Con la circolare n. 46 del 17.05.2023, l’INPS ha fornito alcuni importanti chiarimenti in merito agli obblighi informativi e contributivi cui è tenuto il curatore nelle ipotesi di interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato nelle fattispecie disciplinate dal D.Lgs. n. 14/2019, modificato ad opera del D.Lgs. 83/2022 (recepimento della direttiva UE 2019/1023), recante il “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” (di seguito anche CCII), entrato in vigore il 15 luglio 2022.
In particolare, l’ente nella propria circolare ripercorre le novità normative introdotte dal nuovo “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” e fornisce le indicazioni operative per la gestione del contributo NASPI dovuto per le interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato alla luce delle disposizioni del CCII.
In via preliminare, si segnala che il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, così come disciplinato dal D.Lgs. n. 14/2019, comprende specifiche disposizioni dedicate alla gestione dei rapporti di lavoro subordinato, in particolare agli articoli 189 e 376.
Infatti, l’art. 376 del citato D.Lgs. n. 14/2019 , modificando l’articolo 2119 del codice civile, sancisce che “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa. Gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro sono regolati dal codice della crisi e dell’insolvenza”.
A riguardo, secondo l’articolo 189, l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento.
Tuttavia, il curatore deve procedere a intimare il licenziamento al ricorrere dei presupposti e per le ragioni indicate dallo stesso articolo 189, ossia “qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti all’assetto dell’organizzazione del lavoro”.
Pertanto, i rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa restano sospesi fino alla comunicazione ai lavoratori di subentro del curatore o di recesso, che ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.
La sospensione dei rapporti di lavoro è finalizzata a consentire al curatore di valutare la possibilità di continuazione dell’attività aziendale (in via diretta o indiretta) e sussiste sino a quando il curatore non subentri nel rapporto di lavoro oppure non intimi al lavoratore il licenziamento o nei casi in cui quest’ultimo non rassegni le dimissioni.
Ciò detto, i rapporti “sospesi” si intendono comunque risolti di diritto trascorsi quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione Giudiziale.
La sospensione può essere prorogata per un massimo di otto mesi – qualora ricorrano i presupposti di cui all’articolo 189, comma 4, del CCII, e cioè su disposizione del Giudice delegato, a seguito di istanza che può essere inoltrata dal curatore, dal direttore dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro del luogo dove è stata aperta la liquidazione giudiziale o, infine, a seguito di istanza presentata dai singoli lavoratori. In tale ultimo caso, la proroga ha effetto solo nei confronti dei lavoratori istanti.
Infine, le dimissioni del lavoratore intervenute nel periodo di sospensione, intese come rassegnate per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 del codice civile, hanno effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, a patto che il lavoratore non sia beneficiario di trattamenti di cassa integrazione (di cui al titolo I e II del D.Lgs. 148/2015), in quanto, in tal caso, non sono considerate per giusta causa e non avranno effetto retroattivo.
Con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato, l’articolo 189, comma 9, del Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza, stabilisce che durante l’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione giudiziale da parte del curatore, i rapporti di lavoro subordinato in essere proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderli o procedere al licenziamento ai sensi della disciplina lavoristica ordinaria vigente.
Pertanto, in caso di sospensione si applicano, in quanto compatibili, le sopra menzionate disposizioni di cui all’articolo 189, in tema di recesso del curatore, di risoluzione di diritto del rapporto di lavoro e di dimissioni del lavoratore per giusta causa.
Nei casi di licenziamento collettivo, i rapporti di lavoro si interrompono dalla data in cui il curatore comunica la risoluzione.
Non cambiano, a riguardo, le disposizioni normative di riferimento, che restano quelle previste dagli artt. 4 e 24 della Legge n. 223/1991, ma è utile segnalare che il Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza ha previsto una specifica procedura semplificata per i licenziamenti collettivi intervenuti durante la procedura di liquidazione.
Inoltre, nei casi di licenziamento collettivo, raggiunto l’accordo sindacale, o comunque esaurita la procedura, il curatore provvede a ogni atto conseguente ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della Legge n. 223/1991, in seguito ai quali la risoluzione di diritto (con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale), non si applica quando il curatore abbia avviato la procedura di licenziamento collettivo.
Infine, non è applicabile la risoluzione di diritto al termine del periodo di sospensione di quattro od otto mesi in pendenza di procedure di licenziamento collettivo già avviate dal curatore.
Nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro sopra descritte, sia per recesso da parte del curatore, che per dimissioni del lavoratore durante il periodo di sospensione – qualora rientrino nella fattispecie considerata per giusta causa – nonché per risoluzione di diritto allo spirare del periodo di sospensione del rapporto di lavoro, si pone il problema dell’obbligo o meno del pagamento del ticket licenziamento ex art. 2, cc. da 31 a 35, della Legge n. 92/2012 e successive modificazioni.
Infatti, l’art. 2, c. 31, Legge n. 92/2012, che ha introdotto il cd. ticket licenziamento, dispone che tale contributo è sempre dovuto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, potrebbero, anche solo potenzialmente, far nascere il diritto a percepire la NASpI.
Ciò premesso, posto che l’art. 190 del D.Lgs. n. 14/2019, che disciplina il Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza, afferma che la cessazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 189 del medesimo decreto, costituisce perdita involontaria del lavoro e configura quindi il diritto alla NASPI, con la circolare n. 46/2023 l’INPS conferma che l’obbligo di pagamento del ticket sussiste per ogni tipologia di cessazione di cui al richiamato art. 189 D.Lgs. 14/2019.
Tuttavia, nei casi di interruzione del rapporto di lavoro previsti dall’art. 189 D.Lgs. n. 14/2019, l’importo del ticket NASPI è ammesso al passivo come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale, ed il curatore, non può procedere materialmente al pagamento.
Pertanto, si dovrà provvedere comunque all’invio dei relativi flussi Uniemens entro il mese successivo a quello della comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro, mentre sarà onere della struttura INPS territorialmente competente procedere con la gestione del recupero del credito.
Al contrario, per le interruzioni dei rapporti di lavoro avvenute durante l’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione giudiziale, i relativi crediti sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 221, c. 1, lett. a), e art. 6, lett. d) del Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza.