L’INPS, con il messaggio n. 5062 del 31 dicembre 2020, ha comunicato l’avvio di un’azione di controllo circa la corretta esposizione, a far data dall’anno 2015, nelle denunce contributive mensili inviate dalle aziende (c.d. UNIEMENS) dell’imponibile eccedente il massimale contributivo.
Normativa di riferimento
Ai sensi di quanto disposto dall’art 2, comma 18, della Legge n. 335/1995, il massimale contributivo costituisce il limite – annualmente rivalutato – oltre il quale la retribuzione corrisposta a ciascun lavoratore non è soggetta al prelievo di contributi previdenziali.
Tale disposizione si applica, oltre che ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS, (i) ai lavoratori iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (c.d. FPLD) privi di anzianità contributiva in periodi pregressi al 1° gennaio 1996, nonché (ii) a coloro che, pur avendo un’anzianità contributiva ante 1° gennaio 1996, hanno presentato domanda irrevocabile di opzione al sistema contributivo.
Così come precisato dall’INPS nel messaggio in esame, per anzianità contributiva si intendono:
Ciò premesso il datore di lavoro – qualora il lavoratore non dovesse avere la predetta anzianità lavorativa e/o non avesse esercitato il diritto di opzione al sistema contributivo – avrà l’onere di versare sulla retribuzione eccedente il massimale annuo unicamente i c.d. contributi minori (non utili ai fini pensionistici) valorizzando il campo <eccedenza massimale> in ciascun flusso UNIEMENS mensile.
L’azione dell’INPS
L’INPS, come da messaggio in esame, ha avviato un’attività di verifica estraendo i nominativi di tutti i lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti ed utilizzando le denunce contributive UNIEMENS trasmesse tra il 2015 e il 2016 in cui vi era la valorizzazione del predetto campo <eccedenza massimale>.
Dall’analisi svolta l’Istituto ha rilevato due principali anomalie:
A seguito dell’individuazione di tali anomalie, l’INPS ha avviato un’azione di recupero dei contributi dovuti e non versati trasmettendo a ciascun datore di lavoro interessato, a mezzo PEC, una diffida ad adempiere. Nella diffida viene indicato il codice fiscale del lavoratore oggetto della verifica, l’imponibile su cui il datore di lavoro avrebbe dovuto versare l’intera contribuzione, i contributi dovuti e le relative sanzioni calcolate ai sensi dell’art. 116, comma 8, lettera a), della Legge 388/2000 (ovverosia le sanzioni per omissione contributiva).
Per garantire ai datori di lavoro un lasso temporale congruo per verificare quanto contestato e regolarizzare la posizione dei lavoratori oggetto di analisi, l’Istituto ha accordato un termine di adempimento di 90 giorni decorrenti dalla data di notifica della diffida.
In caso di mancata regolarizzazione delle somme dovute a titolo di contributi e sanzioni civili, l’INPS ha ribadito che provvederà a richiedere gli importi dovuti per il tramite di avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. Detto avviso verrà contestualmente consegnato all’Agente della Riscossione per l’avvio delle attività di recupero coattivo.
Resta inteso che è facoltà di ciascun datore di lavoro, anche per il tramite di un intermediario abilitato, verificare quanto indicato nelle comunicazioni dell’INPS avviando un dialogo con lo stesso per il tramite del cassetto bidirezionale nonché procedere con la trasmissione telematica di ricorso amministrativo.