Con la circolare n. 137 dello scorso 17 settembre, l’INPS ha reso note le modalità di calcolo del contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro nei casi di licenziamento collettivo e per le aziende rientranti in area CIGS.
L’obbligo di versamento del “ticket”
L’Istituto ha operato una completa ricognizione sull’applicazione dell’obbligo di versamento del “ticket” o contributo di licenziamento, di cui all’art. 2, commi da 31 a 35, della legge n. 92/2012, valutando tutte le possibili opzioni che ne impongono il pagamento e fornendo precisazioni in ordine alla relativa determinazione.
L’Istituto, peraltro, ha ricalibrato contestualmente il proprio orientamento in merito alla quantificazione del contributo, preannunciando il recupero delle differenze eventualmente non versate dai datori di lavoro.
Entrando più nel dettaglio, l’INPS ha osservato che ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 92/2012, così come successivamente modificato dall’art. 1, comma 250, lettera f), della legge n. 228/2012: “Nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’ASpI, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30”.
Da tale disposizione si evince come sia necessario prioritariamente determinare l’anzianità lavorativa del lavoratore cessato, applicando le regole di computo esposte dalla circolare n. 40/2020 dell’INPS.
Il contributo è calcolato in proporzione ai mesi di anzianità aziendale maturati dal lavoratore nel limite massimo di 36 mesi: l’importo dovuto è pari al 41% del massimale mensile NASpI per ogni 12 mesi di durata del rapporto di lavoro, mentre, per i periodi di lavoro inferiori all’anno, il contributo è determinato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto di lavoro.
Quantificazione nei casi di licenziamento collettivo e di licenziamento in deroga al “blocco”
La misura del contributo in caso di licenziamento collettivo è determinata utilizzando per ogni singolo lavoratore i criteri sopraesposti e considerando altri due fattori, ossia se:
A decorrere dal 1° gennaio 2018, infatti, per ciascun licenziamento effettuato da un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell’integrazione salariale straordinaria, l’aliquota percentuale del “ticket” di licenziamento è pari all’82%.
Sono esclusi dall’innalzamento dell’aliquota i licenziamenti collettivi la cui procedura sia stata avviata entro il 20 ottobre 2017, ancorché le interruzioni del rapporto di lavoro siano avvenute in data successiva al 1° gennaio 2018.
Inoltre, richiamando la normativa emergenziale COVID-19, nelle ipotesi in cui il datore di lavoro sia tenuto al versamento del “ticket” in quanto il rapporto di lavoro si è risolto per adesione del lavoratore all’accordo collettivo aziendale, il contributo è dovuto nella misura pari al 41% del massimale mensile NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale dello stesso negli ultimi 3 anni. Ciò, anche qualora si verifichi la contestuale risoluzione di più rapporti di lavoro di dipendenti che aderiscono alla citata fattispecie di accordo.
Relativamente al massimale NASPI che rappresenta la base di calcolo per determinare la misura del contributo dovuto, l’INPS ricorda che è annualmente determinato e comunicato con apposita circolare e che per l’anno 2021 è pari a 1.334,40 euro.
I controlli predisposti dall’INPS
L’Istituto ha evidenziato, infine, che, a seguito di recenti controlli sulle proprie banche dati, è emerso che la modalità di calcolo del “ticket” di licenziamento, nel corso degli anni, non è sempre avvenuta conformemente all’art. 2, comma 31, della legge n. 92/2012. Ciò in quanto non è stata correttamente valorizzata la base di calcolo del contributo, pari all’importo del massimale annuo AspI/NASpI, con la conseguenza che alcune aziende hanno versato importi maggiori di quelli dovuti.
Per le interruzioni dei rapporti di lavoro avvenute a decorrere dal 1° maggio 2015, data di istituzione della NASpI, invece, il contributo versato dalle aziende risulta in taluni casi di importo inferiore a quello dovuto.
Sul punto, l’Istituto ha evidenziato come, con apposito successivo messaggio, saranno fornite le indicazioni operative per la regolarizzazione dei periodi di paga scaduti alla data di pubblicazione della circolare in commento.