L’INPS, con la circolare n. 49/2023, sulla base degli interventi normativi che si sono succeduti negli ultimi anni, ha recepito l’ampliamento delle misure per favorire l’erogazione di interventi di welfare aziendale a favore dei lavoratori subordinati ed ha effettuato una ricognizione del quadro normativo e delle interazioni con il trattamento contributivo dei premi d risultato trasformati in misure di welfare.
Il Legislatore, con la Legge n. 208/2015 e la Legge n. 232/2016 (rispettivamente, Legge di Bilancio 2016 e Legge di Bilancio 2017), ha introdotto in via strutturale i “premi di risultato” – di seguito, anche “PdR” – ovverosia somme di ammontare variabile erogate ai lavoratori dipendenti la cui corresponsione è legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, nonché somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
I compensi in oggetto sono assoggettati ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali del 10%, per un importo complessivo di Euro 3.000,00 lordi. Possono beneficiare del trattamento fiscale di favore i lavoratori del settore privato titolari di un contratto di lavoro subordinato, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, che nell’anno precedente a quello di percezione del premio siano stati titolari di redditi di lavoro dipendente per un importo non superiore a Euro 80.000,00.
Oltre alla diretta corresponsione in denaro del premio di risultato spettante al lavoratore, la Legge n. 208/2015 ha previsto la possibilità, su richiesta da parte del lavoratore, di convertire la somma spettante a titolo di PdR e riceverla sotto forma di welfare aziendale, ove presente. Le predette somme agevolate potranno dunque essere sostituite da uno o più servizi esenti da contribuzione previdenziale sia per il datore di lavoro che per il lavoratore.
Oltre ai requisiti soggettivi, al fine di applicare il regime di favore, la normativa prevede che il premio di risultato debba essere:
La Legge n. 197/2022, c.d. Legge di Bilancio 2023, all’articolo 1 comma 63 ha previsto che, per il solo anno d’imposta 2023, le somme erogate a titolo di premio di risultato corrisposte in favore dei lavoratori saranno soggette all’imposta sostitutiva del 5%.
Non esiste, invece, una disciplina legislativa unitaria in tema di welfare aziendale. Si considera come welfare aziendale l’insieme dei beni e servizi che un datore di lavoro eroga – sulla base di un accordo stipulato con le rappresentanze sindacali, oppure in virtù di un regolamento unilaterale – in favore dei propri lavoratori dipendenti al fine di soddisfare alcuni bisogni di carattere extra lavorativo.
Tale fenomeno è venuto alla luce grazie alla combinazione di alcune norme fiscali dettate dal DPR n. 917/1986 – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, anche detto “TUIR” – prevalentemente contenute nell’articolo 51, dove una serie di beni e servizi viene esclusa dalla nozione di retribuzione imponibile, e nell’articolo 100, che prevede la deducibilità delle “spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.
Ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR, rientrano nella nozione di reddito da lavoro dipendente e di conseguenza sono soggetti a tassazione e a contribuzione previdenziale ordinaria, “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. A tale principio di onnicomprensività della retribuzione fanno eccezione le esplicite deroghe disposte dal secondo comma dell’articolo 51 del TUIR.
La Legge di Bilancio 2017, apportando alcune modifiche alla Legge di Bilancio 2016, ha previsto che non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente, né sono soggetti ad imposta sostitutiva qualora, in sostituzione dei premi di risultato, siano percepiti o goduti dal lavoratore, per sua scelta:
In relazione all’ipotesi della lettera a), quindi, viene estesa la disciplina per cui le somme erogate a titolo di premio di risultato e partecipazione agli utili non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, né sono soggette all’imposta sostitutiva, anche nel caso della loro destinazione a contributi a forme pensionistiche complementari. La norma prevede, inoltre, che le somme relative al premio possano essere portate in deduzione dal reddito personale anche se eccedenti i limiti. L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 5/E/2018, ha precisato che “la sostituzione, in esenzione di imposta, del premio di risultato con contributi alla previdenza complementare […] era già possibile in base alle ordinarie regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente, dal momento che tali contributi trattenuti dal datore di lavoro rientrano nella previsione di cui all’articolo 51, comma 2, lettera h)”.
Per quanto concerne il regime previdenziale applicabile, su disposizioni del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in applicazione dell’articolo 12 della Legge n. 153/1969, i contributi versati su richiesta del lavoratore alle forme pensionistiche complementari, in sostituzioni di tutto o in parte del PdR, devono essere assoggettati a un contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro.
Le stesse considerazioni devono ritenersi valide per l’ipotesi alla lettera b) in quanto, anche in questo caso, le somme del PdR che vengono convertite in contribuzione da versare in favore di casse assistenziali sono escluse dal reddito da lavoro dipendente e, ai fini contributivi, il comma 4 del già citato articolo 12 della Legge n. 153/1969, contempla che siano assoggettati al contributo di solidarietà al 10% a carico del datore di lavoro i contributi a “casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione”.
Infine, con riferimento al caso di sostituzione dei premi di risultato con azioni offerte alla generalità dei dipendenti di cui alla lettera c) si osserva che il legislatore ha introdotto una deroga alla lettera g) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR con riferimento non solo al limite di valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, ma anche alle condizioni che richiedono l’attribuzione delle azioni alla generalità dei dipendenti e la non cedibilità delle azioni da parte del dipendente prima del triennio, nonché – anche oltre tale termine – al datore di lavoro o alla società emittente.