Con la nota n. 9550 del 6 settembre 2022, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito i primi chiarimenti sulle novità contenute nel Decreto Legislativo n. 105/2022 (cd. “Decreto conciliazioni vita-lavoro”, di seguito anche il “Decreto”), che ha previsto un ampliamento di tutele e diritti delle figure genitoriali e dei cd. “caregiver” familiari.
Rispetto alla previgente disciplina, è stato introdotto dal Decreto l’articolo 27-bis del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (anche noto come “Testo unico della maternità e paternità”, di seguito anche “T.U.”), in merito al congedo di paternità obbligatorio. Tale integrazione stabilisce che il padre lavoratore, dai due mesi precedenti alla data presunta del parto ed entro i 5 mesi successivi, si astenga dal lavoro per un periodo di 10 giorni non frazionabile a ore, da utilizzare anche in maniera discontinua. Tale congedo si aggiunge al congedo di paternità alternativo, disciplinato dall’art. 28 T.U., spettante al padre in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, in alternativa al congedo di maternità.
Per quanto riguarda le peculiarità, l’ITL precisa che:
Rimangono vigenti al periodo protetto per quanto riguarda dimissioni, divieto di licenziamento e preavviso.
L’articolo 2, comma 1, lettera i), del Decreto Legislativo n. 105/2022 ha modificato il comma 1 dell’articolo 34 del T.U., disponendo che, alla madre e al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino spetta un periodo indennizzabile a titolo di congedo parentale di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; entrambi i genitori hanno, altresì, diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).
Restano invariati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U.
Le modifiche in materia di congedo parentale trovano applicazione anche in caso di adozione nazionale ed internazionale e di affidamento. Pertanto, la sopra citata indennità del 30 per cento è dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto dei 9 mesi, entro i 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (art. 36, c. 3, T.U.).
Si evidenzia che, secondo la previsione contenuta nel comma 5 dell’art. 34 T.U. nuova formulazione, i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo eventuali discipline di maggior favore della contrattazione collettiva.
Secondo la nuova disciplina entrata in vigore il 13 agosto 2022, nell’ordine di priorità, al coniuge convivente sono stati equiparati la parte dell’unione civile convivente e il convivente di fatto di cui all’articolo 1, comma 36, della Legge n. 76/2016, della persona disabile in situazione di gravità.
È stato previsto, inoltre, che il congedo possa essere fruito entro 30 giorni (e non più 60) dalla richiesta, oltre alla possibilità di instaurare la convivenza anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.
Il nuovo art. 33, comma 3, della Legge n. 104/1992, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera b), n. 2), del Decreto, nel riferirsi espressamente anche al lavoratore dipendente pubblico, individua tra i titolari del diritto ai permessi anche la parte di un’unione civile e il convivente di fatto. È stabilito, inoltre, che fermo restante il limite complessivo dei tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto ai permessi può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro, eliminando così il “referente unico dell’assistenza”.
In conseguenza della modifica dell’art. 8, c. 4, del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ad opera dell’art. 5, c. 1, lett. a) del Decreto, viene riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti, oltre che il coniuge, la parte di un’unione civile del soggetto coinvolto.