L’INPS, nel messaggio n. 3088/2015, fornisce alcune precisazioni riguardo alla uscita anticipata dal lavoro dei lavoratori prossimi alla pensione (art. 4, commi da 1 a 7-ter, L. n. 92/2012). Via percorribile solo dai datori di lavoro con più di 15 dipendenti a patto che l’uscita anticipata sia massimo di quattro anni, sia frutto di un accordo sindacale e il datore di lavoro versi all’Istituto l’onere della «retribuzione-pensione», inclusi i contributi figurativi, erogata ai lavoratori nel periodo di prepensionamento. Tre le ipotesi possibili di esodo: (i) eccedenze di personale; (ii) mobilità; (iii) eccedenza di personale con qualifica di dirigente. In particolare, se il prepensionamento è oggetto di accordo sindacale ex artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 (seconda ipotesi), spiega l’Istituto, l’accordo si perfeziona nell’ambito delle procedure di mobilità senza necessità degli atti di adesione dei dipendenti interessati. Gli accordi di mobilità, spiega ancora l’Inps, sono validati esclusivamente nelle ipotesi in cui: (i) tutti i lavoratori indicati nell’accordo quali destinatari di prepensionamento posseggano i requisiti (raggiungano il diritto alla pensione entro 48 mesi dalla cessazione del lavoro); (ii) l’accordo preveda una validità in presenza di un numero minimo di lavoratori per i quali sono riscontrati i requisiti, oppure indipendentemente da tale numero minimo; (iii) l’eventuale mancata validazione è comunicata al datore di lavoro a mezzo PEC. A questo punto, le parti stipulanti l’accordo (impresa/sindacati) possono chiedere all’INPS di volere comunque procedere all’esodo per i lavoratori con i requisiti, mediante istanza da presentarsi tramite cassetto previdenziale. L’INPS, nel messaggio n. 3096/2015 inoltre, spiega che con il passaggio da Aspi a Naspi, dal 1° maggio, è cambiato il calcolo dell’onere della contribuzione figurativa a carico del datore di lavoro: avviene sugli ultimi quattro anni (come la Naspi) e non più su due (come l’Aspi).
(Italia Oggi, 7 maggio 2015, pag. 33)