare il lavoratore, oltre ad altro personale impiegato presso il medesimo datore di lavoro ed altri soggetti, al fine di accertare la veridicità di quanto segnalato. Tali accertamenti, rende noto l’ispettorato, verranno eseguiti tempestivamente, e si concluderanno entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione trasmessa dal datore di lavoro.
Laddove il lavoratore dia prova dell’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di presentare le proprie giustificazioni o l’Ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, la risoluzione del rapporto non avrà effetto.
L’indennità sostitutiva del premio di risultato (art. 9) e l’Elemento di garanzia retributiva (art. 10), sostituiti a decorrere dall’1° gennaio 2019 da flex benefit per un importo pari ad euro 258,00, dovranno essere messi a disposizione di tutti i dipendenti a partire dal mese di febbraio di ogni singolo anno e utilizzati entro il 31 dicembre dell’anno stesso.
L’indennità sostitutiva del premio di risultato (art. 9) e l’Elemento di garanzia retributiva (art. 10), sostituiti a decorrere dall’1° gennaio 2019 da flex benefit per un importo pari ad euro 258,00, dovranno essere messi a disposizione di tutti i dipendenti a partire dal mese di febbraio di ogni singolo anno e utilizzati entro il 31 dicembre dell’anno stesso.
Entro il 28 febbraio 2025, gli istituti che utilizzano il contratto di somministrazione sono tenuti a fornire alla Fism territoriale e alle OO.SS. territoriali, firmatarie del presente Accordo, il numero ed i motivi dei contratti di lavoro di somministrazione conclusi, la durata di ciascuno degli stessi, il numero e la qualifica delle lavoratrici e dei lavoratori interessati.
Aumento dei minimi retributivi dal 1° febbraio 2025
A decorrere dal 1° febbraio 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Una tantum di febbraio 2025
Per il mese di febbraio 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
In data 31 dicembre 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 207 del 30 dicembre 2024, contenente il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027(di seguito, “Legge di Bilancio”).
Molteplici sono le novità che avranno un impatto sulle imprese e i loro dipendenti.
Cessa al 31 dicembre 2024 il cuneo contributivo del 6-7% e in sostituzione la nuova manovra riconosce ai titolari di reddito da lavoro dipendente con reddito complessivo fino a 20.000 euro, una somma esentasse calcolata attraverso l’applicazione di specifiche percentuali al reddito da lavoro dipendente, determinate in funzione della fascia reddituale di appartenenza. Ai titolari di reddito da lavoro dipendente con reddito complessivo tra 20.000 e 40.000 euro viene riconosciuta un’ulteriore detrazione dall’imposta lorda rapportata al periodo di lavoro e determinata in base al reddito complessivo percepito.
È stata inserita poi una stretta sulle detrazioni dell’imposta lorda derivanti da oneri e spese detraibili. Per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro l’importo massimo detraibile sarà determinato oltre che dall’ammontare del reddito percepito anche dal numero dei figli a carico.
Le legge di Bilancio 2025 modifica, inoltre, le detrazioni per figli a carico, che fermo restando l’assegno unico, saranno fruibili per i figli tra i 21 e i 30 anni di età salvo i casi di disabilità accertata. Infine, le detrazioni per altri familiari a carico saranno limitate ai soli ascendenti conviventi con il contribuente.
Viene confermata, altresì, la riduzione delle aliquote fiscali IRPEF e degli scaglioni di reddito come per l’anno 2024. Parallelamente restano invariate la “no tax area” e il correttivo al trattamento integrativo in vigore nel 2024.
Infine, è stata introdotta una stratta per poter beneficiare di rimborsi esenti per vitto, alloggio, viaggio e trasporto effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea (come taxi e noleggi con conducente). Dal 2025 sarà infatti necessario che i pagamenti vengano effettuati con sistemi di pagamento tracciabili (carte di credito o debito, assegni e bonifici bancari o postali).
È stataconfermata, innanzitutto, la soglia di esenzione dei fringe benefit a 1.000 euro, innalzata a 2.000 euro per i genitori lavoratori con figli fiscalmente a carico. Previste anche nuove regole di determinazione del valore imponibile delle auto di nuova immatricolazione concesse dai datori di lavoro ad uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025. La Legge di Bilancio introducendo questa misura favorisce la concessione delle auto elettriche.
Per i lavoratori assunti a tempo indeterminato nel 2025 che trasferiscono la residenza a più di 100 km dalla precedente per lo svolgimento della nuova attività lavorativa è stata introdotta, inoltre, un’esenzione fiscale biennale nel limite complessivo di 5.000 euro annui sulle somme erogate o rimborsare dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati locati. La misura è rivolta ai lavoratori percettori nel 2024 di un reddito da lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro.
Per ultimo, è stataconfermata per gli anni 2025, 2026 e 2027 l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività ridotta (PDR) al 5%.
In particolare, sono statiampliati ulteriormente il numero di mesi di congedo parentale indennizzato all’80% della retribuzione, portati a tre per chi concluderà il congedo obbligatorio nel 2025. Per i genitori lavoratori che hanno concluso il congedo obbligatorio nel 2024, il secondo mese previsto al 60% nel 2025 viene elevato all’80%.
È stato inoltreconfermato ed ampliato alle lavoratrici a tempo determinato e alle lavoratrici autonome in possesso di determinati requisiti il bonus mamme introdotto nel 2024. Estesa al biennio 2025 – 2026 la fruizione alle lavoratrici madri con almeno due figli fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
Insostituzione della Decontribuzione Sud terminata il 31 dicembre 2024, infatti, vengono introdotte due nuovi esoneri contributivi destinati rispettivamente a microimprese e piccole e medie imprese per definizione con meno di 250 dipendenti e alle imprese non rientranti in tale definizione che assumono lavoratori a tempo indeterminato nelle regioni del Sud Italia.
È statointrodotto un nuovo requisito contributivo per beneficiare dell’indennità di disoccupazione. I lavoratori che cessano volontariamente un rapporto di lavoro potranno accedere alla NASPI – per perdita involontaria dell’impiego nei successivi 12 mesi la cessazione volontaria – qualora abbiano maturato nell’espletamento del nuovo lavoro 13 settimane contributive. Sono fatte salve particolari casistiche individuate dalla normativa.
La prima novità riguardai giovani lavoratori che versano per la prima volta nel 2025 ad una forma di previdenza obbligatoria (quali l’AGO, le sue forme sostituite ed esclusive e la Gestione Separata) potranno scegliere di incrementare il loro montante contributivo mediante l’innalzamento dell’aliquota IVS a proprio carico fino ad un massimo di 2 punti percentuali.
Viene poi estesa ai lavoratori che entro il 31 dicembre 2025 maturano i requisiti per accedere alla pensione anticipata e optano per la permanenza in servizio la facoltà di rinunciare all’accredito contributivo della quota IVS a proprio carico. In considerazione dell’esercizio di tale diritto il datore di lavoro sarà esonerato dal versamento della predetta quota e la stessa, non più versata all’ente previdenziale ma corrisposta interamente al lavoratore, non concorrerà alla formazione del reddito ai sensi dell’art. 51, comma 2, i-bis del TUIR.
Viene introdotta, infine, la possibilità per i lavoratori appartenenti al sistema contributivo di anticipare il pensionamento attraverso il cumulo della previdenza obbligatoria con quella complementare per il raggiungimento del requisito dell’importo soglia mensile altrimenti non perfezionato.
Il 12 gennaio 2025 è entrata in vigore la Legge n. 203 del 13 dicembre 2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 28 dicembre e meglio conosciuta come “Collegato Lavoro”.
Il provvedimento, da tempo atteso, introduce diverse novità in particolare in materia di: dimissioni “per fatti concludenti”, periodo di prova nei contratti a termine, computo dei lavoratori in somministrazione, conciliazioni telematiche e “Contratti misti”, i cui contenuti normativi sono stati ripresi dallo stesso Ispettorato Nazionale del Lavoro nella nota 9740 emanata il 30 dicembre 2024 per quanto di propria competenza.
L’art. 19 della Legge n. 203, interviene ed integra l’art. 26 del D.lgs. n. 151/2015 in tema di “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale”, disposizione con la quale a suo tempo era stato introdotto l’istituto delle dimissioni telematiche volto a contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, pratica che consisteva nel far sottoscrivere al dipendente all’atto dell’assunzione una lettera di dimissioni “non datate” che il datore di lavoro poteva utilizzare poi a proprio piacimento rendendola efficace in un momento successivo del rapporto.
La norma nel disciplinare le modalità di esercizio delle dimissioni volontarie, da espletare nella generalità dei casi in via telematica al fine di garantire la tutela e il libero esercizio delle stesse da parte di lavoratrici e lavoratori, non aveva tenuto conto della possibilità che, in alcuni casi, di questa disposizione ne potesse essere fatto un uso “improprio” attraverso il fenomeno della c.d. “assenza ingiustificata” , ossia il protrarsi dell’assenza sul luogo del lavoro da parte del dipendente senza fornire alcuna giustificazione al datore di lavoro o senza presentazione delle dimissioni telematiche. In questo caso, di fronte a tale circostanza il datore di lavoro si è visto costretto, almeno fino ad oggi, ad iniziare un lungo iter disciplinare volto al licenziamento del lavoratore e al pagamento del contributo di licenziamento all’INPS.
Con l’integrazione del comma 7- bis all’ art. 26 del D.lgs. 151/2015, il Collegato Lavoro stabilisce che “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro possa segnalare all’Ispettorato territoriale del Lavoro tale assenza, e una volta verificata la correttezza della segnalazione da parte dell’ITL, risolvere il rapporto di lavoro automaticamente per volontà del lavoratore ossia per “dimissioni di fatto”. Tuttavia, qualora il lavoratore dimostri l’impossibilità avuta, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di giustificarne l’assenza, la nuova disposizione non troverà applicazione.
Con la novità introdotta, in concreto, nei casi in cui a seguito della verifica dell’Ispettorato venissero accertate le dimissioni di fatto, il datore di lavoro non sarà più tenuto all’espletamento dell’iter disciplinare e a sostenere il costo del contributo di licenziamento, mentre il lavoratore non potrà accedere al trattamento di disoccupazione (NASPI).
Fermo restando quanto in vigore, saranno necessari ulteriori chiarimenti con particolare riguardo alle modalità con cui il datore di lavoro dovrà segnalare l’assenza ingiustificata o in che modo lo stesso Ispettorato attuerà le verifiche previste a seguito della segnalazione.
Ulteriore significativa novità introdotta dal Collegato Lavoro riguarda la durata del periodo di prova nei contratti a tempo determinato. L’art. 13 della Legge 203/2024 è intervenuto sulla disposizione di cui all’art. 7, comma 2 del D.lgs. 104/2022 (c.d. Decreto Trasparenza) che genericamente prevedeva che la determinazione del periodo di prova nel rapporto di lavoro a tempo determinato avvenisse “in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego”.L’assenza di parametri oggettivi nella precedente disposizione ai fini della determinazione del periodo di prova comportava il rischio, nei casi di pattuizione di una durata discrezionale (nei limiti previsti dal Ccnl) e “sproporzionata” rispetto al rapporto di lavoro, di rendere nullo lo stesso, invalidando l’eventuale recesso senza preavviso delle parti.
Dal 12 gennaio 2025, entrata in vigore del Collegato, in assenza di esplicite previsioni contrattuali collettive, sarà possibile applicare un calcolo per così dire “matematico” ai fini della determinazione del periodo di prova nei contratti a termine: un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto, fermo restando una durata non inferiore a 2 giorni e non superiore a 15 giorni per i rapporti di durata inferiore a 6 mesi e 30 giorni per quelli aventi durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12.
In materia di somministrazione l’art. 10 del Collegato Lavoro interviene sul D.lgs. 81/2015 con due importanti novità: (i) abrogando il limite di durata complessiva di 24 mesi delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore nei casi in cui il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore sia a tempo indeterminato e (ii) escludendo dai limiti quantitativi del 30% previsto per i lavoratori assunti a tempo determinato e con contratto di somministrazione a tempo determinato presso l’utilizzatore, ai sensi dell’art. 31 comma 2 D.lgs. 81/2015, i lavoratori somministrati assunti stabilmente presso le agenzie di somministrazione e i lavoratori somministrati impiegati per determinate esigenze quali attività stagionali, specifici spettacoli, start-up, sostituzione di lavoratori assenti o con più di 50 anni di età.
Infine, con riferimento all’utilizzo delle causali nei contratti a termine superiori a 12 mesi, viene introdotta la ”a-causalità “ per i rapporti di somministrazione a termine con soggetti disoccupati beneficiari da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e con soggetti rientranti nelle categorie di svantaggiati o molto svantaggiati.
Per quanto riguarda l’istituto delle conciliazioni telematiche, l’art. 20 della Legge 203/2024 prevede ai fini dell’espletamento dei procedimenti di conciliazione in materia di lavoro di cui agli artt. 410, 411 e 412 ter del c.p.c. la possibilità che gli stessi possano svolgersi in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi. L’attuazione di tale disposizione, ricorda l’INL nella nota 9740, resta subordinata all’emanazione, entro i 12 mesi dall’entrata in vigore della norma, di un decreto ministeriale contenente le regole tecniche per l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Viene introdotta infine una nuova tipologia contrattuale, definita “Contratto Misto” attraverso il quale il legislatore permette di ovviare alla causa ostativa prevista dalla lettera d-bis), comma 57, art. 1 della L. 190/2014. Attraverso utilizzo di tale tipologia contrattuale, ammessa esclusivamente nelle società con più di 250 dipendenti, il medesimo soggetto potrà svolgere attività lavorativa nei confronti dello stesso datore di lavoro/committente sia in qualità di dipendente che come lavoratore autonomo in regime forfettario. In aggiunta al requisito dimensionale in capo all’azienda datrice dovranno essere rispettate determinate condizioni tra cui la certificazione del contratto di lavoro autonomo presso una delle commissioni di cui all’art. 76 del D.lgs. 276/2003, lo svolgimento della prestazione lavorativa subordinata in part time tra 40 e 50%, la non sovrapponibilità nello svolgimento delle due prestazioni dell’oggetto delle stesse, delle modalità, nonché dell’orario e delle giornate di lavoro oltre la presenza di un domicilio professionale del lavoratore autonomo distinto da quello del datore di lavoro.
Secondo una ricerca di HR Capital, nel 2024 il 60% delle grandi aziende ha integrato i fringe benefit nelle proprie politiche retributive.
Rispetto al 2023, è stato rilevato un lieve incremento dell’erogazione dei fringe benefit (+10%), anche in virtù dell’innalzamento del limite di esenzione avvenuto negli ultimi anni.
Milano, 16 dicembre 2024 – L’impiego dei fringe benefit[1] continua a rappresentare una tra le politiche retributive più strategiche che le aziende possano applicare. Nonostante ciò, non sembrano ancora aver raggiunto la piena diffusione.
Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da HR Capital – società consociata di De Luca & Partners e leader nei servizi per la gestione e per l’amministrazione del personale in outsourcing – che ha analizzato il tasso di adozione dei fringe benefit da parte delle aziende.
Più nel dettaglio, secondo lo studio[2] condotto sulle aziende assistite, il 60% del panel – prevalentemente grandi realtà strutturate – ha integrato i fringe benefit nelle proprie politiche retributive, anche in sinergia con i programmi di welfare aziendale. Il restante 40% del campione mostra, invece, una maggiore esitazione nell’adottare questi strumenti a causa del costo aggiuntivo generato, che, nonostante il regime fiscale agevolato, rimane rilevante soprattutto per le piccole e medie imprese.
Rispetto al 2023, si evidenzia così un innalzamento del 10% delle imprese che hanno introdotto o implementato la loro politica retributiva attraverso la concessione di fringe benefit, che si è concretizzata, nella maggior parte dei casi, nell’assegnazione ai propri dipendenti di auto aziendali a uso promiscuo o nel riconoscimento di coperture assistenziali mediante la stipula di polizze assicurative. “I dati evidenziano una tendenza di crescita nell’uso dei fringe benefit, seppur in minima misura, favorito anche dalle recenti modifiche normative che hanno incrementato i limiti di esenzione. La loro potenziale riconferma, prevista nella bozza del DDL Bilancio 2025, lascia presagire un’ulteriore diffusione dello strumento nel prossimo futuro” – commenta Andrea Di Nino, Consulente del Lavoro e collaboratore di HR Capital. “La ricerca – prosegue Di Nino – ha inoltre rilevato le difficoltà di gestione nel conferimento dei fringe benefit a seguito dell’innalzamento della soglia di esenzione a 2.000 euro per i dipendenti con figli a carico. Soprattutto nelle piccole e medie imprese, infatti, la procedura di distribuzione e reperimento delle dichiarazioni attestanti la presenza di figli a carico non è sempre semplice, e di conseguenza scoraggia le aziende dall’adozione dei fringe benefit”.
Il quadro normativo di riferimento, rappresentato dall’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi (“TUIR”), stabilisce per i compensi erogati sottoforma di fringe benefit un particolare regime di esenzione fiscale e contributiva, ponendo nel limite di 258,23 euro la soglia di esenzione, al superamento della quale tali fringe benefit entrano a far parte della retribuzione imponibile del lavoratore beneficiario per l’intero ammontare erogato. Negli ultimi anni, tale disposizione ha subito molteplici revisioni: in particolare, da ultimo, la Legge di Bilancio 2024 (L. n. 213/2023) ha previsto l’innalzamento della soglia di esenzione del valore dei fringe benefit complessivo entro il limite di 1.000 euro, innalzato a 2.000 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico.
[1] Il termine fringe benefit fa riferimento ai compensi concessi sotto forma di beni e servizi dai datori di lavoro ai propri dipendenti, in conformità alle disposizioni contrattuali collettive o per libera scelta aziendale, al fine di incentivare e fidelizzare le risorse al proprio interno.
[2] Il campione su cui è stata basata la ricerca era composto da 40 aziende, di cui il 70% formato da imprese italiane. Il restante 30% era formato da imprese aventi la sede principale all’estero (comunque entro l’Unione Europea).
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