Ispettorato Nazionale del Lavoro: chiarimenti su regime sanzionatorio per mancata concessione dei congedi familiari

L’emanazione del Decreto legislativo n. 105/2022 (c.d. “Decreto Equilibrio”), in attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, ha previsto novità in tema di congedi familiari. In particolare, sul punto, la nota n. 2414 del 6 dicembre 2022 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha adeguato il regime sanzionatorio ai nuovi obblighi imposti ai datori di lavoro in tema di fruizione di congedi familiari da parte dei dipendenti.

Le previsioni del decreto

Tra le varie misure, l’articolo 27 del decreto in argomento riconosce ai neo-padri un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro pari a 10 giorni lavorativi (raddoppiati in caso di parto gemellare), con retribuzione al 100% a carico di INPS. Tale periodo deve esser richiesto al datore di lavoro per iscritto e con un preavviso non inferiore a cinque giorni, salvo condizioni di miglior favore previste dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.

Sono inoltre state previste ulteriori misure relative all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, allo scopo di ottimizzare la conciliazione tra i due detti ambiti e di conseguire una più equa condivisione delle responsabilità e dei compiti di cura tra uomini e donne, promuovendo una effettiva parità di genere sia in ambito lavorativo che familiare e favorendo il superamento degli stereotipi.

Le disposizioni contenute nel decreto sopra menzionato, nelle intenzioni del legislatore, costituiscono dunque una riforma organica delle tutele e dei diritti preesistenti in materia di cura dei familiari e di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, attuata mediante l’aggiornamento, il riordino e l’innovazione dell’assetto normativo sul tema.

L’impianto sanzionatorio

L’INL, nella sua nota, ha illustrato che, in caso di ostacolo o rifiuto da parte del datore di lavoro nel far usufruire dei congedi ai lavoratori, trovi applicazione una sanzione ammnistrativa da 516,00 Euro a 2.582,00 Euro. Inoltre, la violazione potrebbe costituire per il datore di lavoro un impedimento per l’ottenimento della certificazione di parità di genere.

In caso di ostacolo o rifiuto da parte del datore di lavoro di far usufruire al padre del congedo alternativo per le gravi situazioni (es. morte della madre), è punito con la sanzione penale dell’arresto fino a sei mesi e con il mancato conseguimento della certificazione di parità di genere.

Per la violazione del divieto di licenziamento da parte del datore di lavoro del neo-padre fino al complimento dell’anno del bambino, oltre che la nullità del licenziamento e tutto ciò che comporta, si applica la sanzione amministrativa da 1.032,00 Euro a 2.582,00 Euro. Si applica la medesima sanzione ammnistrativa nel caso in cui sia violato il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Scatta, infine, la sanzione amministrativa da 516,00 Euro a 2.582,00 Euro nei casi di inosservanza dei riposi giornalieri per madre e padre, nonché per i figli portatori di handicap.

Viene precisato dall’INL che, nel regime transitorio per le nascite avvenute prima del 13 agosto 2022 (data di entrata in vigore del decreto in esame), valgono le tutele previste dal decreto per il diritto all’erogazione dell’indennità di mancato preavviso in caso di dimissioni entro l’anno del bambino e il divieto di licenziamento.

Vengono estesi, inoltre, i diritti di assistenza previsti per il coniuge e gli affini anche ai conviventi di fatto e alle unioni civili, previsti dalla Legge 104/1992.

La nota chiarisce, infine, che la richiesta dei congedi previsti di diritto da parte dei lavoratori, deve essere compatibile con il funzionamento ordinario dell’impresa, coordinandosi altresì con le esigenze della parte datoriale.

Ministero del Lavoro: certificazione parità di genere, esonero contributivo per le aziende

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero per le Pari Opportunità e la Famiglia e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha emanato il Decreto 20 ottobre 2022, riguardante l’esonero contributivo per le aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere e ulteriori interventi per la promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, in attuazione della Legge n. 162/2021, articolo 5, comma 2, e dell’art. 1, comma 138,Legge n. 234/2021.

Oggetto del decreto

Al fine di attuare le disposizioni contenute negli articoli precedentemente richiamati, il decreto in esame ha definito:

  • i criteri e le modalità di concessione, con decorrenza dall’anno 2022, dell’esonero contributivo introdotto in favore delle aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, di cui all’articolo 46-bis del D. Lgs. n. 198/2006 e successive modificazioni, usufruibile per il periodo di validità della medesima certificazione;
  • gli interventi finalizzati alla promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro da realizzare, a decorrere dal 2022, mediante il “Fondo per il sostegno della parità salariale di genere” del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Esonero contributivo in favore delle aziende private

Il decreto, all’articolo 2, prevede che le aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, a partire dal 2022, possano beneficiare di un esonero contributivo così come disciplinato dagli articoli 3 e 4 del testo in esame. L’esonero potrà essere applicato per tutta la durata del periodo di validità della predetta certificazione.

Il beneficio, per i datori di lavoro, consiste nella possibilità di fruire di una riduzione nella misura dell’1% dei complessivi contributi previdenziali a proprio carico, fermo restando il limite massimo di Euro 50.000,00 su base annua. Qualora, in relazione ad un copioso numero di domande presentate, le risorse stanziate dovessero risultare insufficienti, il beneficio riconosciuto alle aziende sarebbe proporzionalmente ridotto.

Lo sgravio contributivo, secondo le disposizioni contenute nel decreto, sarà riparametrato su base mensile e fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico, sulle mensilità relative al periodo di validità della certificazione della parità di genere. La validità della certificazione ha durata triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale da parte di INPS. È bene precisare che le rappresentanze sindacali aziendali e i consiglieri e le consigliere di parità potranno, in base al D.M. del 29 aprile 2022, segnalare all’organismo di certificazione eventuali criticità riscontrate nell’azienda certificata.

Domanda di accesso all’esonero contributivo

Secondo quanto previsto dall’articolo 3, ai fini dell’ammissione all’esonero le aziende del settore privato, per il tramite del rappresentante legale o di un intermediario delegato, dovranno presentare domanda telematica all’INPS secondo le modalità operative che verranno poi indicate dall’Ente mediante specifiche istruzioni.

Le domande dovranno contenere le informazioni riguardanti:

  • i dati identificativi dell’azienda;
  • la retribuzione media mensile stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere;
  • l’aliquota datoriale media stimata relativa al periodo di validità della certificazione;
  • le informazioni riguardanti la forza aziendale;
  • la dichiarazione sostitutiva, rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di essere in possesso della certificazione di parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e che l’azienda non sia incorsa in provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi dell’articolo 46, comma 4, del medesimo decreto legislativo;
  • il periodo di validità della certificazione di parità di genere.

È bene precisare che, nel caso in cui sia disposta la revoca della certificazione, le imprese interessate saranno tenute a darne tempestiva comunicazione all’INPS e al Dipartimento per le pari opportunità.

Qualora un’impresa dovesse beneficiare indebitamente dell’esonero contributivo, questa sarà tenuta al versamento dei contributi non dovuti a fronte della riduzione contributiva, nonché al pagamento delle sanzioni previste dalle disposizioni di legge in materia. Resta salva l’eventuale responsabilità penale ove il fatto costituisca reato.

Illegittimo il licenziamento in caso di mancata affissione del regolamento aziendale (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, novembre 2022)

Con l’ordinanza n. 24722 dell’11 agosto 2022, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che ha dichiarato inefficace il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore senza la previa affissione del codice disciplinare.

I fatti contestati riguardano il licenziamento di un lavoratore, il quale aveva lavorato alle dipendenze di un datore di lavoro sin dal 1993. Dal 2010, il dipendente era stato addetto in via esclusiva all’infilaggio di tubi di rame all’interno dei diaframmi di plastica costituenti una struttura portante denominata “castelletto”. 

Negli anni dal 2011 al 2013, il lavoratore aveva ricevuto varie contestazioni disciplinari per scarso rendimento e provvedimenti disciplinari di sospensione dal servizio e dalla retribuzione. In data 7 novembre 2013, lo stesso era stato licenziato con preavviso a seguito di una contestazione disciplinare con cui gli si addebitava “una voluta lentezza nello svolgere la mansione affidata”, unitamente alla recidiva specifica.

Il tribunale, sia in fase sommaria che nella successiva fase di opposizione, aveva rigettato la domanda, avendo accertato rendimenti del lavoratore (invalido civile al 50% ma giudicato idoneo alla mansione assegnatagli) pari o inferiori al 50% rispetto alla media produttiva del reparto dove questi era assegnato.

I giudici di appello, pertanto, hanno rilevato come “la contestazione disciplinare avesse ad oggetto la violazione, non di doveri fondamentali del lavoratore o del c.d. minimo etico”, che devono presumersi conosciuti da tutti, “bensì di una specifica regola tecnica di produttività”, legata ad un determinato standard medio fissato dall’azienda in base alla propria organizzazione produttiva e alla media raggiunta dagli altri dipendenti con identiche mansioni. In ragione di tali caratteristiche, dunque, il datore di lavoro avrebbe dovuto preliminarmente informare i lavoratori della rilevanza disciplinare della violazione della citata regola di produttività, mediante affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti.

La società, in sua difesa, avendo ricevuto nei precedenti gradi di giudizio tale contestazione ai sensi dell’art. 7, comma 1, della Legge 300/1970, ovverosia di non aver affisso il regolamento aziendale, ha richiesto l’ammissione della prova testimoniale, a integrazione del contradittorio, ma in entrambi i giudizi non è stata accolta l’eccezione della parte convenuta.

I giudici di ultima istanza, con l’ordinanza, hanno ritenuto legittimo il giudizio del giudice precedente e condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fringe Benefit, le novità di fine anno

I fringe benefit sono una forma di retribuzione in natura che il datore di lavoro può concedere al dipendente in aggiunta alla norma retribuzione mensile. Tipici esempi di fringe benefit sono l’auto aziendale, il buono carburante e il voucher spendibile presso centri commerciali o portali web.

Per questi tipi di erogazione, l’art. 51 comma 3 del TUIR prevede una specifica soglia di esenzione.

Le novità per il solo anno 2022, in particolare, riguardano i seguenti punti:

  • anzitutto, il limite di esenzione entro il quale il valore dei fringe benefit non verrà assoggettato a contributi e imposte è stato innalzato sino all’importo di 3.000 Euro, rispetto ai 258,23 Euro previsti dalla normativa ordinaria;
  • inoltre, sarà possibile includere tra i fringe benefit anche i rimborsi erogati dal datore di lavoro per le spese relative alle utenze domestiche dei dipendenti, come acqua, luce e gas.

Ricordiamo che, sempre per il solo anno 2022, è prevista una ulteriore soglia di esenzione fiscale per i buoni carburante, che non concorreranno a formare il redditto entro il valore di 200 Euro, da considerarsi in aggiunta rispetto ai 3.000 Euro dei fringe benefit.

Ministero del Lavoro: chiarimenti sugli obblighi formativi in costanza di integrazione salariale

È stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale del 28 ottobre 2022, il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 2 agosto 2022, avente il seguente titolo: “Criteri e modalità per l’accertamento sanzionatorio di mancata attuazione dell’obbligo formativo da parte del lavoratore in costanza delle integrazioni salariali straordinarie”.

Le sanzioni applicabili in caso di omissione

Tale decreto ha dato attuazione al Decreto-legge n. 4/2022 come convertito in Legge n. 25/2022, il quale enuncia che i lavoratori beneficiari di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa debbano obbligatoriamente partecipare a corsi di formazione o riformazione professionale, come previsto dal D. Lgs. n. 148/2015. Il mancato assolvimento di tale obbligo comporta all’irrogazione di sanzioni ai lavoratori inadempienti. In particolare, questa è prevista nel caso in cui essi, senza giustificato motivo, non adempiano all’obbligo formativo.

La mancata partecipazione dei lavoratori beneficiari nella misura compresa tra il 25% e il 50% delle ore previste per ognuno dei corsi proposti senza valida giustificazione, prevede, in particolare, la decurtazione corrispondente a un terzo delle mensilità ricevute dal lavoratore del trattamento erogato, ferma restando comunque la sanzione minima di decurtazione di una mensilità.

Per quanto riguarda, invece, la mancata partecipazione ai corsi previsti in una misura del 50% e del 80%, questa comporta la decurtazione della metà delle mensilità di trattamento straordinario erogate al lavoratore, sempre ferma restando la sanzione minima detta in precedenza.

Per ciò che concerne, inoltre, la mancata partecipazione ai corsi previsti nella misura dell’80% e oltre da parte del lavoratore, la stessa comporta la decadenza dal trattamento di integrazione salariale.

I giustificati motivi dettagliati dal Decreto

Il decreto riconosce, altresì, dei giustificati motivi che fanno venire meno l’obbligo formativo. Questi sono, ad esempio, lo stato di malattia o infortunio, maternità, gravi motivi familiari documentati e per ultime le situazioni riguardanti gli obblighi giudiziari.

Il recupero dell’indennità, inoltre, non fa venir meno i periodi di contribuzione figurativa, né prevede la restituzione degli importi degli assegni al nucleo famigliare.

Ai fini ispettivi, per ciò che riguarda gli accertamenti di fine del trattamento di cassa integrazione, il decreto ha previsto che gli ispettori siano tenuti a controllare il concreto svolgimento della formazione secondo il programma aziendale presentato.

Qualora risultino assenze ingiustificate senza valido motivo dei lavoratori nei registri dell’ente responsabile della formazione, queste verranno segnalate alla sede INPS territorialmente competente al fine di procedere alla procedura sanzionatoria.

Le modalità di recupero dei trattamenti indebiti sono previste dalle procedure di INPS o degli altri fondi di solidarietà bilaterali alternativi previsti dall’art. 27 del D. Lgs. 148/2015.

Dicembre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  • CCNL Autostrade e trafori (Concessionari): elemento differenziato dalla retribuzione

Nel CCNL Autostrade e trafori (Concessionari), a decorrere dal 1° dicembre 2022, verrà istituito un importo Differenziato dalla Retribuzione (I.D.R. 2021) che dovrà essere erogato esclusivamente per 14 mensilità.

  • CCNL Commercio (Anpit – Cisal): welfare contrattuale

Per il mese di dicembre 2022 è previsto l’aumento dell’importo destinato a Welfare contrattuale che spetta a tutti i Lavoratori in forza, che abbiano superato il Patto di prova. Il Welfare Contrattuale deve considerarsi distinto e non assorbibile rispetto alle prestazioni di Welfare Aziendale, fruito in sostituzione del Premio di Risultato, in aggiunta agli eventuali benefici di analoga natura che già fossero presenti in Azienda.

  • CCNL Istituzioni socio-assistenziali – Misericordie: quota di produttività

Si prevede la sospensione dell’erogazione della quota di produttività ex art. 48 riferita all’anno 2021, al fine di verificarne quantità e modalità di erogazione a seguito del processo di unificazione contrattuale con Anpas. In caso di mancata sottoscrizione del nuovo contratto unificato entro il 30 settembre 2022 le quote saranno corrisposte secondo le modalità previste nell’articolato contrattuale 2010/2012 sullo stipendio di dicembre 2022.

  • CCNL Lavanderie e tintorie: elemento di garanzia retributiva

L’elemento di perequazione erogata con la retribuzione del mese di dicembre è pari a 200 euro lordi per l’anno 2021 e verrà aumentato a 230 euro nell’anno 2022, ed a 260 euro a decorrere dall’anno 2023.

  • CCNL Metalmeccanici (Industria): retribuzione

Ai lavoratori in forza al 31 dicembre 2008 a cui si applicava la Disciplina Speciale, Parte Prima, a partire dall’anno 2009 con la retribuzione del mese di dicembre va riconosciuta un’erogazione annua ragguagliata a 11 ore e 10 minuti quale Elemento individuale annuo di mensilizzazione non assorbibile ex C.C.N.L. 20 gennaio 2008.

In caso di risoluzione del rapporto di lavoro al lavoratore spetterà il pagamento dell’Elemento sopra definito in proporzione dei dodicesimi maturati. La frazione di mese superiore ai 15 giorni sarà considerata, a questi effetti, come mese intero.

  • CCNL Occhiali (Industria): elemento di garanzia retributiva

In assenza di contrattazione collettiva aziendale, o nel caso in cui la contrattazione si chiudesse senza un formale accordo entro il mese di novembre di ciascun anno, verrà erogata con la retribuzione del mese di dicembre una somma lorda annua a titolo perequativo, onnicomprensiva e non incidente sul TFR.

Tale importo lordo, con decorrenza dall’anno 2020, sarà pari a euro 330,00 annui e sarà erogato con la retribuzione di dicembre di ciascun anno.

  • CCNL Penne, matite e spazzole (Industria): elemento di garanzia retributiva

In assenza di contrattazione collettiva aziendale, o nel caso in cui la contrattazione si chiudesse senza un formale accordo entro il mese di novembre di ciascun anno, verrà erogata con la retribuzione del mese di dicembre una somma lorda annua a titolo perequativo, onnicomprensiva e non incidente sul TFR.

Tali importi lordi saranno pari a euro 275,00 per il 2020 ed euro 300,00 per gli anni successivi. Tali importi saranno erogati con la retribuzione di dicembre di ciascun anno.

  • CCNL Studi Professionali – Amministratori di condominio: welfare contrattuale

Il Datore di lavoro mette a disposizione un Welfare Contrattuale pari al valore minimo annuo di euro 1.200 per il personale Quadro e di euro 600 per la restante parte del personale.

Tale Welfare sarà a disposizione di tutti i lavoratori in forza che abbiano superato il Patto di prova all’atto dell’accredito, nella misura del 50% nel mese di luglio e, per il restante 50%, nel mese di dicembre (1° versamento: luglio 2022; 2° versamento: dicembre 2022).

  • CCNL Telecomunicazioni: fondo di previdenza

La contribuzione al Fondo a carico delle Aziende viene elevata all’1,4% della retribuzione assunta a base della determinazione del Trattamento di Fine Rapporto, a decorrere dal 1° dicembre 2022.

  • CCNL Scuole materne – Fism: welfare contrattuale

Per gli anni 2022 e 2023, entro e non oltre il 20 dicembre di ciascun anno, gli Enti mettono a disposizione di ciascun lavoratore strumenti di welfare del valore di 200,00 euro da utilizzare entro il 19 dicembre dell’anno successivo.

  • CCNL Ferrovie dello Stato: welfare aziendale

Qualora, alla data del 31 dicembre 2022, il lavoratore non abbia destinato o utilizzato tutto o parte dell’Una Tantum Welfare o sia cessato nel periodo intercorrente tra la sottoscrizione dell’accordo del 22 marzo 2022 e l’utilizzabilità di tali somme, al lavoratore non verrà riconosciuta alcuna liquidazione monetaria e la somma non fruita sarà destinate al Fondo Pensione Complementare Eurofer. In caso di trasferimento della posizione del lavoratore ad un’altra forma pensionistica complementare, l’azienda non disporrà alcun versamento della somma.

  • CCNL Petrolio (Industria Privata): previdenza complementare

Le Parti, riconoscendo il valore sociale della previdenza complementare, concordano di incontrarsi a livello nazionale entro il 31 dicembre 2022 per individuare e definire le modalità più opportune al fine di destinare al fondo di previdenza di categoria la somma di 6 euro riparametrati per livello, temporaneamente allocata ai fini del presente rinnovo sull’EDR.

  • Aumento dei minimi retributivi dal 1° dicembre 2022

A decorrere dal 1° dicembre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Ceramica (Artigianato);
  • CCNL Ceramica, chimica (Piccola Industria – fino a 49 dipendenti);
  • CCNL Chimici, gomma, plastica, vetro (Artigianato);
  • CCNL Credito;
  • CCNL Grafici, editoriali (Artigianato);
  • CCNL Istituzioni socio-assistenziali – Agidae;
  • CCNL Lavanderie e tintorie (Artigianato);
  • CCNL Lavanderie e tintorie (Assosistema);
  • CCNL Metalmeccanici (Artigianato);
  • CCNL Metalmeccanici (Artigianato) Conflavoro;
  • CCNL Occhiali (Artigianato);
  • CCNL Odontotecnici;
  • CCNL Orafi e argentieri (Artigianato);
  • CCNL Ortofrutticoli ed agrumari;
  • CCNL Tessili (Artigianato);
  • CCNL Tessili (Piccola industria).
  • “Una tantum”

Nel mese di dicembre 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Barbieri, parrucchieri ed acconciatori;
  • CCNL Federcasa;
  • CCNL Panificatori – Confesercenti;
  • CCNL Panificatori – Federpanificatori.

Agenzia delle Entrate: redditi di lavoro dipendente e tassazione separata

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 468 del 22 settembre 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito agli emolumenti corrisposti nell’anno successivo a quello di maturazione, in virtù di contratti collettivi integrativi, ed il relativo regime di tassazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b), del TUIR. La richiesta dell’instante è stata volta a comprendere quale tipo di tassazione potesse essere applicabile a singole casistiche di corresponsione tardiva scaturenti dal rinnovo di un contratto collettivo nazionale integrativo.

Riferimenti normativi

La normativa di riferimento utile al caso in specie al fine di determinare la tipologia di tassazione da applicare è rinvenibile negli articoli 17 e 51 del TUIR, i quali sanciscono rispettivamente quali redditi siano soggetti a tassazione separa e il c.d. principio di cassa.

L’articolo 51, comma 1, del TUIR prevede, in particolare, che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro» determinati, ai fini dell’imputabilità fiscale, secondo il principio di cassa.

Data la progressività delle aliquote IRPEF e al fine di attenuare gli effetti negativi derivanti dalla rigida applicazione del predetto principio, l’articolo 17, comma 1, lettera b), del TUIR prevede che siano soggetti a tassazione separatagli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti”.

Applicazione tassazione separata – prassi

Ai fini una corretta applicazione della tassazione separata, negli anni, l’autorità fiscale si è espressa allo scopo di chiarire quali situazioni di diritto potessero essere conformi ai requisiti richiesti dall’articolo 17. Con le circolari n. 55/E/2001 e n. 43/E/2004, l’Agenzia delle Entrate ha delineato che le situazioni che possono in concreto assumere rilevanza ai fini della tassazione separata sono di due tipi:

  • quelle di “carattere giuridico”: che consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un “rinvio” o “rectius” (ritardo) del tutto strumentale ai fini del pagamento delle somme spettanti;
  • quelle consistenti in “oggettive situazioni di fatto”, che impediscono il pagamento delle somme riconosciute entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d’imposta, causandone il “ritardo”.

L’Agenzia, nella sua risposta, prosegue precisando che l’applicazione del regime di tassazione separata deve intendersi escluso ogni qualvolta che il pagamento degli emolumenti in un periodo successivo a quello di maturazione derivi dal rispetto dei tempi tecnici e che, pertanto, il ritardo abbia naturafisiologica”. In questa casistica, come chiarito dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 379/E/2002, rientrano gli emolumenti variabili pagati in relazione al raggiungimento di determinati obiettivi su base annua corrisposti nell’anno successivo a quello in cui gli obiettivi fanno riferimento. In questo caso, è la stessa natura degli emolumenti che comporta l’erogazione nell’anno successivo. Pertanto, l’applicazione della tassazione separata non è ammissibile in quanto l’erogazione differita è “fisiologica” in considerazione della natura della corresponsione e inoltre non deriva da una causa giuridica.

Al contrario, nel caso in cui ricorra una delle “cause giuridiche” previste nell’articolo 17, comma 1, lettera b), non si rende necessario effettuare alcuna valutazione in merito alle cause del ritardo al fine di individuare se questo rectius possa essere di tipo fisiologico. Il legislatore ha previsto che, indipendentemente dalla natura degli emolumenti, è sufficiente che l’erogazione avvenga in un periodo d’imposta successivo rispetto a quello di competenza per effetto della stipula del contratto collettivo, anche decentrato, per realizzare le condizioni necessarie all’applicazione della tassazione separata. Al contrario, l’indagine in ordine al “ritardo” deve essere sempre effettuata quando questo sia scaturito da “circostanze di fatto”.

Tipologie di erogazione e relativa tassazione

L’istante rappresenta che è stato stipulato, in data 25 ottobre 2021, il contratto collettivo nazionale integrativo relativo agli anni 2020 e 2021 il quale definisce (i) i criteri di assegnazione, (ii) le somme e le indennità da lavoro dipendente e (iii) i compensi incentivanti. Per effetto della stipula la società potrà corrispondere i compensi relativi alle differenze stipendiali solo a decorrere dal 2022. L’Agenzia delle Entrate assume, in linea con quanto sopra illustrato, che l’erogazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello di riferimento in presenza e in attuazione di un contratto collettivo e che dunque possa essere applicata la tassazione separata.

L’istante rappresenta altresì che, per effetto del medesmo CCNL integrativo, sono state previste somme a titolo di “retribuzione accessoria” costituita da differenti componenti, tra cui incentivazione ordinaria e variabile.

La corresponsione di questa retribuzione accessoria è collegata al raggiungimento di obiettivi di performance organizzativa per gli anni 2020 e 2021 per il quale pagamento verrà effettuata una verifica trimestrale al fine di disporre un pagamento pro quota in acconto nel limite del 15% nei mesi di maggio, agosto, novembre e marzo dell’anno successivo. L’erogazione dei saldi per l’incentivazione ordinaria e speciale sarà commisurata ai risultati di performance definiti sull’intero anno di riferimento e corrisposta successivamente.

L’Agenzia delle Entrate stabilisce che le somme relative alle retribuzioni accessorie relative all’anno 2020, essendo il contratto stato sottoscritto in ottobre 2021, saranno soggette all’applicazione della tassazione separata mentre, con riferimento alle componenti accessorie del 2021, la sottoscrizione del contratto nel medesimo anno di riferimento non costituisce una causa giuridica sopravvenuta che possa giustificare la tassazione separata pertanto le somme saranno soggette ad ordinaria imposizione IRPEF.

L’erogazione del quarto acconto nel mese di marzo dell’anno successivo a quello di riferimento viene erogato anche in mancanza della sottoscrizione del CCNI dell’anno di riferimento, in quanto si considera “ultrattiva” la norma del più recente accordo sottoscritto. Pertanto, essendo previsto contrattualmente e pagato anche in mancanza della relativa sottoscrizione, l’Agenzia delle Entrate non ritiene che tale acconto rientri tra i redditi ai quali possa essere applicata la tassazione separata in quanto il ritardo è scaturente dalla fisiologia dell’emolumento.

Licenziamento per giusta causa, niente tutela indennitaria “forte” se il fatto causante è punito con sanzione conservativa dal CCNL (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, ottobre 2022)

Con la sentenza n. 24438 dell’8 agosto 2022, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore dipendente per l’inosservanza del regolamento aziendale.

In particolare, il lavoratore era impiegato da una struttura alberghiera con la mansione di fattorino. Lo stesso, stando alla ricostruzione dei fatti, si era recato presso la struttura alberghiera al di fuori dell’orario di lavoro e ivi aveva stazionato in attesa di ospiti da accompagnare, come da precedenti accordi. Di fatto, però, il lavoratore decideva di accompagnare repentinamente, con il proprio mezzo, altri ospiti in attesa del taxi, nonostante i colleghi di servizio avessero cercato di dissuaderlo, con conseguente danno all’immagine dell’hotel.

Sul punto, la Corte di appello di Catania, accogliendo il reclamo principale presentato dal datore di lavoro avverso la pronuncia del tribunale locale, dichiarava risolto il rapporto di lavoro fra le parti dalla data del licenziamento e condannava la società al pagamento, in favore del lavoratore, di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La Corte territoriale, a fondamento di tale decisione, considerava che per le conseguenze sanzionatorie, non potendosi opinare il fatto grave per la unicità dell’episodio e per gli effetti da esso determinati, la sanzione espulsiva appariva sproporzionata e, pertanto, escludeva la tutela ex art. 18, co. 4, Legge n. 300/1970, applicando la tutela indennitaria cd. “forte” ex art. 18, co. 5.

Avverso detta sentenza, il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, cui il datore di lavoro resisteva con controricorso. In particolare, il ricorso si basava su distinti motivi. In particolare, il lavoratore sosteneva che la Corte di merito, disattendendo i principi in materia, fosse entrata in palese contraddizione nella motivazione della sentenza affermando, da un lato, che il comportamento sanzionato non era meritevole dell’effetto espulsivo e, dall’altro, confermando il licenziamento intimato. Inoltre, veniva sottolineato che le circostanze rassegnate dal datore di lavoro erano perfettamente tipicizzate e disciplinate dal CCNL, che prevede l’applicazione di una misura conservativa, non potendo la ipotesi contestata rientrare nella misura più grave prevista dallo stesso CCNL.

Il motivo in esame veniva ritenuto fondato da parte della Corte di Cassazione. Nel dettaglio, la Suprema Corte ha illustrato come il CCNL applicato al rapporto di lavoro preveda, “in ipotesi di inosservanza di leggi, disposizioni, regolamenti ed obblighi di servizio che rechino pregiudizio agli interessi del datore”, la sospensione del lavoro fino a sette giorni. Il CCNL stesso, “qualora le sopra citate ipotesi rivestano particolare gravità e sempre che tale gravità non sia diversamente perseguibile”, dispone altresì la sospensione dal lavoro da otto a dieci giorni.

Viene precisato, sul punto, che per la configurabilità di un licenziamento per giusta causa occorre che “l’inosservanza di disposizioni, regolamenti ed obblighi di servizio, già di per sé grave, presenti un ulteriore “surplus” di gravità”; pertanto, è necessario essere in presenza di una gravità “massima ed estrema”, non era ravvisabile nella fattispecie in esame, avendo riguardo al carattere episodico ed isolato del fatto contestato. La Corte territoriale opinava, quindi, che la sanzione espulsiva risultava “eccessiva e sproporzionata”.

Tutto quanto sopra considerato, i giudici della Cassazione osservavano che, una volta esclusa, da parte della Corte territoriale, l’applicabilità dell’art. 204 CCNL, che consente in particolari ipotesi di gravità massima ed estrema la sanzione espulsiva, i giudici di seconde cure “avrebbero dovuto valutare la applicazione o della disposizione dell’art. 202 o di quella dell’art. 203 del CCNL che puniscono, con sanzioni conservative, la stessa condotta, ritenuta dimostrata, non connotata da quel tipo di gravità, senza procedere ad un giudizio di proporzionalità della sanzione applicata”.

In altri termini, se non era applicabile l’art. 204 CCNL – come pacificamente ammesso dalla Corte di appello – la fattispecie era automaticamente regolata o dall’art. 202 e dall’art. 203 CCNL, che disciplinano la medesima condotta senza, però, quel “surplus” di gravità richiesto dalla prima disposizione citata, non essendo, quindi, possibile ricorrere all’esame della sproporzionalità della sanzione qualora si sia in presenza, cioè, di una previsione della contrattazione collettiva che preveda, per quel comportamento, una sanzione conservativa.

Il motivo di ricorso da parte del lavoratore veniva quindi accolto, con rinvio alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.

Novembre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  1. Aumento dei minimi retributivi dal 1° novembre 2022

A decorrere dal 1° novembre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Allevatori e consorzi zootecnici;
  • CCNL Attività ferroviarie;
  • CCNL Calzaturieri (Piccola Industria);
  • CCNL Ferrovie dello Stato;
  • CCNL Giocattoli, modellismo (Piccola Industria);
  • CCNL Occhiali (Piccola Industria);
  • CCNL Pelli e cuoio (Piccola Industria);
  • CCNL Penne, matite e spazzole (Piccola Industria);
  • CCNL Servizi ausiliari (Anpit – Cisal);
  • CCNL Terziario, servizi (Cifa/Confsal);
  • CCNL Tessili (Piccola Industria);
  1. “Una tantum”

Nel mese di novembre 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Agenzia di viaggio e turismo (Confcommercio);
  • CCNL Autoferrotranvieri – mobilità;
  • CCNL Ceramica, chimica (Piccola Industria – Fino a 49 dipendenti).

INPS: nuove regole per la fruizione del congedo di maternità flessibile

L’INPS, con la circolare n. 106 del 29 settembre 2022, ha fornito nuove istruzioni per le lavoratrici madri che intendano usufruire del congedo di maternità flessibile e per coloro che esercitino la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto. Le due disposizioni oggetto di chiarimenti da parte dell’INPS sono, rispettivamente, contenute nell’articolo 20 e nell’articolo 16 comma 1.1 del Testo Unico sulla maternità, Decreto Legislativo n. 151/2011.

Normativa e prassi vigenti ante circolare: opzione di flessibilità

Il decreto legislativo di riferimento, all’art. 16, prevede che sia fatto divieto di adibizione al lavoro delle donne durante i due mesi precedenti la data presunta del parto e durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto disposto dal successivo articolo 20.

Oltre a questa modalità di fruizione del congedo obbligatorio di maternità, la normativa ha previsto che la lavoratrice madre possa fruire del congedo in forma flessibile, cioè posticipando il periodo di astensione lavorativa a decorrere da un mese prima la data presunta del parto, usufruendo, di conseguenza, di quattro mesi di congedo successivamente alla data effettiva del parto. Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 43/2000, ha fornito indicazioni sulle modalità di esercizio della facoltà di fruizione del congedo in forma flessibile, prevedendo che “la lavoratrice che intende avvalersi dell’opzione in discorso deve presentare apposita domanda al datore di lavoro e all’ente erogatore dell’indennità di maternità, corredata della o delle certificazioni sanitarie […] acquisite nel corso del settimo mese di gravidanza”. Successivamente sul punto, l’INPS ha stabilito, con circolare n. 152/2000, che “la lavoratrice che intende usufruire della flessibilità dell’astensione obbligatoria dovrà presentare domanda […], corredata della certificazione dello specialista ginecologo del S.S.N. […] nonché della certificazione del competente medico di azienda” qualora la mansione svolta sia oggetto di sorveglianza sanitaria, verificando che la domanda presentata fosse conforme alle disposizioni e che fosse redatta nel corso del settimo mese di gravidanza.

Inoltre, l’istituto previdenziale ha previsto che, qualora le attestazioni sanitarie non fossero state redatte nel corso del settimo mese di gravidanza, le stesse non avrebbero consentito di continuare l’attività lavorativa nei giorni dell’ottavo mese, comportando la completa reiezione dell’opzione di flessibilità, con il conseguente calcolo del periodo di maternità secondo le modalità ordinarie.

A distanza di qualche anno, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10180/2013, ha disposto che, anche qualora la lavoratrice abbia continuato a svolgere attività lavorativa nel corso dell’ottavo mese e avesse presentato il certificato medico oltre il settimo mese, la stessa avrebbe comunque avuto il diritto di astenersi per congedo di maternità fino al quarto mese successivo alla nascita, percependo dall’INPS la relativa indennità. La Suprema Corte, in detta sentenza, ha altresì affermato che il periodo complessivo dei cinque mesi non è disponibile e che anche la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti non possa comportare la perdita della misura garantita per legge.

Flessibilità del congedo di maternità: le nuove istruzioni

Con la circolare in argomento, al fine di contrastare l’aumento dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali, l’INPS ha apportato delle modifiche alla procedura di richiesta di flessibilità del congedo di maternità al fine di garantire una maggiore elasticità procedurale e favorire una maggior tutela alle lavoratrici madri.

Nel dettaglio, l’INPS ha previsto che la documentazione sanitaria necessaria in fase di richiesta della flessibilità del congedo di maternità, ovverosia il certificato medico del ginecologo convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale e quello del medico del lavoro in caso di mansione soggetta a sorveglianza sanitaria, non dovranno più essere inviati all’Istituto, ma solamente al datore di lavoro o committente. Non è più richiesto, inoltre, che la lavoratrice alleghi la dichiarazione del datore di lavoro relativa alla non obbligatorietà del medico responsabile della sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro.

A fronte della circolare in commento, l’INPS ha comunicato che tutte le lavoratrici madri che abbiano fatto domanda di flessibilità e che si siano viste negare, da parte dell’istituto stesso, l’indennizzo del quinto mese di maternità a fronte di un ritardo nella produzione dei certificati, potranno agire al fine di vedersi riconosciuta l’indennità non percepita, al netto dell’eventuale prescrizione sopravvenuta.

Astensione dal lavoro esclusivamente dopo il parto

In alternativa alla modalità ordinaria di fruizione del congedo di maternità e alla possibilità di flessibilità, la normativa di riferimento, all’articolo 16 comma 1.1, prevede “la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso”.

Nella circolare n. 148/2019, l’INPS aveva fornito indicazioni operative da adottare al fine di poter proseguire l’attività lavorativa fino alla data presunta del parto o fino all’evento del parto, prevedendo quale fosse la documentazione medica necessaria che la lavoratrice fosse tenuta a produrre.

Anche in questo caso, con la circolare INPS n. 106/2022 in trattazione, l’istituto ha precisato che le attestazioni mediche che in precedenza dovevano essere allegate alla domanda telematica inoltrata all’istituto, a seguito della pubblicazione della circolare, non dovranno più essere prodotte all’INPS, ma solamente al proprio datore di lavoro prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza.

Resteranno, pertanto, valide le indicazioni contenute nel paragrafo 1.1. della circolare INPS n. 148/2019, il quale dispone che:

  • i medici competenti al rilascio delle attestazioni mediche previste per legge siano esclusivamente i medici specialisti del Servizio Sanitario Nazionale – o quelli con lo stesso convenzionati – e i medici del lavoro competenti ai fini della prevenzione e tutela della salute sui luoghi di lavoro, per le mansioni ove è previsto;
  • la documentazione medica debba essere prodotta nel corso del settimo mese di gravidanza; oppure, nel caso in cui la lavoratrice abbia preventivamente richiesto la flessibilità – e quindi abbia già prodotto i relativi certificati nel corso del settimo mese – l’acquisizione della certificazione medica per l’autorizzazione al lavoro fino alla data presunta del parto può essere prodotta anche entro la fine dell’ottavo mese di gestazione;
  • il termine fino a cui la lavoratrice potrà prestare attività lavorativa, ovverosia fino alla data presunta del parto o la data effettiva del parto, deve essere chiaramente individuato.

Infine, è bene precisare che resta vigente l’obbligo, per le gestanti, di effettuare la trasmissione all’INPS del certificato telematico di gravidanza attraverso il medico del SSN o con esso convenzionato attraverso il canale telematico previsto dalla circolare INPS n. 82/2017.

Ispettorato Nazionale del Lavoro: precisazioni in merito ai congedi e permessi per genitori e prestatori di assistenza

Con la nota n. 9550 del 6 settembre 2022, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito i primi chiarimenti sulle novità contenute nel Decreto Legislativo n. 105/2022 (cd. “Decreto conciliazioni vita-lavoro”, di seguito anche il “Decreto”), che ha previsto un ampliamento di tutele e diritti delle figure genitoriali e dei cd. “caregiver” familiari.

Congedo di paternità obbligatorio

Rispetto alla previgente disciplina, è stato introdotto dal Decreto l’articolo 27-bis del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (anche noto come “Testo unico della maternità e paternità”, di seguito anche “T.U.”), in merito al congedo di paternità obbligatorio. Tale integrazione stabilisce che il padre lavoratore, dai due mesi precedenti alla data presunta del parto ed entro i 5 mesi successivi, si astenga dal lavoro per un periodo di 10 giorni non frazionabile a ore, da utilizzare anche in maniera discontinua. Tale congedo si aggiunge al congedo di paternità alternativo, disciplinato dall’art. 28 T.U., spettante al padre in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, in alternativa al congedo di maternità.

Caratteri principali della misura

Per quanto riguarda le peculiarità, l’ITL precisa che:

  • spetta per un periodo di dieci giorni lavorativi;
  • è fruibile dai due mesi precedenti la data presunta del parto fino ai cinque mesi successivi alla nascita;
  • non è frazionabile ad ore ma può essere utilizzato anche in modo non continuativo;
  • è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio, entro lo stesso arco temporale;
  • si applica anche al padre adottivo o affidatario;
  • può essere fruito anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice;
  • è compatibile con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo nei casi previsti dall’articolo 28 del T.U.;
  • dà diritto a un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione, in particolare, il trattamento economico e normativo è determinato ai sensi dell’art. 22, cc. da 2 a 7, e dell’art. 23 (art. 29 T.U. nuova formulazione) e il trattamento previdenziale è quello previsto dall’art. 25 (art. 30 T.U. nuova formulazione);
  • è raddoppiato a 20 giorni, in caso di parto plurimo.

Rimangono vigenti al periodo protetto per quanto riguarda dimissioni, divieto di licenziamento e preavviso.

Congedo parentale per genitori lavoratori dipendenti

L’articolo 2, comma 1, lettera i), del Decreto Legislativo n. 105/2022 ha modificato il comma 1 dell’articolo 34 del T.U., disponendo che, alla madre e al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino spetta un periodo indennizzabile a titolo di congedo parentale di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; entrambi i genitori hanno, altresì, diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).

Restano invariati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U.

Le modifiche in materia di congedo parentale trovano applicazione anche in caso di adozione nazionale ed internazionale e di affidamento. Pertanto, la sopra citata indennità del 30 per cento è dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto dei 9 mesi, entro i 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (art. 36, c. 3, T.U.).

Si evidenzia che, secondo la previsione contenuta nel comma 5 dell’art. 34 T.U. nuova formulazione, i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo eventuali discipline di maggior favore della contrattazione collettiva.

Congedo straordinario anche per le “unioni civili”

Secondo la nuova disciplina entrata in vigore il 13 agosto 2022, nell’ordine di priorità, al coniuge convivente sono stati equiparati la parte dell’unione civile convivente e il convivente di fatto di cui all’articolo 1, comma 36, della Legge n. 76/2016, della persona disabile in situazione di gravità.

È stato previsto, inoltre, che il congedo possa essere fruito entro 30 giorni (e non più 60) dalla richiesta, oltre alla possibilità di instaurare la convivenza anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.

Permessi “alternati” di cui all’articolo 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104

Il nuovo art. 33, comma 3, della Legge n. 104/1992, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera b), n. 2), del Decreto, nel riferirsi espressamente anche al lavoratore dipendente pubblico, individua tra i titolari del diritto ai permessi anche la parte di un’unione civile e il convivente di fatto. È stabilito, inoltre, che fermo restante il limite complessivo dei tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto ai permessi può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro, eliminando così il “referente unico dell’assistenza”.

Priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale

In conseguenza della modifica dell’art. 8, c. 4, del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ad opera dell’art. 5, c. 1, lett. a) del Decreto, viene riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti, oltre che il coniuge, la parte di un’unione civile del soggetto coinvolto.

HR BREAKFAST “Gender Gap: cosa c’è da sapere e da fare” (De Luca & Partners – HR Capital, 18 ottobre 2022)

Martedì 18 ottobre, De Luca & Partners e HR Capital hanno organizzato un nuovo HR Breakfast.

I relatori Stefania Raviele, Salary Partner di De Luca & Partners, Claudia Cerbone, Associate di De Luca & Partners e Roberta De Felice, Consulente del Lavoro di HR Capital S.r.l., hanno fatto il punto sul Gender Gap, con un focus tecnico e normativo sulla parità di genere, sul “nuovo” concetto di discriminazione e sul percorso di certificazione, illustrando i vantaggi per i datori di lavoro.

FOCUS

“Con il termine Gender Gap si indica il divario fra il genere maschile e femminile nel mondo. L’Italia nel luglio 2021, ispirandosi alla strategia europea, ha predisposto la Strategia Nazionale sulla Parità di Genere 2021-2025, di cui la prima espressione è stata la Legge n. 162/2021 sulla parità salariale.

La Legge n. 162/2021 recante modifiche al Codice delle Pari Opportunità è finalizzata a favorire l’occupazione femminile in condizioni di parità di salario e opportunità di crescita professionale con gli uomini.

La Legge n. 162/2021 introduce due importanti misure:

  • il nuovo sistema di «Certificazione della Parità di Genere», che ha stabilito nuovi standard di parità di genere da adottare nelle imprese tramite un meccanismo premiale che dovrebbe fungere da incentivo.
  • l’introduzione del «Rapporto Periodico sulla Situazione del Personale Maschile e Femminile», che ha rafforzato gli obblighi informativi delle imprese di medie e grandi dimensioni.

Quanto sopra, anche nell’ottica della c.d. “diversity and inclusion” e, dunque, quale grande opportunità per le aziende di porsi nei confronti dei competitor in una nuova ottica, sia in termini di reputazione che di produttività.

AGENDA:

  • Perché nasce l’esigenza di parlare del Gender Gap;
  • Che cosa di intende per “Gender Gap” e “Gender pay Gap”;
  • La normativa italiana sulla parità di genere;
  • La Legge n. 162/2021 sulla parità salariale;
  • La discriminazione sul lavoro diretta e indiretta;
  • La certificazione sulla parità di genere;
  • Il rapporto periodico sulla situazione del personale Maschile e Femminile;
  • “Brand reputation” e “diversity and inclusion”.

Info a: comunicazione@hrcapital.it

Lavoro durante il congedo straordinario: è legittimo il licenziamento (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, settembre 2022)

Con la sentenza n. 21773 dell’8 luglio 2022, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad una dipendente sorpresa, durante il periodo di congedo straordinario concessole, a lavorare presso il negozio di cui era titolare il compagno, anch’egli dipendente della società.

In particolare, la Corte d’appello di Bologna aveva respinto, in secondo grado, il reclamo proposto dalla lavoratrice, confermando la sentenza di primo grado con cui la donna si era vista rigettare l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato dal datore di lavoro. Detto licenziamento, avvenuto nell’agosto 2016, veniva comunicato alla dipendente per avere lavorato presso il negozio di cui era titolare il compagno durante il periodo di congedo straordinario concessole per assistere la figlia portatrice di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001.

La dipendente era stata colta sul fatto da parte di un investigatore privato, incaricato dalla società datrice di lavoro di pedinare il compagno della stessa, anch’egli proprio dipendente. Quest’ultimo, in particolare, era stato sorpreso a lavorare presso il medesimo negozio – di cui era titolare – nel corso di un’assenza per malattia.

A seguito del licenziamento e avverso le pronunce dei primi due gradi di giudizio, dunque, la lavoratrice ricorreva in Cassazione con diversi motivi di doglianza.

Nel dettaglio, la dipendente riteneva che non fosse stato effettivamente individuato l’oggetto dell’onere probatorio in merito alla giusta causa di licenziamento, che la sentenza impugnata ha ritenuto essere stato assolto dal datore di lavoro. Inoltre, la lavoratrice lamentava lo scarso approccio critico della Corte d’appello ai vari elementi di prova raccolti dal datore di lavoro: a dire della donna, infatti, la Corte d’appello avrebbe recepito “senza il necessario apprezzamento critico le relazioni investigative, le foto e i filmati alle stesse allegati, nonché le dichiarazioni rese dagli investigatori escussi come testimoni, senza neppure rilevare le contraddizioni in cui questi ultimi sarebbero incorsi”.

Nell’ambito del terzo grado di giudizio, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibili i motivi avanzati dalla lavoratrice e ha rigettato il ricorso. Nel dettaglio, i giudici hanno ritenuto che, in secondo grado, i giudici di merito non abbiano considerato gli elementi suddetti come facenti piena prova, bensì abbiano valutato gli stessi “unitariamente agli altri dati probatori acquisiti”, ritenendo che fossero, nel complesso, adatti a dare dimostrazione della condotta contestata alla lavoratrice mediante il licenziamento.

Ottobre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  • CCNL Casse rurali ed artigiane: assistenza sanitaria integrativa e fondo pensione

La contribuzione al Fondo Pensione Nazionale per il personale delle Banche di Credito Cooperativo viene ulteriormente incrementata a decorrere dal mese di ottobre 2022. In particolare, l’aliquota contributiva a carico del lavoratore è aumentata dello 0,10%.

  • CCNL Cemento, calce (Industria): contributi contrattuali

Sulla retribuzione da corrispondere nel mese di ottobre 2022 ai lavoratori non iscritti a Feneal – Uil, Filca – Cisl e Fillea – Cgil, i quali non hanno manifestato espressamente la non accettazione, le aziende devono effettuare la trattenuta a titolo di contributo contrattuale.

  • CCNL Concerie (Industria): fondo di previdenza

A decorrere dal 1° ottobre 2022, il contributo a carico dell’azienda, sui minimi tabellari, è pari al 2,00%.

  • CCNL Edili (Industria): formazione e trasferta

A far data dal 1° ottobre 2022 è istituita un’apposita aliquota contributiva pari allo 0,20%, destinata specificatamente al “Fondo territoriale per la formazione e incremento delle competenze professionali dei lavoratori”, istituito presso ogni Cassa Edile/Edilcassa.

Sempre a decorrere dal 1° ottobre 2022, in carenza di una disciplina regionale sulla trasferta regionale, essa – anche nell’ipotesi di cantieri con durata superiore a tre mesi – comporterà che l’impresa effettuerà tutti gli adempimenti per i propri Lavoratori in trasferta presso la propria Cassa Edile di provenienza, per tutta la durata della trasferta stessa.

  •  CCNL Elettrici: reperibilità

A partire dalla mensilità di ottobre 2022 sono istituiti nuovi importi in tema di reperibilità:

  • giornaliera: Euro 15,26;
  • sesto giorno: Euro 32,99;
  • festivo: Euro 53,13.

Dal medesimo periodo, l’orario ai fini del calcolo del riposo fisiologico sarà considerato continuativo qualora l’intervallo tra due interventi notturni fosse pari o inferiore a 2 ore.

  • Aumento dei minimi retributivi dal 1° ottobre 2022

A decorrere dal 1° ottobre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Abbigliamento Industria;
  • CCNL Agenzie immobiliari;
  • CCNL Agricoltura Cooperative;
  • CCNL Casse rurali ed artigiane;
  • CCNL Cemento, calce Industria;
  • CCNL Ceramica Artigianato;
  • CCNL Chimici farmaceutici Piccola Industria;
  • CCNL Chimici, gomma, plastica, vetro Artigianato;
  • CCNL Dirigenti Agricoltura;
  • CCNL Gomma, plastica Piccola Industria;
  • CCNL Grafici, editoriali Industria;
  • CCNL Lavanderie e tintorie Artigianato;
  • CCNL Magazzini Generali;
  • CCNL Occhiali Artigianato;
  • CCNL Ombrelli e ombrelloni Industria;
  • CCNL Palestre e impianti sportivi;
  • CCNL Pelli e cuoio Industria;
  • CCNL Restauro beni culturali;
  • CCNL Telecomunicazioni;
  • CCNL Tessili Industria;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci Artigianato;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci Confetra;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci FAI;
  • CCNL Trasporto, facchinaggio Cooperative;
  • CCNL Vetro Piccola Industria.
  • “Una tantum”

Nel mese di ottobre 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Agenzia di viaggio e turismo (Confcommercio);
  • CCNL Elettrici;
  • CCNL Lapidei;
  • CCNL Legno e arredamento (Artigianato);
  • CCNL Panificatori (Confesercenti, Federpanificatori).

Il Contratto di espansione e le istruzioni operative fornite dall’INPS

In merito al contratto di espansione, così come modificato dalla Legge 234/2021 (c.d. “Legge di Bilancio 2022”), l’INPS con la circolare n. 88 del 25 luglio 2022, ha fornito alcune istruzioni operative.

Normativa di riferimento e destinatari

E’ stato prorogato sino a tutto il 2023 il regime sperimentale per la stipula di contratti di espansione imponendo un limite minimo non inferiore a 50 unità lavorative, anche calcolate complessivamente in caso di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi.

Il contratto di espansione garantisce a tutti i lavoratori, a cui mancano meno di 5 anni alla pensione, di uscire anticipatamente dal mercato del lavoro ricevendo un’indennità mensile pari al trattamento pensionistico lordo maturato al momento della cessazione del rapporto. L’indennità può essere erogata a tutti i lavoratori iscritti al fondo dei lavoratori dipendenti o fondi assimilatati assunti a tempo indeterminato, purché vogliano risolvere il rapporto entro il 30 novembre 2023.  Rimangono esclusi i lavoratori che vogliano accedere alla pensione di vecchiaia con requisiti diversi da quelli ordinari (ad es. pensione anticipata “Opzione Donna”).

L’indennità viene corrisposta fino alla prima decorrenza dei requisiti per l’accesso alla pensione, sia essa di vecchiaia che anticipata, e fino al raggiungimento del relativo requisito contributivo.

Presentazione e compilazione del piano annuale di esodo

Nel contratto di espansione sottoscritto in sede governativa, può essere presentato un solo piano di esodo annuale per ciascuna annualità 2022 e 2023.

Il piano di esodo deve essere compilato, con l’indicazione del numero massimo di lavoratori interessati, la presunta data di risoluzione del rapporto di lavoro uguale per tutti i lavoratori coinvolti, nonché la data per l’esodo che non può essere successiva al 30 novembre, per ogni anno di riferimento. 

Il datore di lavoro, inoltre, deve ottenere una garanzia fideiussoria bancaria, per presentare domanda all’INPS, al fine di garantire l’assolvimento agli obblighi contributivi. L’importo complessivamente dovuto all’Istituto deve così essere maggiorato di una parte variabile pari almeno al 15%, in funzione delle successive determinazioni adottate dall’Istituto.

Al termine del piano di esodo, l’INPS effettuerà una verifica a consuntivo, procedendo all’erogazione di eventuali rimborsi o alla richiesta di eventuali ulteriori somme nei confronti del datore di lavoro.

Il datore di lavoro è tenuto a trasmettere, alla sede INPS territorialmente competente, la seguente documentazione:

1) copia del contratto di espansione sottoscritto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

2) la richiesta dell’accreditamento e variazione dell’indennità mensile in argomento (c.d. Modulo SC96);

3) la domanda di autorizzazione all’accesso al PRAT (portale delle prestazioni atipiche) per il personale o il delegato individuato dal datore di lavoro a operare sull’applicativo. Tale domanda deve essere presentata almeno 90 giorni prima della data di ingresso nella presentazione.

L’INPS rammenta, da ultimo, che non è ammessa la presentazione un numero di domande di certificazione del diritto superiore del 20% rispetto al numero dei lavoratori indicati nel contratto di espansione, in riferimento al piano di esodo annuale.

Agenzia delle Entrate: regime fiscale delle indennità per trasferte effettuate con mezzo proprio

L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 405 del 2 agosto 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla tassazione da applicare all’indennità riconosciuta ai dipendenti autorizzati a servirsi del proprio mezzo per compiere le trasferte fuori dal comune dove ha sede l’azienda.

Riferimenti normativi

La normativa di riferimento è rinvenibile nell’art. 51, comma 1, del TUIR che considera reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro». Questo estratto normativo sancisce il c.d. principio di onnicomprensività che include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro, ivi inclusi i rimborsi spesa, al netto delle deroghe previste dai commi successivi del medesimo articolo.

Per quel che ci interessa, il comma 5 dell’art. 51 del TUIR disciplina il regime fiscale delle indennità erogate al dipendente per le trasferte effettuate, delineando due diversi regimi di tassazione a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del Comune in cui è ubicata la sede di lavoro abituale.

In particolare, se le prestazioni vengono svolte:

  • nel territorio comunale, “le indennità o i rimborsi di spese […], tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito” e, pertanto, sono interamente soggette a tassazione;
  • fuori del territorio comunale, sono previsti, invece, tre distinti regimi di tassazione in ragione della tipologia di rimborso che il datore di lavoro intende applicare, ovverosia: (i) forfettario, (ii) misto e (iii) analitico. In queste ultime due ipotesi, i rimborsi delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica e di trasporto, non concorrono a formare il reddito a patto che siano effettuati sulla base di idonea documentazione comprovante le spese sostenute o il tragitto effettuato.

Al riguardo, il Ministero delle Finanze, con circolare n. 326/1997, ha precisato che – a differenza delle spese sostenute per i viaggi effettuati con mezzi pubblici (ad es. trasporto aereo o ferroviario) facilmente documentabili mediante l’esibizione dei relativi biglietti – la determinazione della spesa per i viaggi computati con mezzi propri deve essere quantificata dal datore di lavoro sulla base di elementi concordanti diretti e indiretti.

La stessa Agenzia delle Entrate, con la risoluzione del 30 ottobre 2015, n. 92/E, ha, altresì, chiarito che:

  • non è ipotizzabile istituire, accanto alle fattispecie individuate dal legislatore tributario nel comma 5 dell’articolo 51 del TUIR, nuovi sistemi di calcolo che determinino gli importi non concorrenti alla formazione del reddito e
  • le indennità corrisposte per le trasferte fuori dal Comune dove è ubicata la sede abituale di lavoro possono essere escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente purché il loro ammontare sia determinato in base alle tabelle ACI. Ciò, avendo riguardo della percorrenza, del tipo di veicolo utilizzato dal dipendente e del costo chilometrico assegnato secondo il tipo di vettura.

Il caso di specie

L’istante ha necessità di autorizzare, in presenza di particolari esigenze di servizio, i dipendenti ad utilizzare il proprio mezzo di trasporto per l’esecuzione delle trasferte, prevedendo il riconoscimento di un indennizzo a ristoro delle spese sostenute, solo qualora esse siano svolte al di fuori del territorio comunale. Tale indennizzo è quantificato in misura pari alle spese che il dipendente sosterrebbe qualora utilizzasse un mezzo di trasporto pubblico ed è corrisposto alla stregua della considerazione analitica della spesa effettivamente sostenuta. L’indennità erogata ha, pertanto, valore sostitutivo delle spese direttamente sostenute dal lavoratore con il mezzo proprio per il viaggio.

L’istante ha allegato alla richiesta di interpello la circolare interna recante le modalità di indennizzo, la quale prevede che “l’utilizzo del mezzo proprio può realizzarsi solo in presenza di particolari ed eccezionali esigenze di servizio ed alle seguenti condizioni:

  • impossibilità oggettiva di raggiungere il luogo di missione con mezzi pubblici, sia per effettiva mancanza degli stessi (ad esempio località non raggiunte da treni o bus) o per oggettive scarsità di mezzi che precludano l’arrivo del dipendente entro l’orario di inizio del servizio di trasferta;
  • impossibilità oggettiva di raggiugere diverse sedi di servizio in trasferta durante la stessa giornata lavorativa utilizzando i mezzi pubblici;
  • possibilità, solo usando il mezzo proprio, di evitare eventuali spese di pernottamento.”

Nella circolare si legge, altresì, che il dipendente otterrà dalla società la sola copertura assicurativa qualora dovesse decidere di utilizzare il proprio mezzo pur non ricorrendo una delle ipotesi sopra indicate. Il dipendente, tuttavia, non avrà diritto alla liquidazione dell’indennizzo.

Risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ritiene che l’indennizzo basato sulle tariffe del trasporto pubblico, se dovesse risultare di importo pari o inferiore rispetto a quello eventualmente determinato sulla base delle tabelle ACI, sarà da considerarsi non imponibile. Pertanto, detto indennizzo non andrà a concorrere alla base imponibile per il calcolo dei redditi da lavoro dipendente.

Qualora, invece, l’indennità di trasferta determinata sulla base delle tariffe del trasporto pubblico dovesse risultare maggiore rispetto a quella determinata sulla base delle tabelle ACI, la differenza dovrà essere considerata come reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51 del Tuir e, pertanto, imponibile ai fini della determinazione del reddito e il calcolo della relativa tassazione.

Esposizione all’amianto e risarcimento ai familiari, rileva anche il danno morale subito dal lavoratore (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, agosto 2022)

Con la sentenza n. 19623 del 17 giugno 2022, la Corte di Cassazione si è espressa in tema di risarcimento del danno biologico e morale dovuta alla prolungata esposizione di un lavoratore all’amianto. Gli eredi del lavoratore – deceduto a causa di una patologia collegata all’esposizione al materiale tossico – hanno lamentato la responsabilità ex. art. 2087 c.c. del datore di lavoro per non aver attuato le dovute misure di prevenzione e tutela sul luogo di lavoro.

Nel caso di specie, è stato rilevato che il lavoratore fosse soggetto a due agenti cancerogeni differenti: il tabagismo, in quanto fumatore abituale che per anni avrebbe fumato 15-20 sigarette al giorno, e l’esposizione all’amianto, in quanto lo stesso prestava attività lavorativa di saldatura.

Ai fini della determinazione del danno patrimoniale, la Cassazione ha corroborato l’interpretazione della Corte d’Appello che, in seconda istanza, ha evidenziato come esistesse un concorso di cause lesive che ha cagionato un evento unico e indivisibile. Alla luce della presenza di un duplice fattore scaturente, i giudici hanno ritenuto di dover applicare il principio dell’equivalenza delle concause ex artt. 40 e 41 c.p., in quanto non risultasse possibile “effettuare una ripartizione causale tra i due fattori cancerogeni, entrambi egualmente responsabili della causazione dell’evento dannoso”.

Pertanto, risultando impossibile effettuare una corretta ripartizione causale tra i due fattori cancerogeni, gli stessi devono essere ritenuti egualmente responsabili dell’aver cagionato l’evento morboso, conseguendone che non venga intaccata la ripartizione della responsabilità tra le parti, ma che questo impatti in modo considerevole nella definizione dell’entità del danno, notevolmente ridotta rispetto alle richieste della famiglia.

Quale secondo motivo di ricorso, gli eredi hanno insistito per il riconoscimento del risarcimento da danno morale, deducendo come il lavoratore fosse consapevole di essere esposto ad agenti morbigeni e come il rilevare che molti colleghi continuassero a contrarre gravi patologie di natura oncologica di entità tale da causarne sovente la morte avesse ingenerato in lui un’incertezza sul proprio vivere, modificando in peius la sua vita quotidiana e inducendolo a sottoporsi a numerosi e periodici controlli medici. Ciò aveva originato, nella mente del lavoratore, un assiduo ripensare alla possibilità di ammalarsi e poi, probabilmente, morire.

In secondo grado, però, la Corte d’appello ha negato agli eredi il riconoscimento del danno non patrimoniale a fronte di una mancata sussistenza del danno morale e/o esistenziale, ritenendo inapplicabile il ricorso alle presunzioni anche semplici e ritenendo che, al fine di delineare il danno non patrimoniale, questo dovesse essere debitamente provato.

La Cassazione, tuttavia, come già chiarito dalla Sezione Lavoro con la sentenza n. 24217 del 2017, ha cassato la decisione di secondo grado, ritendendo che “il danno derivante dallo sconvolgimento dell’ordinario stile di vita è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, rafforzati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 8, sottolineando, ancora, che la prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni”.

Da tale orientamento deriva che il danno biologico dovuto ad uno sconvolgimento della normale vita privata e costituendo “un sofferenza interna del soggetto” si concretizza come “lesione di diritti inviolabili della persona, oggetto di tutela costituzionale”: pertanto, se presente e dimostrato anche attraverso l’uso di presunzioni, costituisce oggetto di risarcimento del danno.

Settembre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  • CCNL Centri elaborazione dati/ Edili (cooperative)/Edili (Industria)/Radiotelevisioni Private: causale contratti a termine

In conformità con le modifiche introdotte dal Decreto Sostegni bis all’art. 19 del D.Lgs. 81/2015, fino al 30 settembre 2022 la durata contratto a tempo determinato può essere superiore a 12 mesi (entro i 24 mesi) anche in presenza di specifiche esigenze previste dal CCNL. Dopo il 30 settembre sarà possibile stipulare un primo contratto a termine di durata superiore ai 12 mesi (sempre entro i 24 mesi) solo per le esigenze di cui alle lett.re a) e b) dell’art. 19, ossia per esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori nonché per esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

  • CCNL Centri elaborazione dati: flexible benefits

A decorrere dall’anno 2022, le aziende attribuiscono, a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti, piani e strumenti di “flexible benefits” del valore di Euro 150 per l’anno 2022, Euro 150 per l’anno 2023 ed Euro 150 per l’anno 2024, da erogare entro il mese di settembre di ciascun anno di riferimento e comunque in base alla regolamentazione indicata dalle singole aziende.

  • CCNL Lampade e cinescopi (Industria) e CCNL Vetro: lavoro notturno

È incrementata da Euro 5,50 a Euro 6,50 l’indennità in cifra fissa per turno notturno di cui all’art. 20 del vigente CCNL e da Euro 3,50 a Euro 4,50 l’indennità in cifra fissa per turno notturno di cui all’art. 20 del Cap. XVII (Settori Lampade e Display) con decorrenza dal 1° settembre 2022.

  • CCNL Marketing (Anpit-Cisal): welfare

In aggiunta ai benefici derivanti dalla “Gestione Speciale” dell’Enbic e agli eventuali benefici aziendalmente già stabiliti, le Parti firmatarie del CCNL hanno concordato anche un “Welfare Contrattuale” obbligatoriamente dovuto al Lavoratore. Tale Welfare Contrattuale sarà a disposizione di tutti i lavoratori in forza, che abbiano superato il patto di prova, nel mese di riconoscimento (1° versamento: settembre 2021; 2° versamento: settembre 2022; 3° versamento: settembre 2023).

  • CCNL Metalmeccanici (Piccola Industria) – Confimi: welfare

Le aziende mettono a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare, elevato a Euro 200 a partire dal 2022, con decorrenza dal 1° settembre di ciascuno anno e da utilizzare entro il 31 agosto di ogni anno successivo.

  • CCNL Radiotelevisioni Private: una tantum

Sono da corrispondere ai dipendenti del settore Televisivo e Radiofonico Euro 250, non riparametrati, a titolo di “una tantum”, con la retribuzione del mese di settembre 2022.

  • CCNL Scuole Private – Aninsei/Assoscuola: retribuzione

A tutto il personale che al 1° settembre 2022 abbia maturato due anni di servizio ininterrotto presso lo stesso Istituto è corrisposto mensilmente a partire dal 1° settembre 2022 un salario di anzianità di Euro 15. Se il personale percepiva già un salario di anzianità maturato in base ai precedenti contratti tale importo va ad incrementare quanto già percepito.

  •  CCNL Abbigliamento (Industria) e CCNL Tessili (Industria): contributi contrattuali

Entro il 30 settembre 2022, le Direzioni aziendali comunicano alle R.S.U., o in mancanza alle Organizzazioni Sindacali territoriali, l’ammontare complessivo trattenuto a titolo di trattenuta sindacale (i.e. Euro 40 per ciascun dipendente aderente) unitamente al numero complessivo di aderenti alla sottoscrizione e al numero dei dipendenti in forza.

  •  Aumento dei minimi retributivi dal 1° settembre 2022

A decorrere dal 1° settembre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL Agenzie marittime raccomandatarie;
  • CCNL Calzaturieri Industria;
  • CCNL Ceramica, Chimica Piccola Industria;
  • CCNL Consorzi di bonifica;
  • CCNL Lapidei Artigianato;
  • CCNL Legno e arredamento Artigianato;
  • CCNL Panificatori Confesercenti;
  • CCNL Panificatori Federpanificatori;
  • CCNL Scuole Private;
  • CCNL Scuole Religiose.

INL: chiarimenti in merito ai tirocini extracurriculari e al regime intertemporale

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (l’“INL”), con la nota n. 1451 datata 11 luglio 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicabilità del regime sanzionatorio ex art. 1, comma 73, della Legge 234/2021 (c.d. Legge di Bilancio 2022) ai tirocini extracurriculari iniziati prima del 1° gennaio 2022 e proseguiti dopo nonché agli eventuali recuperi contributivi derivanti da tirocini svolti in modo “fraudolento”.

Applicabilità del nuovo regime

Innanzitutto, l’INL si sofferma sul concetto di illecito di natura permanente. Al riguardo richiama la nota 3/2019 che, se pur in riferimento al reato di somministrazione fraudolenta, ha evidenziato come esso sia caratterizzato “da un intento elusivo di norme contrattuali o imperative che trova ragione d’essere in una apprezzabile continuità dell’azione antigiuridica. La natura permanente dell’illecito, comporta che l’offesa al bene giuridico si protrae per tutta la durata della somministrazione fraudolenta, coincidendo la sua consumazione con la cessazione della condotta la quale assume rilevanza sia ai fini della individuazione della norma applicabile, sia ai fini della decorrenza del termine di prescrizione”.

Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2022, lo svolgimento in maniera fraudolenta del tirocinio extracurriculare configura un illecito di natura permanente, a cui è applicabile il regime sanzionatorio ex art. 1, comma 723, della Legge di Bilancio.

Per dimostrare la natura fraudolenta occorre provare che il tirocinio si è svolto come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.

Regime sanzionatorio

Muovendo da tali principi, l’INL osserva che la prosecuzione o la conclusione dopo il 1° gennaio 2022 di un tirocinio extracurriculare svolto in maniera fraudolenta comporta l’applicazione del regime sanzionatorio di cui al comma 723 dell’art. 1 della Legge di Bilancio. Nello specifico, detta disposizione stabilisce che il “tirocinio non costituisce rapporto di lavoro e non può essere utilizzato in sostituzione di lavoro dipendente. Se il tirocinio è svolto in modo fraudolento, eludendo le prescrizioni di cui al periodo precedente, il soggetto ospitante è punito con la pena dell’ammenda di 50 euro per ciascun tirocinante coinvolto e per ciascun giorno di tirocinio, ferma restando la possibilità, su domanda del tirocinante, di riconoscere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dalla pronuncia giudiziale”.

Non trovano, invece, applicazione nel caso di tirocinio fraudolento le sanzioni amministrative di norma applicabili per le ipotesi di riqualificazione del rapporto di lavoro in termini di subordinazione (omessa comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro e omessa consegna della dichiarazione di assunzione).

È fatta, invece, salva la possibilità, su domanda del tirocinante, di chiedere il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dalla pronuncia giudiziale. Sul punto, l’INL richiama ancora una volta la circolare 530 allorquando sottolinea che è il solo tirocinante a valutare una richiesta in tal senso “che andrà a condizionare il rapporto di tirocinio (…) fin dall’instaurazione, anche se avvenuta in data antecedente al 1° gennaio 2022

Quanto detto non vale per l’INL con riferimento ai profili previdenziali ed ai conseguenti recuperi contributivi derivanti dal rapporto di tirocinio che, di fatto ha simulato un rapporto di lavoro. Ciò in quanto il recupero contributivo non può ritenersi condizionato alla scelta del lavoratore di adire l’autorità giudiziaria per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo al soggetto ospitante.

Agenzia delle Entrate: chiarimenti in merito all’opzione di proroga del regime fiscale per i lavoratori impatriati

Con la risposta ad interpello n. 383 del 18 luglio 2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’opzione di proroga del regime previsto dal “Decreto Crescita” per i lavoratori impatriati.

Normativa di riferimento

L’articolo 5, comma 2-bis del Decreto-Legge n. 34/2019, il Decreto Crescita, modificando l’art. 16 del D.Lgs. 147/2015, ha disposto che le previsioni del regime fiscale speciale per lavoratori “impatriati” “si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo” o qualora “i lavoratori diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento”.

Il beneficio è estendibile anche a coloro i quali avevano già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 (decorrenza della nuova previsione normativa) e che alla data del 31 dicembre 2019 risultavano beneficiari del regime impatriati previsto dall’articolo 16 sopra citato. Ciò, previo versamento di un importo pari al 10 per cento (ovvero al 5 per cento in alcuni casi specifici) dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti in Italia e relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.

Le modalità di versamento e i tempi per ottemperarvi sono stati poi stabiliti dall’Agenzia delle entrate con il provvedimento direttoriale del 3 marzo 2021, prot. n. 60353, secondo il quale gli importi dovuti devono essere versati, in unica soluzione, con il modello di pagamento F24 entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione in esame.

I fatti oggetto dell’istanza di interpello

L’istante, che aveva già trasferito la residenza in Italia prima dell’anno 2020, aveva comunicato all’Agenzia delle Entrate di:

  • voler beneficiare della proroga del regime previsto per i lavoratori impatriati, ai sensi del Decreto Crescita;
  • aver versato l’importo dovuto per l’adesione al regime agevolato tramite F24 Elide in data 26 agosto 2021, utilizzando come parametro reddituale per il calcolo dell’imposta la sezione della Certificazione Unica denominata “dati previdenziali ed assistenziali”;
  • aver accertato, a seguito di un controllo effettuato con l’ausilio del sostituto di imposta,  l’inesattezza di quanto calcolato e versato, essendo esso risultato inferiore all’importo dovuto.

L’istante aveva chiesto, pertanto, di poter ricorrere all’istituto del ravvedimento per versare tardivamente gli importi aggiuntivi dovuti e successivamente di beneficiare dell’estensione quinquennale del regime dei lavoratori impatriati.

Le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, riprendendo anche i chiarimenti già forniti con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, dapprima ha ricordato che (i) l’esercizio di opzione è subordinato al versamento degli importi dovuti entro il termine previsto dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia (prot. N. 60353/2021) e (ii) per i soggetti (come nel caso di specie) per i quali il primo periodo di fruizione dell’agevolazione si è concluso il 31 dicembre 2020 il versamento di quanto dovuto doveva essere effettuato entro 180 giorni.

L’autorità fiscale ha poi chiarito che – laddove il versamento degli importi dovuti sia omesso o carente – il mancato adempimento preclude l’applicazione del beneficio, non essendo ammesso per detta fattispecie il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso.

L’Agenzia ha, quindi, concluso che l’istante non può beneficiare del regime agevolato impatriati per ulteriori cinque periodi di imposta proprio a causa dell’errato versamento effettuato ma può recuperare le somme versate ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. 546/1992.

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