L’INPS, con il messaggio n. 2923 del 10 agosto 2023, ha fornito importanti chiarimenti relativi al cumulo dell’incentivo “NEET”, connesso alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° giugno al 31 dicembre 2023, con altre misure di esonero o riduzione delle aliquote contributive di finanziamento previste dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi.
Normativa di riferimento
Con l’art. 27 della Legge n. 85/2023, di conversione del D.L. n. 48/2023 (c.d. Decreto Lavoro), è stato predisposto un nuovo incentivo, di natura economica, per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel periodo dal 1° giugno al 31 dicembre 2023 di giovani under 30 che non lavorano e non sono inseriti in corsi di studi o di formazione.
Il predetto incentivo è stato introdotto al fine di sostenere l’occupazione giovanile; la norma, infatti, riconosce al datore di lavoro il diritto ad un incentivo, per la durata di 12 mesi, nella misura del 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali erogata al lavoratore per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato effettuate nel suddetto arco temporale con riferimento ai c.d. “NEET”.
In particolare, il beneficio è riconosciuto per le assunzioni di giovani che, alla data dell’assunzione, risultino in possesso dei seguenti requisiti:
La misura è applicabile, previa domanda da presentare sul sito dell’INPS, per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, anche in somministrazione e in apprendistato professionalizzante.
Il cumulo con altre agevolazioni
Con specifico riguardo alla possibilità di cumulo con altra agevolazione, il medesimo articolo precisa che in tal caso l’incentivo è riconosciuto nella misura del 20% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali.
Il messaggio in esame ha chiarito, in particolare, che la riduzione dell’incentivo al 20% nelle ipotesi di cumulo con altre misure di esonero deve essere intesa non in senso oggettivo, ma in senso soggettivo, ossia deve essere limitata alle sole ipotesi di cumulo con altre misure che comportino un beneficio per il datore di lavoro che intende procedere o che ha proceduto all’assunzione.
Tanto premesso, dunque, la suddetta riduzione non deve essere applicata nelle ipotesi in cui, per il medesimo lavoratore, sia previsto l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a suo carico, (ex articolo 1, comma 281, della legge di Bilancio 2023, come integrato dall’articolo 39 del decreto-legge n. 48/2023).
Alla luce di questa interpretazione, pertanto, laddove i soggetti interessati al riconoscimento dell’incentivo abbiano già inoltrato all’Istituto apposita richiesta telematica di prenotazione delle risorse, dichiarando di volere fruire dell’incentivo in cumulo con altre agevolazioni, con ciò facendo riferimento all’esonero parziale della quota dei contributi previdenziali IVS a carico del lavoratore, possono procedere all’annullamento di tale richiesta.
Le procedure tecniche per la fruizione dell’incentivo
L’INPS ha fornito, inoltre, indicazioni in merito alla procedura di annullamento della richiesta inviata, successivamente alla quale occorre presentare una nuova istanza in cui deve essere indicata l’opzione dell’utilizzo “in via esclusiva” dell’incentivo in oggetto. Da tale procedura scaturirà il diritto al riconoscimento, fermo restando il rispetto di tutti i requisiti legittimanti, dell’incentivo in trattazione in misura pari al 60% della retribuzione imponibile.
Infine, come già previsto dalla circolare n. 68/2023, l’INPS ha confermato che le richieste che perverranno nei 15 giorni successivi al rilascio del modulo telematico di richiesta dell’incentivo saranno oggetto di un’unica elaborazione cumulativa posticipata, che verrà effettuata nel mese di settembre 2023. Diversamente, le istanze relative alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate tra il 1° giugno 2023 e il 30 luglio 2023 (ossia il giorno precedente il rilascio del modulo telematico) e pervenute nei 15 giorni successivi al rilascio della modulistica on line (cioè entro il 15 agosto 2023) saranno elaborate secondo l’ordine cronologico di decorrenza dell’assunzione.
Le istanze concernenti le assunzioni effettuate a decorrere dal giorno di rilascio del modulo telematico (31 luglio 2023) saranno elaborate secondo il criterio generale, rappresentato dall’ordine cronologico di presentazione dell’istanza.
Fino alla data dell’elaborazione, le istanze possono essere annullate ad opera dello stesso interessato; qualora si voglia procedere con una modifica del contenuto, si rende necessario annullare l’istanza in oggetto al fine poi di presentarne una nuova.
Con la circolare n. 25/E del 18 agosto 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti interpretativi e le istruzioni applicative in merito ai profili fiscali del lavoro da remoto (c.d. smart working).
In particolare, con il documento di prassi in commento, l’Amministrazione Finanziaria si è focalizzata sul remote working e sull’applicazione dei regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per svolgere un’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano, disciplinati dall’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (c.d. “regime speciale per lavoratori impatriati”), e dall’articolo 44 del D.L. n. 78/2010 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 122/2010 (“regime speciale per docenti e ricercatori”).
Con la propria circolare, l’ente ha ripercorso quanto accaduto negli ultimi anni rispetto al costante incremento dell’impiego di forme di lavoro caratterizzate da prestazioni rese da remoto, definite “agili”, senza che sia necessaria la presenza fisica nei locali messi a disposizione dal datore di lavoro o, comunque, in un determinato luogo meglio conosciute come “smart working” o lavoro agile, fenomeno favorito dal progresso tecnologico e fortemente accelerato dall’emergenza pandemica da Covid-19, che ha costretto la maggioranza dei settori a ridefinire le modalità lavorative.
Pertanto, anche a fronte delle significative revisioni organizzative che hanno coinvolto imprese, la circolare dell’Agenzia delle Entrate ha definito, in base alla normativa interna e alle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, i criteri e l’applicazione delle regole fiscali e la determinazione della residenza a fini fiscali.
La residenza ai sensi dell’articolo 2 del TUIR
L’articolo 2, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (“TUIR”) approvato con D.P.R. n. 917/1986, disciplina il concetto di “residenza fiscale” considerando residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno, o 184 giorni in caso di anno bisestile):
Tali condizioni sono tra loro alternative, con la conseguenza che anche la sussistenza di una sola delle stesse è sufficiente a radicare la residenza di una persona nel territorio dello Stato.
Le nozioni sopra richiamate relative all’articolo 2 del TUIR vanno intese, per espressa previsione normativa, ai sensi della disciplina contenuta nel codice civile, che definisce il domicilio come il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi e fa coincidere la dimora abituale con il luogo di residenza.
In particolare, come chiarito già nella circolare ministeriale n. 304/1197, per configurare la residenza non è necessaria la continuità o definitività della dimora abituale, con la conseguenza che periodi anche prolungati di assenza non ne escludono il radicamento in Italia. In merito al domicilio, occorre tenere conto anche dei rapporti di natura non patrimoniale, come quelli personali e affettivi, per considerare localizzato in Italia il centro degli affari e degli interessi.
Al riguardo, come già chiarito con la circolare 9/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha precisato altresì che l’accertamento dei presupposti per stabilire la residenza, diversi dal dato formale dell’iscrizione anagrafica, presuppone un riscontro fattuale da eseguirsi caso per caso, al fine di una concreta ponderazione degli elementi che consentono di verificare il luogo di domicilio o di residenza come definiti in base alla normativa civilistica.
I trasferimenti fittizi di residenza all’estero
La necessità di fornire chiarimenti interpretativi in relazione a fattispecie connotate dalla prestazione di attività lavorativa in modalità agile è strettamente connessa all’esigenza di contrastare casi di residenze all’estero non genuine. Al riguardo, difatti, il comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR ha introdotto una presunzione relativa di residenza fiscale, in base alla quale, salvo prova contraria che deve essere fornita dal contribuente, si considerano residenti in Italia le persone cancellate dall’anagrafe della popolazione residente in Italia e trasferite in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati nel decreto del Ministro delle Finanze del 4 maggio 1999.
Il sopra menzionato comma 2-bis è stato introdotto proprio al fine di contrastare il fenomeno della frequente migrazione fittizia verso Paesi a fiscalità privilegiata. Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all’Anagrafe degli Italiani residenti all’estero, nei confronti di cittadini trasferiti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia per effetto del citato comma 2-bis.
La residenza dei lavoratori da remoto nell’ordinamento interno
Tutto ciò premesso, appare evidente come l’Agenzia, nella propria circolare, abbia confermato che, anche a fronte delle significative revisioni organizzative che hanno coinvolto le imprese, non sono state apportate alla normativa interna modifiche che abbiano inciso sulle regole di determinazione della residenza a fini fiscali. Di conseguenza, i criteri di radicamento della residenza fiscale delle persone fisiche restano quelli previsti dall’articolo 2 del TUIR (come illustrati nel precedente paragrafo) e non subiscono alcun mutamento per coloro che svolgono un’attività lavorativa in remote working.
In altri termini, le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale, che restano ancorati all’integrazione di almeno una delle sopra menzionate condizioni di cui all’articolo 2 del TUIR.
Regimi speciali applicabili in caso di svolgimento dell’attività lavorativa in Italia
In base alle precisazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate e richiamate ai punti precedenti, l’ente conferma quindi che i criteri di radicamento della residenza fiscale delle persone fisiche restano quelli previsti dall’articolo 2 del TUIR e che tale assunto rileva anche ai fini dell’applicazione dei regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per svolgere un’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano, disciplinati dai già citati articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015 e articolo 44 del D.L. n. 78/2010 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 122/2010.
In definitiva, può accedere al ”regime speciale per lavoratori impatriati” il soggetto che trasferisce la propria residenza in Italia, pur continuando a lavorare in remote working alle dipendenze di un datore di lavoro estero, a partire dal periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento in Italia.
Al contrario, non potrà continuare a fruire dell’agevolazione in esame il soggetto che, trasferitosi a lavorare in Italia, successivamente traslochi all’estero pur continuando a svolgere dalla nuova località la propria prestazione lavorativa per il medesimo datore di lavoro italiano in modalità remote working, in quanto in tal caso i redditi si considerano prodotti fuori dal territorio italiano.
Diverso, invece, è il caso dell’applicazione dell’agevolazione fiscale in commento relativa al ”regime speciale per docenti e ricercatori”. Ai fini dell’applicazione di questa agevolazione, difatti, è richiesto che sussista un collegamento tra il trasferimento della residenza in Italia del docente o del ricercatore e lo svolgimento dell’attività produttiva del reddito agevolabile.
Come già chiarito dall’Agenzia delle Entrate con circolare n. 17/E/2017, la verifica del suddetto collegamento risponde alla ratio della norma di agevolare tutti i residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali per le loro particolari conoscenze scientifiche possono favorire lo sviluppo della ricerca e la diffusione del sapere in Italia, trasferendovi il “know how” acquisito attraverso l’attività svolta all’estero.
Pertanto, contrariamente a quanto previsto per il regime impatriati, un docente o un ricercatore trasferitosi in Italia che intrattenga un rapporto di lavoro con un Ente o con una Università situata in uno Stato estero, per cui svolge la propria attività di docenza o ricerca in modalità remote working, non potrà beneficiare dell’agevolazione per i relativi redditi in quanto non sussiste un collegamento tra il trasferimento in Italia e lo svolgimento di una attività di docenza e/o ricerca nel territorio dello Stato.
Con la circolare n. 25/E del 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in riferimento all’individuazione della residenza fiscale e all’imponibilità dei redditi conseguiti dai lavoratori da remoto (c.d. “smart worker”), confermando l’applicazione degli art. 2 e 3 del TUIR, ovverosia le ordinarie disposizioni relative alla “residenza fiscale”, anche rispetto a tale casistica.
Secondo la lettura dell’Agenzia delle Entrate, infatti, il luogo in cui viene svolta la prestazione lavorativa da remoto non incide sui criteri per la determinazione della residenza fiscale. Per la determinazione della residenza fiscale dei lavoratori da remoto, dunque, si terrà comunque conto dell’art. 2 del TUIR, il quale enuncia i criteri ordinari per stabilire la residenza fiscale.
L’Agenzia delle Entrate, inoltre, ha chiarito che l’agevolazione fiscale per i lavoratori “impatriati” non è preclusa a coloro che trasferiscono la propria residenza in Italia, anche se per lavorarvi da remoto per conto di un datore di lavoro estero.
È erogata la terza rata dell’aumento dei minimi contrattuali relativi alla mobilità a decorrenza dal 1° settembre 2023 per un importo riparametrato pari a Euro 30,00.
Il Valore di Produttività Aziendale va erogato, sotto forma di una tantum, entro il mese di settembre, al personale in servizio nel mese di erogazione e che abbia prestato attività lavorativa nell’anno di misurazione. Il Valore di Produttività Aziendale compete al personale che abbia superato il periodo di prova.
Nel caso di inizio del rapporto di lavoro durante l’anno di misurazione, il Valore di Produttività Aziendale va erogato in proporzione ai mesi di servizio prestato, considerando come mese intero l’eventuale frazione superiore a 15 giorni.
Il Valore di Produttività Aziendale va erogato anche al personale non in servizio nel mese di erogazione, che abbia prestato attività lavorativa nell’anno di misurazione e sia passato alle dipendenze di altra Azienda del Sistema nell’ambito di mobilità con i requisiti indicati nel comma 3, art. 62 del presente C.C.N.L. In tal caso, il Valore di Produttività Aziendale verrà erogato in proporzione ai mesi di servizio prestati, considerando come mese intero l’eventuale frazione superiore ai 15 giorni.
Il premio avrà decorrenza dal 1° settembre 2023.
A decorrere dall’anno 2022, le aziende attribuiscono, a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti, piani e strumenti di “flexible benefits” del valore di Euro 150,00 per l’anno 2022, Euro 150,00 per l’anno 2023 ed Euro 150,00 per l’anno 2024, da erogare entro il mese di settembre di ciascun anno di riferimento e comunque in base alla regolamentazione indicata dalle singole aziende.
A copertura del periodo 1° luglio 2022 – 31 maggio 2023 va corrisposto un importo una tantum di complessivi 600 euro lordi. Con la retribuzione del mese di settembre 2023 viene erogata la seconda rata per l’importo di Euro 150,00.
Le Parti convengono che il rinnovo contrattuale preveda anche l’erogazione ai lavoratori dì un importo “Una Tantum”, che sarà suddiviso in due tranche nell’anno 2023. Viene corrisposta nella mensilità di settembre la seconda rata dell’importo una tantum pari a Euro 120,00 per il quarto livello.
Viene erogata la rata mensile dell’importo una tantum a copertura del periodo dal 1° gennaio 2020.
Viene erogata ai lavoratori nel mese di settembre 2023 la rata annuale welfare.
Le aziende mettono a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare pari a Euro 200,00 con decorrenza dal 1° settembre di ciascuno anno, da utilizzare entro il 31 agosto di ogni anno successivo.
Dal 1° settembre 2023 è corrisposto mensilmente, per tredici mensilità, a titolo di “salario di anzianità”, un importo di Euro 15,00 a tutto il personale che a quella data abbia maturato 2 anni di servizio ininterrotto presso lo stesso Ente.
Per le GPG è prevista una tantum di Euro 400,00 (parametrati al IV livello) da erogarsi in tre tranche annue così suddivise: settembre 2023 ( Euro 135,00), settembre 2024 ( Euro 135,00) e settembre 2025 (Euro 130,00€.
Per le GPG è prevista una tantum di Euro 400,00 (parametrati al IV livello) da erogarsi in tre tranche annue così suddivise: settembre 2023 (Euro 135,00), settembre 2024 (Euro 135,00) e settembre 2025 (Euro 130,00).
A decorrere dal 1° settembre 2023 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la comunicazione del 4 luglio 2023, ha illustrato come la Legge n. 85 del 3 luglio 2023, nel convertire con modificazioni il Decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023, abbia previsto la proroga del diritto per alcune categorie di lavoratori di svolgere la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile.
Normativa di riferimento
Il lavoro agile (o smart working), così come disciplinato dalla Legge n. 81 del 22 maggio 2017, è una diversa modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli di luogo e di orario.
Il Decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023, c.d. Decreto Lavoro, a seguito convertito nella Legge n. 85 del 3 luglio 2023, ha previsto la proroga, fino al 30 settembre 2023, del diritto di svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile per i lavoratori fragili nel settore pubblico e privato.
È stato inoltre prorogato al 31 dicembre 2023 il diritto di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile per:
Per le sopra citate categorie svolgere l’attività lavorativa in modalità agile fino alle date previste dalle proroghe intervenute sarà possibile anche in assenza della formalizzazione dell’accordo individuale stipulato con il datore di lavoro, che resta obbligatoria per tutti gli altri lavoratori, come previsto dall’articolo 19 della Legge n. 81/2017. L’accordo deve avere ad oggetto alcuni specifici elementi, quali:
Ai sensi dell’art. 23 della Legge n. 81/2017, inoltre, il datore di lavoro deve comunicare in via telematica al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate dallo stesso Ministero con il Decreto n. 149 del 22 agosto 2022.
La comunicazione telematica dovrà avvenire mediante l’applicativo disponibile, tramite autenticazione SPID e CIE, sul portale Servizi Lavoro – Cliclavoro, e resta obbligatoria anche per i lavoratori oggetto delle proroghe sopra dettagliate.
La stessa deve essere effettuata entro i 5 giorni successivi all’inizio della prestazione in modalità agile o, in caso di proroga, dall’ultimo giorno comunicato prima dell’estensione del periodo. In caso di mancata o tardiva comunicazione è prevista una sanzione amministrativa variabile da Euro 100 a Euro 500 per singolo lavoratore, così come regolato dall’art. 19, comma terzo, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Con il messaggio n. 2564 del 7 luglio 2023 l’INPS ha fornito le indicazioni operative per l’opzione al sistema contributivo esercitata contestualmente alla presentazione della domanda di riscatto, i cui periodi siano determinanti per il perfezionamento dei requisiti richiesti per avvalersi dell’opzione.
Nel proprio messaggio, l’ente ripercorre quanto già chiarito con la propria prassi, con particolare riferimento alle indicazioni fornite dall’Istituto con la circolare n. 54 del 6 aprile 2021, con la quale viene confermato che se la facoltà di opzione al sistema contributivo di cui all’articolo 1, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è esercitata contestualmente alla presentazione della domanda di riscatto, i periodi da riscattare rilevano ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti contributivi richiesti per esercitare l’opzione stessa.
L’INPS inoltre rammenta che l’opzione al sistema contributivo prevista dall’articolo 1, comma 23, della legge n. 335/1995, può essere esercitata nel corso della vita lavorativa o contestualmente alla domanda di pensione ed è subordinata al perfezionamento dei seguenti requisiti contributivi:
a) meno di 936 settimane (pari a 18 anni) di contribuzione al 31 dicembre 1995 (la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo è, comunque, concessa a coloro che possono fare valere un’anzianità contributiva di almeno 18 anni al 31 dicembre 1995, a condizione che abbiano esercitato il diritto di opzione entro il 1° ottobre 2001);
b) almeno 780 settimane (pari a 15 anni) di cui almeno 260 settimane (pari a 5 anni) dal 1° gennaio 1996;
c) almeno un contributo anteriormente al 1° gennaio 1996.
Le indicazioni operative illustrate dal messaggio n. 2564 del 7 luglio 2023, valgono nei casi in cui l’interessato perfeziona i requisiti richiesti per l’esercizio dell’opzione al sistema contributivo previsto dall’articolo 1, comma 23, della legge n. 335/1995 (meno di 18 anni al 31 dicembre 1995, almeno 15 anni di cui almeno 5 dal 1° gennaio 1996, almeno un contributo anteriore al 1° gennaio 1996), soltanto se si considerano già acquisiti i periodi da riscattare (ad esempio, soggetto che raggiunge i 15 anni di contribuzione o che acquisisce anzianità anteriore al 1° gennaio 1996 solo considerando i periodi da riscattare).
Il processo amministrativo e le istruzioni procedurali relative all’acquisizione della domanda di riscatto
Con il messaggio n. 2564 del 7 luglio 2023 l’INPS fornisce le indicazioni operative rivolgendosi in particolare agli addetti alla fase di lavorazione delle domande di riscatto con opzione contributiva e alle istruzioni circa le procedure interne da seguire nella definizione della domanda di riscatto, dirette in primo luogo ad accertare la sussistenza dei requisiti contributivi richiesti per l’esercizio della facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo della pensione e a individuare il sistema di calcolo applicabile.
Una volta presentata contestualmente domanda di opzione contributiva e riscatto, viene verificata la presenza delle condizioni per l’opzione contributiva, da cui discende la tipologia di riscatto da applicare.
Pertanto, in assenza di contributi antecedenti il 1996, l’onere del riscatto viene determinato:
Se il periodo richiesto a riscatto è determinante anche per raggiungere il requisito previsto per poter esercitare l’opzione al contributivo (15 anni di contribuzione, di cui almeno 5 dal 1° gennaio 1996), l’onere verrà definito con il calcolo a percentuale (“agevolato”, se richiesto), eccetto il contributo minimo di un mese necessario ad acquisire la qualifica di iscritto al 31 dicembre 1995, il solo a essere calcolato con il criterio della riserva matematica.
Modalità di pagamento dei periodi oggetto del riscatto
La quota di onere relativa al riscatto dei periodi determinanti per il perfezionamento dei requisiti prescritti per l’esercizio della facoltà di opzione (sia per acquisire la qualifica di iscritto al 31 dicembre 1995 che per il raggiungimento del requisito previsto per optare) deve essere versata in unica soluzione, mentre il restante onere è caricato sulle rate del piano di ammortamento.
L’INPS col messaggio n. 2564/2023 fa il l’esempio di un assicurato non iscritto al 31 dicembre 1995 che alla data della domanda ha solo 14 anni di contribuzione (ovviamente dal 1996 in poi) e che presenta domanda di riscatto del corso di laurea pari a 4 anni (48 mesi) collocati anteriormente al 1° gennaio 1996.
Di questi 48 mesi il contributo minimo deve essere calcolato col criterio della riserva matematica, cioè determinando la quota retributiva annua di pensione che spetterebbe se tutti i 48 mesi venissero riscattati con tale criterio.
A tale valore si applica il coefficiente corrispondente al sesso, età, anzianità contributiva raggiunta dopo il riscatto (nel caso 18 mesi – Tabella allegata al DM 31 agosto 2007 – dipendenti, e 22 aprile 2008 per gli autonomi).
Il risultato va diviso per il numero di mesi (48) o per il numero di settimane (208 in caso di dipendenti privati) al fine di ottenere il contributo minimo che va versato entro 90 giorni.
Dei 48 mesi, 12 mesi sono necessari per permettere di esercitare l’opzione contributiva: di conseguenza, l’equivalente di 12 mesi (comprensivo del contributo minimo conteggiato con la riserva matematica) andrà versato entro 90 giorni in un’unica soluzione e l’equivalente di 36 mesi residui potrà essere rateizzato.
Infine, una volta fatto il versamento in un’unica soluzione l’esercizio dell’opzione contributiva diventa irrevocabile.
Il mancato pagamento, a cura dell’interessato, della quota di onere da versare in unica soluzione entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento, è considerato come rinuncia alla domanda di riscatto che potrà però essere ripresentata in un altro momento.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la nota n. 5056 del 13 luglio 2023, pone l’attenzione sui profili di tutela dei lavoratori per i rischi legati ai danni da calore a causa delle particolari condizioni climatiche in atto.
A tal riguardo, diviene doveroso porre particolare attenzione in fase di vigilanza ispettiva nonché in occasione dell’attività di informazione e prevenzione rivolta ai datori di lavoro e ai lavoratori in modo tale da fornire utili elementi di conoscenza sugli effetti delle temperature estreme negli ambienti di lavoro e sulla relativa percezione del rischio.
In particolare, l’Ispettorato segnala che l’esposizione eccessiva allo stress termico comporta l’aumento del rischio infortunistico e, contestualmente, la prestazione lavorativa viene esposta a situazioni di particolari fragilità.
Le mansioni maggiormente colpite da tali fenomeni sono quelle che implicano un’attività all’aperto, specie nei settori più esposti al rischio come edilizia civile e stradale, settore agricolo, comparto marittimo e balneare.
Occorre segnalare che l’azienda ha la possibilità, in caso di temperature elevate registrate o “percepite” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto, di richiedere la cassa integrazione guadagni ordinaria evocando la causale “eventi meteo”.
Per i dipendenti in forza nel periodo compreso tra settembre 2021 e febbraio 2023, sono erogati gli arretrati in 10 rate mensili a decorrere dal mese di marzo 2023.
Per il solo personale docente della Scuola dell’infanzia inquadrato nel livello retributivo VI, fermo restando l’orario di 32 ore settimanali, al fine di garantire l’estensione temporale del servizio scolastico, può essere richiesto, da parte della Scuola, di svolgere fino a 100 ore aggiuntive per ogni anno scolastico, con il limite massimo di 4 ore aggiuntive la settimana. Il docente, nel rispetto della programmazione dell’attività della Scuola, è tenuto a prestarle.
A decorrere dal 1° settembre 2021 le aziende dovranno mettere a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare, elencati in via esemplificativa in calce al presente articolo, del valore di Euro 150,00, elevato a Euro 200,00 a partire dal 2022, con decorrenza dal 1° settembre di ciascuno anno e da utilizzare entro il 31 agosto di ogni anno successivo.
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 7 luglio 2020 ha durata dal 1° settembre 2020 al 31 agosto 2023 sia per la parte normativa nonché economica.
A decorrere dal 1° agosto 2023 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
L’INPS, con la circolare n. 58/2023, ha fornito le indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi alla misura dell’esonero contributivo in caso di assunzione di donne, di cui all’articolo 1, comma 298, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per il periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2023.
Normativa di riferimento
La Legge di Bilancio 2021 (Legge n. 178/2020) all’articolo 1, comma 16, ha riconosciuto un esonero contributivo del 100% nel limite massimo di Euro 6.000,00 in favore delle assunzioni di donne lavoratrici svantaggiate effettuate dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.
La legge di Bilancio 2023 (Legge n. 197/2022) ha confermato l’esonero anche per le nuove assunzioni, a tempo determinato o indeterminato, e per le trasformazioni a tempo indeterminato, di donne lavoratrici svantaggiate effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023. Il limite massimo di importo è stato innalzato ad Euro 8.000,00 annui.
Gli esoneri suddetti spettano in riferimento alle assunzioni di “donne lavoratrici svantaggiate”, ovverosia riconducibili alle seguenti categorie:
Da ciò consegue che, i fini del riconoscimento dei benefici in trattazione è richiesto uno stato di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) per le lavoratrici di almeno cinquanta anni di età oppure il rispetto, in combinato con ulteriori previsioni, del requisito di “priva di impiego regolarmente retribuito”.
L’incentivo in oggetto spetta anche in caso di rapporti di lavoro a scopo di somministrazione al contrario, invece, non spettano per i rapporti di lavoro intermittente. Così come sono esclusi dal beneficio i rapporti di apprendistato e i contratti di lavoro domestico.
Con riferimento alla durata del periodo agevolato, si chiarisce infine che, gli incentivi hanno durata:
Su questo secondo punto, occorre specificare che in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato allora i benefici sono riconosciuti per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di assunzione.
In caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine non agevolato i benefici saranno riconosciuti per complessivi 18 mesi ma a decorrere dalla data di trasformazione.
Gli incentivi spettano anche in caso di proroga del rapporto, fino al limite complessivo di 12 mesi.
Nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale è previsto che i massimali delle agevolazioni debbano essere proporzionalmente ridotti.
È opportuno precisare, poi, che è concessa la possibilità di sospendere il periodo di fruizione degli incentivi solo nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo così il differimento temporale del periodo di godimento.
Il diritto alla fruizione degli incentivi in oggetto è subordinato alle seguenti condizioni generali:
– rispetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 1175, della legge n. 296/2006, ossia:
– applicazione dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione così come disciplinati dall’articolo 31 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150.
L’applicazione degli esoneri contributivi non spetta ove ricorra una delle seguenti condizioni:
Per concludere, segnaliamo che l’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie comporta la perdita della parte di incentivo relativa al periodo compreso tra la data di decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, lo scorso 3 luglio, il testo di conversione in legge del D.L. 48/2023, anche detto “Decreto Lavoro”. Si forniscono di seguito alcuni commenti in merito alle principali novità attinenti all’ambito previdenziale e assistenziale.
Come noto il D.L. n. 48/2023, anche detto “Decreto lavoro”, vigente dal 5 maggio 2023, era intervenuto, tra gli altri, con misure volte a ridurre il cuneo fiscale, a contrastare la povertà e l’esclusione sociale e a promuovere politiche attive del lavoro, introducendo alcuni incentivi previsti in favore dei datori di lavoro che assumono particolari categorie di lavoratori, ovverosia i percettori dell’Assegno di Inclusione, i c.d. “NEET” e i portatori di disabilità, e prevedendo l’incremento dell’esonero parziale sulla contribuzione IVS a carico dei lavoratori dipendenti e della soglia di esenzione fiscale e contributiva dei cd. “fringe benefit”.
Con la pubblicazione in G.U. del 3 luglio 2023 n. 153 della Legge n. 85/2023, di conversione del “Decreto lavoro”, il legislatore non ha modificato l’impianto iniziale del Decreto-legge in parola, confermando interamente le misure sopra indicate, e ha introdotto altresì alcune interessanti novità in materia di riduzione del costo del lavoro per i datori di lavoro operanti nel settore turistico/alberghiero.
L’Assegno di Inclusione (istituito a decorrere dal 1° gennaio 2024) costituisce una misura di sostegno economico spettante ai nuclei familiari in possesso di specifici requisiti reddituali e composti, alternativamente, da almeno:
Con la Legge di conversione “Decreto Lavoro”, vengono confermate le previsioni dell’art. 10 del Decreto che introducono, a decorrere dal 1° gennaio 2024, in relazione ai futuri beneficiari dell’Assegno di Inclusione, un esonero contributivo fruibile fino ad un massimo di 12 mesi estendibile a 24 mesi in caso di trasformazione del contratto in oggetto nei casi di assunzione da parte di datori di lavoro di questi soggetti.
L’agevolazione contributiva è pari all’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, ad esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di 8.000 euro annui per 12 mesi, e viene riconosciuta per le assunzioni di lavoro subordinato a tempo indeterminato, siano queste a tempo pieno o parziale, o anche mediante contratto di apprendistato.
Lo sgravio è concesso, inoltre, anche ai datori di lavoro privati che assumano i beneficiari dell’Assegno con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, per un periodo massimo di 12 mesi – salva la previsione di un contratto di durata inferiore. In questo caso, l’esonero è previsto nella misura del 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 4.000 Euro, ad esclusione dei premi INAIL. In caso di stabilizzazione del dipendente a termine, viene confermata la previsione per cui l’agevolazione in trattazione può essere applicabile per 24 mesi complessivi dei quali i primi 12 riferiti al tempo determinato (massimo Euro 4.000,00 annui) e, in caso di trasformazione, per ulteriori 12 mesi (per Euro 8.000,00 annui).
Il “Decreto Lavoro” ha introdotto ulteriori agevolazioni, in favore delle imprese private che assumono dal 1° giugno 2023 al 31 dicembre 2023 i cosiddetti “NEET” (“Not in Education, Employment or Training”), ossia giovani “under 30” che non risultino impegnati in percorsi di istruzioni, di lavoro o di formazione, fermo restando l’obbligo di registrazione al programma operativo nazionale “Iniziativa occupazione giovani”.
Con la Legge di conversione “Decreto Lavoro”, vengono confermate le previsioni Decreto che prevedono il riconoscimento dell’incentivo ai datori di lavoro privati, previa istanza telematica da presentare all’INPS, che assumano i cosiddetti “NEET” con contratti a tempo indeterminato – anche in somministrazione – o per contratti di apprendistato professionalizzante o di mestiere. La durata dell’incentivo è pari a 12 mesi, durante i quali è previsto il riconoscimento al datore di lavoro di un contributo pari al 60 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per le nuove assunzioni effettuate di giovani:
Dall’esame del testo della Legge di conversione del “Decreto Lavoro”, si ritiene che l’agevolazione nei confronti dei soggetti “NEET” sia cumulabile con gli altri incentivi ed esoneri contributivi previsti dalla vigente normativa, in particolare con l’agevolazione “Under 36 per via dell’ambito di applicazione “comune”. In caso di cumulo tra più incentivi, è prevista la riduzione dell’incentivo “NEET” dal 60 al 20 per cento della retribuzione lorda mensile imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore “NEET” assunto.
Al fine di incentivare le competenze professionali e l’inclusione del mondo del lavoro dei giovani under 35 con disabilità, con la Legge di conversione del “Decreto Lavoro” vengono confermate le disposizioni di cui l’articolo 28 del Decreto, in base alle quali viene istituito un fondo destinato agli enti del terzo settore, alle associazioni di volontariato e alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che intendano concludere contratti di lavoro a tempo indeterminato tra il 1° agosto 2022 e il 31 dicembre 2023 con soggetti portatori di disabilità.
Con lo scopo di incrementare la retribuzione netta dei lavoratori dipendenti per effetto del taglio del c.d. “cuneo fiscale”, con la Legge di conversione del “Decreto Lavoro” vengono confermate le disposizioni di cui all’articolo 39 del Decreto che prevedono l’incremento del 4% relativo all’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali per IVS (invalidità, la vecchiaia e i superstiti) a carico degli stessi per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, con esclusione della tredicesima mensilità. Pertanto, l’esenzione già prevista è aumentata fino al 7% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di Euro 1.923,00 e al 6% fino all’importo mensile di Euro 2.692,00.
Al fine di garantire la stabilità occupazionale e di sopperire all’eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale, con il testo di conversione in legge del “Decreto Legge” viene introdotto il nuovo art. 39 bis il quale prevede che per il periodo dal 1° giugno 2023 al 21 settembre 2023 ai lavoratori del settore privato – titolari di un reddito da lavoro dipendente nel periodo di imposta 2022 non superiore a 40.000,00 euro – del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, è riconosciuto un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del D.lgs. n. 66/2003, effettuato nei giorni festivi. Il trattamento fiscale sostitutivo deve essere richiesto dal lavoratore per iscritto, con dichiarazione dell’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno 2022, mentre il sostituto d’imposta compensa il credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo speciale mediante compensazione in F24.
Con la Legge di conversione del “Decreto Lavoro” vengono confermate per il solo anno 2023, e in deroga a quanto previsto dall’articolo 51 comma 3 del TUIR, le disposizioni di cui all’articolo 40 del Decreto, in base alle quali la soglia di esenzione dei cd. “fringe benefits” viene innalzata da Euro 258,23 a 3.000,00 Euro annui, per il singolo lavoratore con figli fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.) – anche se riconosciuti o adottati – ovvero i cui redditi non superano la soglia per essere considerati fiscalmente a carico, pari 2.840,51 euro oppure 4.000,00 euro se hanno meno di 24 anni. I benefits possono essere erogati anche ad personam, e possono comprendere anche le somme rimborsate o erogate dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Il decreto prevede un ridimensionamento delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali. In caso di omissione delle ritenute previdenziali per un importo inferiore a 10.000,00 euro, la nuova sanzione è fissata nella misura da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso (precedentemente, la sanzione era fissata da 10.000,00 a 50.000,00 euro).
Inoltre, per le violazioni riferite ai periodi di omissione dal 1° gennaio 2023, gli estremi della violazione devono essere notificati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’annualità oggetto di violazione.
In occasione del nostro Team Meeting, tra i vari argomenti, abbiamo discusso dell’ultima circolare emanata dall’INPS in merito alla conversione in #welfare del #premio di risultato, con particolare riferimento ai vantaggi per i lavoratori in termini di esenzione e agli obblighi contributivi ricadenti sul datore di lavoro.
Se vuoi approfondire questo argomento, contattaci o richiedi qui le nostre slide.
Roberta De Felice ha partecipato al convegno promosso da Assidim dal titolo: ”Contratti, accordi integrativi e regolamenti nei piani di welfare aziendale: implicazioni e vantaggi per le aziende”. L’intervento si è concentrato sulle corrette azioni da intraprendere per predisporre un piano di welfare aziendale efficiente, come la giusta modalità di implementazione e la valutazione dei beni da offrire ai propri dipendenti anche tramite la mappatura della popolazione aziendale.
Qui il link per vedere il suo intervento.
Dallo scorso 15 giugno, i datori di lavoro costretti a sospendere l’attività a causa degli eventi alluvionali che hanno colpito l’Emilia-Romagna, le Marche e la Toscana possono presentare l’istanza in modalità semplificata per accedere all’ammortizzatore sociale unico previsto dal decreto Alluvioni, ossia il Decreto-Legge n. 61 del 2023.
L’ammortizzatore è stato introdotto al fine di tutelare datori di lavoro e lavoratori danneggiati dall’evento alluvionale e fronteggiare la situazione di emergenza.
A questo proposito, l’INPS – con la circolare n. 53 del 2023 – ne ha fornito le istruzioni operative. In particolare, i datori sono esonerati dall’obbligo di informazione e consultazione sindacale così come dal versamento dei contributi addizionale (D. lgs. n. 148/2015). Inoltre, è prevista una deroga nella tempistica di invio delle istanze, per le quali è necessario compilare un flusso informativo, esclusivamente in formato CSV.
È prevista l’erogazione di un premio annuo lordo pari ad Euro 500,00 per il dipendente che nel periodo compreso tra il 1° luglio ed il 30 giugno dell’anno successivo effettua 258 giornate di lavoro.
A decorrere dalla mensilità del mese di luglio 2023, l’elemento provvisorio di retribuzione è pari al 50% del tasso annuo programmato di inflazione, da calcolarsi sui minimi retributivi.
A decorrere dalla mensilità del mese di luglio 2023, le parti concordano l’erogazione di un aumento economico in welfare pari ad Euro 60,00.
Le organizzazioni ANPAS erogheranno, con la retribuzione del mese di luglio di ogni anno, un Elemento di garanzia retributiva pari ad Euro 120,00 lordi annui qualora non sia stato definito un accordo di secondo livello territoriale entro il 31 dicembre 2018.
Per i dipendenti in forza nel periodo compreso tra settembre 2021 e febbraio 2023, sono erogati gli arretrati in 10 rate mensili a decorrere dal mese di marzo 2023.
A decorrere dal 1° luglio 2023, l’aliquota contributiva a carico dell’Azienda è incrementata dello 0,10% della retribuzione utile per il calcolo del T.F.R. e, pertanto, sarà pari al 2,40% della stessa.
A decorrere dalla mensilità del mese di luglio 2023, è elevato al 2,40% della retribuzione utile al computo del TFR il contributo a carico dell’impresa al Fondo nazionale pensione complementare Concreto.
A decorrere dal 1° luglio 2023, la quota contrattuale di servizio per il finanziamento dell’Ente Bilaterale Nazionale è fissata allo 0,10% della paga base e contingenza, per quattordici mensilità, di cui lo 0,05% a carico del datore di lavoro e il restante 0,05% a carico del lavoratore.
Le organizzazioni Misericordie erogheranno, con la retribuzione del mese di luglio di ogni anno, un Elemento di garanzia retributiva pari ad Euro 80,00 lordi annui qualora non sia stato definito un accordo di secondo livello territoriale entro il 31 dicembre 2014.
Il Fondo Arco è aumentato dello 0,40% in due tranche di pari importo da corrispondere il 1° luglio 2023 ed il 1° luglio 2024.
Il 1° luglio di ogni anno, le aziende devono mettere a disposizione dei lavoratori, che abbiano superato il periodo di prova, strumenti di welfare per un importo annuo pari ad Euro 200,00 da utilizzare entro il 30 giugno dell’anno successivo.
A decorrere dal 1° luglio 2023, per ogni consecutivo triennio di anzianità di servizio, il lavoratore assunto a tempo indeterminato matura un aumento periodico diverso in base al livello di appartenenza.
I lavoratori hanno diritto a fruire di un periodo annuale di ferie come quanto segue:
A copertura forfettaria del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, ai lavoratori ancora in servizio alla data di sottoscrizione del presente accordo (ossia 7 febbraio 2023) viene corrisposto entro il mese di luglio 2023 un importo pari ad Euro 200,00 per lavoratore, da riconoscersi, salvo diversa intesa aziendale, in buoni benzina o analoghi titoli per l’acquisto di carburanti.
A decorrere dal 1° luglio 2023 il contributo da destinare in favore dell’Ente Bilaterale è pari allo 0,4% per gli iscritti alla Faci ed a Fiudac/S 0,4%, per i non iscritti a Faci ammonta al 2,5%, infine per i non iscritti a Fiudac-S è pari al 2%. La percentuale è calcolata sul valore convenzionale di Euro 1.000,00 per 13 mensilità. Per il personale part time, il contributo è riproporzionato in base alla percentuale di part time.
A decorrere dal mese di luglio 2023 è previsa, in favore del personale dipendente, l’erogazione di buoni pasto il cui valore giornaliero è determinato in Euro 5,00.
Sono previsti scatti di anzianità biennali da corrispondere fino al raggiungimento del 40° anno di servizio con lo stesso datore di lavoro. A tal proposito, l’importo degli scatti maturati successivamente al 1° luglio 2023 è determinato in Euro 28,00 per i lavoratori con anzianità di servizio superiore ai dieci anni e ad Euro 18,00 per i lavoratori con anzianità di servizio inferiore ai dieci anni.
Per i dipendenti in forza nel periodo gennaio 2018 – dicembre 2020 è prevista l’erogazione di un importo a titolo di “una tantum” pari ad Euro 680,00. Nel mese di luglio 2023 viene corrisposta la terza tranches pari ad Euro 280,00.
Per il personale in forza alla data di sottoscrizione del C.C.N.L. è prevista una variazione di livello.
È prevista la possibilità di erogare un versamento “Una tantum” pari ad Euro 1,80 per dipendente a partire dal 14 aprile 2023 fino al termine del 31 luglio 2023 per la formazione e addestramento professionale.
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sottoscritto in data 6 agosto 2020 ha scadenza il giorno 31 luglio 2023.
A decorrere dal 1° luglio 2023 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
L’INPS, con la circolare n. 49/2023, sulla base degli interventi normativi che si sono succeduti negli ultimi anni, ha recepito l’ampliamento delle misure per favorire l’erogazione di interventi di welfare aziendale a favore dei lavoratori subordinati ed ha effettuato una ricognizione del quadro normativo e delle interazioni con il trattamento contributivo dei premi d risultato trasformati in misure di welfare.
Il Legislatore, con la Legge n. 208/2015 e la Legge n. 232/2016 (rispettivamente, Legge di Bilancio 2016 e Legge di Bilancio 2017), ha introdotto in via strutturale i “premi di risultato” – di seguito, anche “PdR” – ovverosia somme di ammontare variabile erogate ai lavoratori dipendenti la cui corresponsione è legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, nonché somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
I compensi in oggetto sono assoggettati ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali del 10%, per un importo complessivo di Euro 3.000,00 lordi. Possono beneficiare del trattamento fiscale di favore i lavoratori del settore privato titolari di un contratto di lavoro subordinato, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, che nell’anno precedente a quello di percezione del premio siano stati titolari di redditi di lavoro dipendente per un importo non superiore a Euro 80.000,00.
Oltre alla diretta corresponsione in denaro del premio di risultato spettante al lavoratore, la Legge n. 208/2015 ha previsto la possibilità, su richiesta da parte del lavoratore, di convertire la somma spettante a titolo di PdR e riceverla sotto forma di welfare aziendale, ove presente. Le predette somme agevolate potranno dunque essere sostituite da uno o più servizi esenti da contribuzione previdenziale sia per il datore di lavoro che per il lavoratore.
Oltre ai requisiti soggettivi, al fine di applicare il regime di favore, la normativa prevede che il premio di risultato debba essere:
La Legge n. 197/2022, c.d. Legge di Bilancio 2023, all’articolo 1 comma 63 ha previsto che, per il solo anno d’imposta 2023, le somme erogate a titolo di premio di risultato corrisposte in favore dei lavoratori saranno soggette all’imposta sostitutiva del 5%.
Non esiste, invece, una disciplina legislativa unitaria in tema di welfare aziendale. Si considera come welfare aziendale l’insieme dei beni e servizi che un datore di lavoro eroga – sulla base di un accordo stipulato con le rappresentanze sindacali, oppure in virtù di un regolamento unilaterale – in favore dei propri lavoratori dipendenti al fine di soddisfare alcuni bisogni di carattere extra lavorativo.
Tale fenomeno è venuto alla luce grazie alla combinazione di alcune norme fiscali dettate dal DPR n. 917/1986 – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, anche detto “TUIR” – prevalentemente contenute nell’articolo 51, dove una serie di beni e servizi viene esclusa dalla nozione di retribuzione imponibile, e nell’articolo 100, che prevede la deducibilità delle “spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.
Ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR, rientrano nella nozione di reddito da lavoro dipendente e di conseguenza sono soggetti a tassazione e a contribuzione previdenziale ordinaria, “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. A tale principio di onnicomprensività della retribuzione fanno eccezione le esplicite deroghe disposte dal secondo comma dell’articolo 51 del TUIR.
La Legge di Bilancio 2017, apportando alcune modifiche alla Legge di Bilancio 2016, ha previsto che non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente, né sono soggetti ad imposta sostitutiva qualora, in sostituzione dei premi di risultato, siano percepiti o goduti dal lavoratore, per sua scelta:
In relazione all’ipotesi della lettera a), quindi, viene estesa la disciplina per cui le somme erogate a titolo di premio di risultato e partecipazione agli utili non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, né sono soggette all’imposta sostitutiva, anche nel caso della loro destinazione a contributi a forme pensionistiche complementari. La norma prevede, inoltre, che le somme relative al premio possano essere portate in deduzione dal reddito personale anche se eccedenti i limiti. L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 5/E/2018, ha precisato che “la sostituzione, in esenzione di imposta, del premio di risultato con contributi alla previdenza complementare […] era già possibile in base alle ordinarie regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente, dal momento che tali contributi trattenuti dal datore di lavoro rientrano nella previsione di cui all’articolo 51, comma 2, lettera h)”.
Per quanto concerne il regime previdenziale applicabile, su disposizioni del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in applicazione dell’articolo 12 della Legge n. 153/1969, i contributi versati su richiesta del lavoratore alle forme pensionistiche complementari, in sostituzioni di tutto o in parte del PdR, devono essere assoggettati a un contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro.
Le stesse considerazioni devono ritenersi valide per l’ipotesi alla lettera b) in quanto, anche in questo caso, le somme del PdR che vengono convertite in contribuzione da versare in favore di casse assistenziali sono escluse dal reddito da lavoro dipendente e, ai fini contributivi, il comma 4 del già citato articolo 12 della Legge n. 153/1969, contempla che siano assoggettati al contributo di solidarietà al 10% a carico del datore di lavoro i contributi a “casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione”.
Infine, con riferimento al caso di sostituzione dei premi di risultato con azioni offerte alla generalità dei dipendenti di cui alla lettera c) si osserva che il legislatore ha introdotto una deroga alla lettera g) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR con riferimento non solo al limite di valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, ma anche alle condizioni che richiedono l’attribuzione delle azioni alla generalità dei dipendenti e la non cedibilità delle azioni da parte del dipendente prima del triennio, nonché – anche oltre tale termine – al datore di lavoro o alla società emittente.
Con la circolare n. 46 del 17.05.2023, l’INPS ha fornito alcuni importanti chiarimenti in merito agli obblighi informativi e contributivi cui è tenuto il curatore nelle ipotesi di interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato nelle fattispecie disciplinate dal D.Lgs. n. 14/2019, modificato ad opera del D.Lgs. 83/2022 (recepimento della direttiva UE 2019/1023), recante il “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” (di seguito anche CCII), entrato in vigore il 15 luglio 2022.
In particolare, l’ente nella propria circolare ripercorre le novità normative introdotte dal nuovo “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” e fornisce le indicazioni operative per la gestione del contributo NASPI dovuto per le interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato alla luce delle disposizioni del CCII.
In via preliminare, si segnala che il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, così come disciplinato dal D.Lgs. n. 14/2019, comprende specifiche disposizioni dedicate alla gestione dei rapporti di lavoro subordinato, in particolare agli articoli 189 e 376.
Infatti, l’art. 376 del citato D.Lgs. n. 14/2019 , modificando l’articolo 2119 del codice civile, sancisce che “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa. Gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro sono regolati dal codice della crisi e dell’insolvenza”.
A riguardo, secondo l’articolo 189, l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento.
Tuttavia, il curatore deve procedere a intimare il licenziamento al ricorrere dei presupposti e per le ragioni indicate dallo stesso articolo 189, ossia “qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti all’assetto dell’organizzazione del lavoro”.
Pertanto, i rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa restano sospesi fino alla comunicazione ai lavoratori di subentro del curatore o di recesso, che ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.
La sospensione dei rapporti di lavoro è finalizzata a consentire al curatore di valutare la possibilità di continuazione dell’attività aziendale (in via diretta o indiretta) e sussiste sino a quando il curatore non subentri nel rapporto di lavoro oppure non intimi al lavoratore il licenziamento o nei casi in cui quest’ultimo non rassegni le dimissioni.
Ciò detto, i rapporti “sospesi” si intendono comunque risolti di diritto trascorsi quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione Giudiziale.
La sospensione può essere prorogata per un massimo di otto mesi – qualora ricorrano i presupposti di cui all’articolo 189, comma 4, del CCII, e cioè su disposizione del Giudice delegato, a seguito di istanza che può essere inoltrata dal curatore, dal direttore dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro del luogo dove è stata aperta la liquidazione giudiziale o, infine, a seguito di istanza presentata dai singoli lavoratori. In tale ultimo caso, la proroga ha effetto solo nei confronti dei lavoratori istanti.
Infine, le dimissioni del lavoratore intervenute nel periodo di sospensione, intese come rassegnate per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 del codice civile, hanno effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, a patto che il lavoratore non sia beneficiario di trattamenti di cassa integrazione (di cui al titolo I e II del D.Lgs. 148/2015), in quanto, in tal caso, non sono considerate per giusta causa e non avranno effetto retroattivo.
Con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato, l’articolo 189, comma 9, del Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza, stabilisce che durante l’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione giudiziale da parte del curatore, i rapporti di lavoro subordinato in essere proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderli o procedere al licenziamento ai sensi della disciplina lavoristica ordinaria vigente.
Pertanto, in caso di sospensione si applicano, in quanto compatibili, le sopra menzionate disposizioni di cui all’articolo 189, in tema di recesso del curatore, di risoluzione di diritto del rapporto di lavoro e di dimissioni del lavoratore per giusta causa.
Nei casi di licenziamento collettivo, i rapporti di lavoro si interrompono dalla data in cui il curatore comunica la risoluzione.
Non cambiano, a riguardo, le disposizioni normative di riferimento, che restano quelle previste dagli artt. 4 e 24 della Legge n. 223/1991, ma è utile segnalare che il Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza ha previsto una specifica procedura semplificata per i licenziamenti collettivi intervenuti durante la procedura di liquidazione.
Inoltre, nei casi di licenziamento collettivo, raggiunto l’accordo sindacale, o comunque esaurita la procedura, il curatore provvede a ogni atto conseguente ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della Legge n. 223/1991, in seguito ai quali la risoluzione di diritto (con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale), non si applica quando il curatore abbia avviato la procedura di licenziamento collettivo.
Infine, non è applicabile la risoluzione di diritto al termine del periodo di sospensione di quattro od otto mesi in pendenza di procedure di licenziamento collettivo già avviate dal curatore.
Nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro sopra descritte, sia per recesso da parte del curatore, che per dimissioni del lavoratore durante il periodo di sospensione – qualora rientrino nella fattispecie considerata per giusta causa – nonché per risoluzione di diritto allo spirare del periodo di sospensione del rapporto di lavoro, si pone il problema dell’obbligo o meno del pagamento del ticket licenziamento ex art. 2, cc. da 31 a 35, della Legge n. 92/2012 e successive modificazioni.
Infatti, l’art. 2, c. 31, Legge n. 92/2012, che ha introdotto il cd. ticket licenziamento, dispone che tale contributo è sempre dovuto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, potrebbero, anche solo potenzialmente, far nascere il diritto a percepire la NASpI.
Ciò premesso, posto che l’art. 190 del D.Lgs. n. 14/2019, che disciplina il Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza, afferma che la cessazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 189 del medesimo decreto, costituisce perdita involontaria del lavoro e configura quindi il diritto alla NASPI, con la circolare n. 46/2023 l’INPS conferma che l’obbligo di pagamento del ticket sussiste per ogni tipologia di cessazione di cui al richiamato art. 189 D.Lgs. 14/2019.
Tuttavia, nei casi di interruzione del rapporto di lavoro previsti dall’art. 189 D.Lgs. n. 14/2019, l’importo del ticket NASPI è ammesso al passivo come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale, ed il curatore, non può procedere materialmente al pagamento.
Pertanto, si dovrà provvedere comunque all’invio dei relativi flussi Uniemens entro il mese successivo a quello della comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro, mentre sarà onere della struttura INPS territorialmente competente procedere con la gestione del recupero del credito.
Al contrario, per le interruzioni dei rapporti di lavoro avvenute durante l’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione giudiziale, i relativi crediti sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 221, c. 1, lett. a), e art. 6, lett. d) del Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza.
A decorrere dal 1° giugno è istituito il Premio aziendale di produttività. Il quale verrà erogato nei casi in cui si verifichino specifici valori di incremento provvigionale, ossia aggiuntivo rispetto al tasso di inflazione reale.
A decorrere dal 1° giugno è istituito il Premio di produzione. a condizione per la corresponsione del premio si verifica in caso di specifici valori di incremento di produttività individuale, aggiuntivo rispetto al tasso di inflazione reale, misurato con la stessa metodologia utilizzata per determinare gli aumenti contrattuali.
Il CCNL ha previsto, in favore dei lavoratori in servizio nel periodo compreso tra settembre 2021 e febbraio 2023, l’erogazione di arretrati. Il pagamento è erogato a decorrere dalla mensilità del mese di marzo e l’importo totale è compreso tra Euro 1.607,41 e Euro 803,70, suddiviso in 10 rate mensili, una delle quali interesserà dunque la mensilità di giugno 2023.
L’elemento di garanzia retributiva (elevato ad euro 240 dal 1° gennaio 2017, uguale per tutti i lavoratori) con decorrenza dall’anno 2021, è erogato con la retribuzione del mese di giugno di ogni anno.
Per ciascun familiare fiscalmente a carico che risulti portatore di handicap ai sensi della legge n. 104/1992, viene corrisposto un contributo annuale di Euro 1.032,91; tale contributo va corrisposto entro il mese di giugno di ciascun anno, su presentazione di certificazione medica attestante per l’anno in corso il sussistere delle anzidette condizioni; tale contributo assorbe fino a concorrenza, le analoghe provvidenze economiche correnti a livello regionale o aziendale.
Per ciascun familiare fiscalmente a carico che risulti portatore di handicap ai sensi della Legge 104/1992 viene corrisposto un contributo annuale di Euro 1.500,00; tale contributo deve essere corrisposto entro il mese di giugno di ciascun anno, su presentazione di certificazione medica attestante per l’anno in corso il sussistere delle anzidetto condizioni. Il contributo assorbe fino a concorrenza, le analoghe provvidenze economiche correnti a livello regionale o aziendale.
Con le competenze del mese di giugno è riconosciuto un importo annuo di Euro 170 lordi ai dipendenti a tempo indeterminato delle aziende prive di riconoscimenti economici derivanti da contrattazione di secondo livello, a livello di Gruppo aziendale o di unità produttiva (premio di risultato, premio di produzione, erogazioni di cui all’art. 51 comma 7 o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione) che nel corso dell’anno precedente (1° gennaio – 31 dicembre) non abbiano percepito altri trattamenti economici collettivi comunque soggetti a contribuzione oltre a quanto spettante dal presente CCNL.
Ai lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio di ogni anno nelle aziende che non abbiano mai stipulato contrattazione aziendale o alternativamente territoriale e che nei precedenti quattro anni non abbiamo ricevuto nessun altro trattamento economico individuale o collettivo in aggiunta a quanto spettante a norma di CCNL, è riconosciuta con le competenze del mese di giugno dell’anno successivo un importo di Euro 100,00 lordi ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di un trattamento aggiuntivo a quello fissato dal CCNL.
Il premio aziendale viene erogato, di norma, con le competenze del mese di giugno 2023 e a condizione che il bilancio 2022 non presenti perdita di esercizio.
L’elemento di garanzia retributiva (elevato ad Euro 240 dal 1° gennaio 2017, uguale per tutti i lavoratori) con decorrenza dall’anno 2021, è erogato con la retribuzione del mese di giugno di ogni anno.
A decorrere dal 1° gennaio 2023 l’importo dell’elemento di garanzia retributiva è di Euro 210,00 lordi annui. Il trattamento viene erogato in unica soluzione con le competenze del mese di giugno.
Nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello, ai dipendenti a tempo indeterminato, ai lavoratori dipendenti a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi ed alle altre tipologie di lavoro subordinato in forza al 1° gennaio di ogni anno, che abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusivamente da importi retributivi fissati dal ceni (lavoratori privi di superminimi collettivi od individuali, premi annui o altri compensi comunque soggetti a contribuzione) è riconosciuto un importo annuo pari a euro 150,00 lordi, ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza.
A decorrere dal 1° giugno 2019 l’importo dell’Elemento di Garanzia Retributiva è di Euro 190 lordi annui.
Il trattamento viene erogato in unica soluzione con le competenze del mese di giugno ed è corrisposto pro-quota con riferimento a tanti dodicesimi quanti sono stati i mesi di servizio prestati dal lavoratore, anche in modo non consecutivo, nell’anno precedente.
Ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno nelle cooperative prive di contrattazione di secondo livello riguardante il Premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno precedente (1° gennaio – 31 dicembre) abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusivamente dagli importi retributivi fissati dal CCNL (lavoratori privi di super minimi collettivi o individuali, premi annui o altri importi retributivi comunque soggetti a contribuzione), è corrisposta, a titolo perequativo, con la retribuzione del mese di giugno, una cifra annua pari a 485 Euro, omnicomprensiva e non incidente sul TFR, ovvero una cifra inferiore fino concorrenza, in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle fissate dal CCNL, in funzione della durata, anche non consecutiva, del rapporto di lavoro nel corso dell’anno precedente.
Le aziende attivano a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti piani di “benefici flessibili” per un costo massimo Euro 200.
Alla luce della variazione dei minimi tabellari complessivi concordati nell’Accordo di Rinnovo 5 febbraio 2021, le Parti hanno stabilito specifiche percentuali relative all’utile minimo di cottimo da valere per il periodo dal 1° giugno 2021 al 1° giugno 2024.
Ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello riguardante il Premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno precedente abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusivamente da importi retributivi fissati dal CCNL (lavoratori privi di superminimi collettivi o individuali, premi annui o altri importi retributivi comunque soggetti a contribuzione), è corrisposta, a titolo perequativo, con la retribuzione del mese di giugno, una cifra annua pari a Euro 485, onnicomprensiva e non incidente sul TFR ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle fissate dal CCNL, in funzione della durata, anche non consecutiva, del rapporto di lavoro nel corso dell’anno precedente.
Entro il 1° giugno di ciascun anno le aziende mettono a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare, elencati in via esemplificativa, del valore di Euro 200 da utilizzare entro il 31 maggio dell’anno successivo.
A decorrere dall’anno 2008, ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno, nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello con contenuti economici e che nel corso dell’anno precedente (1° gennaio – 31 dicembre) abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusivamente da importi retributivi fissati dal CCNL (lavoratori privi di superminimi collettivi o individuali, premi annui o altri compensi comunque soggetti a contribuzione), è corrisposta, a titolo perequativo, con la retribuzione del mese di giugno, una cifra annua pari a Euro 485 onnicomprensiva e non incidente sul trattamento di fine rapporto, ovvero una cifra inferiore, fino a concorrenza, in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle fissate dal CCNL, in funzione della durata, anche non consecutiva, del rapporto di lavoro nel corso dell’anno precedente. La frazione di mese superiore a 15 giorni sarà considerata, a questi effetti, come mese intero.
I lavoratori assunti con il c.d. Contratto Socrate (O.S.C.) sono inquadrati secondo quanto previsto all’art. 10 del CCNL in base alle mansioni assegnate e hanno diritto sia a tutti i trattamenti ivi stabiliti che a quelli in atto in azienda, purché compatibili con la natura del contratto a termine. A decorrere dal 1° giugno, per i soli lavoratori assunti con questa tipologia contrattuale, sono previsti gli aumenti dei minimi retributivi.
Le imprese prive di contrattazione di secondo livello e che non abbiano sottoscritto le apposite intese erogano, nel mese di giugno, ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno, ai quali non sia nemmeno stato riconosciuto, nel corso dell’anno precedente (1° gennaio – 31 dicembre), un trattamento retributivo aggiuntivo rispetto a quelli fissati dal CCNL (superminimi collettivi o individuali, premi annui o altri compensi comunque soggetti a contribuzione), un elemento retributivo annuo pari a Euro 485, onnicomprensivo e non incidente sul trattamento di fine rapporto, ovvero inferiore, fino a concorrenza, in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle fissate dal CCNL.
Le imprese prive di contrattazione aziendale dovranno corrispondere ai dipendenti in forza al 1° gennaio di ogni anno un importo pari ad Euro 485,00 unitamente alla retribuzione del mese di giugno. Tale importo sarà proporzionalmente ridotto in caso di contratto part-time ed in base ai mesi di anzianità di ogni lavoratore nell’anno precedente. I dipendenti che abbiano comunque percepito a qualsiasi titolo importi aggiuntivi rispetto ai minimi contrattuali riceveranno la somma suddetta fino a concorrenza.
Le aziende a decorrere dal 1° giugno 2021, sono tenute, al primo giugno di ogni anno, a mettere a disposizione dei lavoratori, che abbiano superato il periodo di prova, strumenti di welfare per un importo annuo pari ad Euro 200,00 da utilizzare entro il 31 maggio dell’anno successivo. Tale importo verrà proporzionalmente ridotto in caso di contratto part-time ed in base ai mesi di anzianità di ogni lavoratore nel periodo intercorrente dal 1° giugno dell’anno precedente al 31 maggio dell’anno in corso.
L’elemento di garanzia retributiva (elevato ad Euro 240 dal 1° gennaio 2017, uguale per tutti i lavoratori) con decorrenza dall’anno 2021, è erogato con la retribuzione del mese di giugno di ogni anno.
A decorrere dal 2022, ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello riguardante il Premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno precedente (1° gennaio – 31 dicembre) abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusivamente da importi retributivi fissati dal CCNL (lavoratori privi di superminimi collettivi o individuali, premi annui o altri importi retributivi comunque soggetti a contribuzione), è corrisposta, a titolo perequativo, con la retribuzione del mese di giugno, una cifra annua lorda pari a Euro 250,00, onnicomprensiva e non incidente sul TFR ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quelle fissate dal CCNL, in funzione della durata, anche non consecutiva, del rapporto di lavoro nel corso dell’anno precedente. La frazione di mese superiore a 15 giorni sarà considerata, a questi effetti, come mese intero.
Entro il mese di giugno di ogni anno, le aziende dovranno mettere a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare, elencati in via esemplificativa in calce al presente articolo, del valore di Euro 200,00 da utilizzare entro il 31 maggio dell’anno successivo.
L’elemento di garanzia retributiva (elevato ad Euro 240 dal 1° gennaio 2017, uguale per tutti i lavoratori) con decorrenza dall’anno 2021, è erogato con la retribuzione del mese di giugno di ogni anno.
L’elemento di garanzia retributiva (elevato ad Euro 240 dal 1° gennaio 2017, uguale per tutti i lavoratori) con decorrenza dall’anno 2021, è erogato con la retribuzione del mese di giugno di ogni anno.
Ai lavoratori in servizio al 1° gennaio di ogni anno, le imprese che non hanno definito accordi per la contrattazione di secondo livello con le 00. SS. firmatarie del presente CCNL e fatto salvo accordi di miglior favore, quale il premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione, va corrisposta con la retribuzione del mese di giugno, una mensilità aggiuntiva.
Le Parti, riconoscendo l’importanza e la convenienza per i Lavoratori delle prestazioni di Welfare, concordano un welfare contrattuale pari al valore minimo annuo di Euro variabili in base all’anno di esercizio e al livello di inquadramento del lavoratore.
Il datore di lavoro mette a disposizione un welfare contrattuale pari ad Euro 600,00 annui per i quadri ed Euro 300,00 per tutti gli altri livelli di inquadramento.
L’elemento di garanzia retributiva (elevato ad Euro 240 dal 1° gennaio 2017, uguale per tutti i lavoratori) con decorrenza dall’anno 2021, è erogato con la retribuzione del mese di giugno di ogni anno.
Nel mese digiugno 2023 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dal suddetto contratto.
È prevista la variazione di livello per il personale in forza alla data di sottoscrizione del CCNL.
Limitatamente all’anno 2023, entro la data del 30 giugno 2023, va erogato un importo forfetario pari a Euro 250,00, non riproporzionato in base alla scala parametrale, a tutti i lavoratori.
Le Parti convengono di incontrarsi entro il 30 giugno 2023 per avviare la rivisitazione e l’eventuale revisione di quegli articoli della parte specifica Fairo che lo necessitassero, propedeutici al rinnovo della stessa, tenuto conto dell’evoluzione del negoziato teso al rinnovo della parte generale, comune a tutte le parti datoriali e sindacali.
Ai tele-radio giornalisti va corrisposta al 30 giugno un’indennità redazionale pari a Euro 258,23.
Nel mese di giugno 2023 è previsto l’incremento dei minimi retributivi per i seguenti CCNL:
Il D.L. 48/2023, anche detto “Decreto lavoro”, è intervenuto, tra gli altri, sugli incentivi previsti in favore dei datori di lavoro che assumono particolari categorie di lavoratori, ovverosia i percettori dell’Assegno di Inclusione, i c.d. “NEET” e i portatori di disabilità.
In generale, l’Assegno di Inclusione costituisce una misura di sostegno economico spettante ai nuclei familiari composti, alternativamente, da almeno (i) un soggetto disabile, (ii) un minorenne, (iii) un soggetto con più di sessant’anni di età o (iv) un invalido civile.
In relazione ai futuri beneficiari dell’Assegno di Inclusione (istituito dall’articolo 1 del decreto in oggetto a decorrere dal 1° gennaio 2024), il testo di legge prevede, nei casi di assunzione da parte di datori di lavoro di questi soggetti, un esonero contributivo fruibile fino ad un massimo di 12 mesi estendibile a 24 mesi in caso di trasformazione del contratto in oggetto.
A tal proposito, l’articolo 10 del Decreto lavoro, con riferimento agli incentivi economici riconosciuti in capo ai datori di lavoro privati che assumono i soggetti beneficiari dell’assegno di cui sopra, ha disposto un’agevolazione pari all’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, ad esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di 8.000 euro annui per 12 mesi. Tale esonero verrà riconosciuto per le assunzioni di lavoro subordinato a tempo indeterminato, siano queste a tempo pieno o parziale, o anche mediante contratto di apprendistato.
Lo sgravio è concesso, inoltre, ai datori di lavoro privati che assumano i beneficiari dell’Assegno con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, per un periodo massimo di 12 mesi – salva la previsione di un contratto di durata inferiore. In questo caso, l’esonero è previsto nella misura del 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, ad esclusione dei premi INAIL, nel limite massimo di 4.000 euro su base annua.
Dall’esame della norma si evince come l’agevolazione in trattazione possa essere applicabile per 24 mesi complessivi in caso di stabilizzazione del dipendente a termine, dei quali i primi 12 riferiti al tempo determinato (massimo Euro 4.000,00 annui) e, in caso di trasformazione, per ulteriori 12 mesi (per Euro 8.000,00 annui).
Ulteriori agevolazioni sono state previste, in favore delle imprese private, nei casi di assunzione di giovani “under 30” che non risultino impegnati in percorsi di istruzioni, di lavoro o di formazione, i cosiddetti “NEET” (“Not in Education, Employment or Training”), a patto che risultino registrati al programma operativo nazionale “Iniziativa occupazione giovani”.
Ai sensi dell’articolo 27 del Decreto lavoro, l’incentivo è riconosciuto ai datori di lavoro privati che assumano giovani cosiddetti “NEET” con contratti a tempo indeterminato – anche in somministrazione – o per contratti di apprendistato professionalizzante o di mestiere.
L’incentivo in oggetto perdura per un periodo di 12 mesi e prevede il riconoscimento al datore di lavoro di un contributo pari al 60 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per le nuove assunzioni effettuate dal 1° giugno 2023 al 31 dicembre 2023 di giovani:
L’agevolazione nei confronti dei soggetti “NEET” si ritiene cumulabile con gli altri incentivi ed esoneri contributivi previsti dalla vigente normativa, tra cui di particolare interesse per via dell’ambito di applicazione “comune” risulta essere l’agevolazione “Under 36”, prorogata dall’art. 1, comma 297 della Legge di Bilancio 2023. In caso di cumulo tra più incentivi, il comma 2 dispone la riduzione dell’incentivo “NEET” dal 60 al 20 per cento della retribuzione lorda mensile imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore “NEET” assunto.
Con lo scopo di incentivare le competenze professionali e l’inclusione del mondo del lavoro dei giovani under 35 con disabilità, l’articolo 28 del Decreto lavoro ha istituito un fondo destinato agli enti del terzo settore, alle associazioni di volontariato e alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che intendano concludere contratti di lavoro a tempo indeterminato tra il 1° agosto 2022 e il 31 dicembre 2023 con soggetti portatori di disabilità.
Nell’ottica di incrementare la retribuzione netta dei lavoratori dipendenti per effetto del taglio del c.d. “cuneo fiscale”, il Decreto lavoro, all’articolo 39, ha innalzato del 4% l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali per IVS (invalidità, la vecchiaia e i superstiti) a carico degli stessi per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, con esclusione della tredicesima mensilità.
A fronte di questa disposizione, l’esenzione già prevista è aumentata fino al 7% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di Euro 1.923,00 e al 6% fino all’importo mensile di Euro 2.692,00.
Per i soli lavoratori con figli fiscalmente a carico, e limitatamente al periodo d’imposta 2023, è previsto l’innalzamento del limite di esenzione fiscale per i fringe benefit da Euro 258,23 a Euro 3.000,00 annui per singolo lavoratore. L’innalzamento del limite riguarda esclusivamente i lavoratori con figli fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. n. 917/1986 (c.d. “Testo unico delle imposte sui redditi” o “TUIR”).
In deroga a quanto previsto dall’articolo 51 comma 3 del TUIR e per i soli lavoratori coinvolti, non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, entro il limite complessivo di Euro 3.000,00, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Con il messaggio n. 1450 del 18 aprile 2023 l’INPS ha fornito alcuni importanti chiarimenti in merito alla possibilità di riconoscimento degli incentivi all’occupazione previsti dalla legislazione vigente in caso di nuove assunzioni effettuate nell’ambito di un contratto di espansione.
Nel proprio messaggio, l’ente ripercorre la normativa attinente i principi generali per la fruizione delle agevolazioni da parte dei datori di lavoro che assumono, focalizzandosi anzitutto sulla possibilità, per i datori di lavoro che avessero richiesto le usuali agevolazioni previste dal nostro ordinamento in caso di assunzione, di ottenerle effettivamente durante il contratto di espansione, alla luce di alcune disposizioni dell’art. 31, comma 1, lettere a) e c) del D.Lgs. n. 150/2015, che prevedono rispettivamente come:
Il contratto di espansione è approdato nell’ordinamento, in termini sperimentali, limitatamente agli anni 2019 e 2020, per effetto dell’art. 26-quater del D.L. n. 34/2019 che lo ha inserito nell’art. 41 del D.Lgs. n. 148/2015, abrogando così il contratto di solidarietà espansivo.
In origine, l’istituto contrattuale si sostanziava in uno strumento rivolto esclusivamente alle grandi imprese con organici sopra i 1.000 dipendenti, che avviano processi di reindustrializzazione e riorganizzazione aziendale prevedendo, con il contratto di espansione, (i) l’immissione di nuove forze in organico, (ii) l’avvio di un processo di riqualificazione del personale finalizzato all’aggiornamento delle competenze individuali e collettive e (iii) l’assunzione a tempo indeterminato di nuove professionalità.
Con la Legge n. 178/2020 (Legge di bilancio per il 2021), il legislatore, in via sperimentale, ne ha prorogato la durata per tutto il 2021 ed è intervenuto sulla platea dei datori di lavoro interessati, ampliandone la portata a quelli con organico non inferiore a 500 unità lavorative ed estendendo il prepensionamento quinquennale a quelli con almeno 250 dipendenti, calcolati in media nei 6 mesi precedenti e anche complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi (circolare INPS n. 48 del 24 marzo 2021).
Successivamente, con la Legge n. 234/2021 (Legge di bilancio per il 2022), l’arco temporale di vigenza del contratto di espansione è stato esteso anche per gli anni 2022 e 2023 prevedendo che, limitatamente a tale periodo, possa peraltro essere applicato anche ai datori di lavoro con organico non inferiore a 50 unità lavorative calcolate, anche questa volta, in media nei 6 mesi precedenti e in termini complessivi nel caso di aggregazione stabile di imprese (circolare INPS n. 88 del 25 luglio 2022).
Per effetto delle suddette modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2022, anche i datori di lavoro con un organico non inferiore a cinquanta unità possono, per gli anni 2022 e 2023, avviare una procedura di consultazione finalizzata alla stipula di un contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria).
Come è noto, l’art. 31, comma 1, del D.Lgs. n. 150/2015 detta i principi generali per la fruizione delle agevolazioni da parte dei datori di lavoro che assumono.
Sulla base di tale normativa, con il messaggio n. 1450/2023, l’INPS si sofferma in primis sull’art. 31, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 150/2015, il quale stabilisce che “gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva”.
Tenuto conto del parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il messaggio in commento l’Istituto ha chiarito, anzitutto, che l’impegno ad assumere lavoratori con contratto a tempo indeterminato (o di apprendistato professionalizzante), a cui il datore di lavoro si è assoggettato in sede negoziale e inserito nel contratto di espansione, non integra la fattispecie di “obbligo preesistente” secondo l’accezione riportata nei principi generali espressi dalla richiamata disposizione normativa, ma genera piuttosto un obbligo datoriale in forza dell’accordo negoziale sottoscritto in sede governativa durante la procedura di consultazione finalizzata alla stipula del contratto di espansione.
In questa logica, secondo il messaggio n. 1450/2023, l’obbligo di assumere costituisce quindi una clausola del programma contrattuale al quale il datore di lavoro volontariamente si assoggetta; pertanto, in questa prospettiva, le assunzioni non costituiscono l’attuazione di un obbligo di legge, ma il mero adempimento della previsione negoziale.
Ciò premesso, con il messaggio in commento, l’INPS ha confermato che le nuove assunzioni effettuate dal datore di lavoro quale elemento essenziale del contratto di espansione non sono da considerare attuative di un obbligo di legge e possono pertanto dar luogo alla fruizione delle agevolazioni contributive vigenti, ove spettanti, a nulla rilevando l’eventuale ricorso alla CIGS ex art. 41, comma 7, del D.Lgs. n. 148/2015.
La questione relativa alla spettanza delle agevolazioni previste per le assunzioni viene analizzata dall’INPS anche alla luce del già citato principio espresso dall’art. 31, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 150/2015, secondo il quale “gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione hanno in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati ad un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive”.
Secondo i chiarimenti forniti dall’Istituto, anche in questa circostanza emerge la peculiarità del contratto di espansione in quanto, il ricorso a tale tipologia di contratto presuppone che il datore di lavoro interessato realizzi un processo strutturale di reindustrializzazione e riorganizzazione nell’ambito del quale le nuove assunzioni costituiscono un elemento essenziale del contratto medesimo, sia per il tramite del ricambio generazionale in relazione alla sostituzione dei c.d. lavoratori in esodo, (art. 41, comma 5-bis, D.Lgs. n. 148/2015), sia per effetto dell’aggiornamento delle professionalità del personale in organico e del perseguimento del progresso e dello sviluppo tecnologico, sia all’acquisizione di nuove figure professionali coerenti con il processo di riorganizzazione e reindustrializzazione dell’impresa.
Da questo deriva il carattere di specialità che connota il contratto di espansione e, con esso, per stretta conseguenza, le nuove assunzioni previste nell’accordo negoziale.
Ciò premesso, con il messaggio in commento, l’INPS ha confermato il datore di lavoro può pertanto accedere alle misure agevolative anche laddove siano in atto riduzioni dell’orario di lavoro, con ricorso alla CIGS, ai sensi dell’articolo 41, comma 7, del D.Lgs. n. 148/2015 non ravvisandosi, un effettivo contrasto con la ratio sottesa alla previsione di cui all’articolo 31, comma 1, lettera c), del richiamato D.Lgs. n. 150/2015.
Con l’ordinanza n. 8913 del 29 marzo 2023, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato che il versamento della contribuzione previdenziale all’INPS spetta anche sulle somme non erogate al lavoratore quando, a seguito di un accordo in sede conciliativa, quest’ultimo rinunci all’indennità sostitutiva del preavviso.
I fatti di causa hanno visto la Corte d’appello di Bologna riformare la pronuncia di primo grado e accogliere l’istanza presentata da un’azienda avverso un verbale di accertamento emesso dall’INPS, avente ad oggetto il pagamento dei contributi omessi e dovuti in relazione alle indennità di mancato preavviso non erogate a dei lavoratori licenziati.
I rapporti dei suddetti lavoratori, in particolare, erano stati risolti facendo ricorso all’erogazione di somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo, accordate in sede conciliativa sindacale. In tale sede, pertanto, i lavoratori coinvolti avevano rinunciato, tra l’altro, alle indennità di mancato preavviso previste dalla contrattazione collettiva.
Tanto premesso, la corte territoriale ha ritenuto che le parti, potendo rinunciare all’elemento contrattuale dell’indennità di mancato preavviso, avessero esercitato un diritto disponibile. In relazione a ciò e non essendo stata corrisposta alcuna somma a tale titolo, non poteva scaturire un’obbligazione contributiva.
L’INPS, nel presentare ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello, ha illustrato come, a proprio dire, sussistessero i presupposti della violazione o falsa applicazione dell’art. 12 Legge n.153/69 e dell’art.1 D.L. n. 338/1989, in materia di “minimale contributivo”. Secondo la parte ricorrente, infatti, gli elementi economico-contrattuali previsti dalla legge quale è “l’indennità di mancato preavviso” prevista dall’art. 2118 c.c., seppur non corrisposte in virtù dell’accordo intercorso tra le parti, sarebbero comunque state imponibili a contribuzione.
In particolare, l’art. 1 del D.L. n. 338/1989 prevede che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali non possa essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito dalle leggi. La norma, pertanto, richiama il parametro della retribuzione legale e non quella effettivamente corrisposta al lavoratore. A tal proposito, ad esempio, sono irrilevanti gli inadempimenti del datore di lavoro nei confronti del lavoratore nel pagamento delle retribuzioni. Da questo si deduce, pertanto, che l’obbligazione previdenziale è autonoma da quella retributiva.
A titolo esemplificativo, i giudici della Cassazione hanno ripercorso alcune precedenti pronunce riguardanti accordi per la riduzione dell’orario di lavoro o attinente alla sospensione temporanea della prestazione e conseguente omessa retribuzione. Tali accordi, in definitiva, “non sono opponibili all’INPS” (Cass. 15120/2019, Cass. 13650/2019), inerendo al rapporto di lavoro e non al distinto rapporto previdenziale, ed essendo il secondo autonomo rispetto al primo, oltre che presidiato dalla regola del minimale contributivo, per cui rileva, ai fini della contribuzione, la retribuzione dovuta per legge.
A fronte degli elementi di diritto espressi, la corte ha ribadito che i diritti previdenziali che sorgono a seguito di atti normativi non sono disponibili tra le parti contrattuali ed eventuali rinunzie alle somme dovute non sono rilevanti ai fini della determinazione dei contributi previdenziali.
L’azienda, pertanto, pur avendo risolto consensualmente i rapporti di lavoro nell’ambito dell’accordo conciliativo che ha seguito l’intimazione del licenziamento, è tenuta al pagamento dei contributi corrispondenti alle indennità di mancato preavviso che avrebbero dovuto essere corrisposte in mancanza di accordo.
La Corte territoriale, a dire dei giudici di legittimità, non ha applicato i principi di diritto sopra riportati: difatti, la sentenza di appello ha parlato di “risoluzione consensuale del rapporto” e di “rinuncia al diritto all’indennità sostitutiva di preavviso”, senza considerare che tanto vale nel rapporto di lavoro, ma non nel distinto rapporto previdenziale, essendo la transazione, e quindi la rinuncia al diritto, inopponibile all’Inps.
La Cassazione osserva altresì come l’INPS non abbia richiesto il versamento dei contributi sulle somme pagate in adempimento della transazione, bensì abbia domandato, in base alla regola del minimale contributivo alla quale rileva la retribuzione dovuta secondo legge, il pagamento di “somme che sarebbero state dovute appunto in forza di legge (art. 2118 c.c.) e aventi titolo nel rapporto di lavoro, a prescindere da quanto poi abbiano stabilito le parti in sede transattiva”.
In conclusione, e in accoglimento del ricorso presentato dall’INPS, gli ermellini hanno decretato che la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se, data la volontà di recedere comunicata dalla società, fosse spettata l’indennità sostitutiva di preavviso ai lavoratori, a prescindere poi dal fatto che questa non sia stata pagata in quanto i predetti lavoratori abbiano accettato somme a titolo diverso, ovvero di incentivo all’esodo.