La Corte di Cassazione si esprime sul ruolo della contribuzione figurativa nel raggiungimento del requisito per l’accesso al pensionamento.
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 24916 pubblicata il 17 settembre 2024, si è pronunciata in materia di prestazioni pensionistiche, esprimendosi sul ruolo della contribuzione figurativa nel raggiungimento del requisito per l’accesso al pensionamento.
La vicenda in esame vedeva il ricorso alla Suprema Corte di una lavoratrice a seguito della pronuncia emessa dalla Corte di Appello di Lecce, con sentenza n. 39 depositata il 24 gennaio 2022, a favore di un provvedimento dell’Istituto previdenziale INPS ai danni della ricorrente.
I giudici d’appello, nella sentenza n. 39, avevano difatti ritenuto corretto il rigetto della domanda di pensione anticipata ex. Legge n. 214 del 2011 presentata della lavoratrice, non rinvenendo nella stessa i requisiti contributivi minimi effettivi richiesti per l’accesso al trattamento pensionistico, in considerazione della presenza nell’ammontare contributivo maturato dalla ricorrente di contributi figurativi dovuti a periodi di malattia e disoccupazione. La Corte d’Appello evidenziava così l’assenza dei 35 anni di contribuzione effettiva previsti dal vecchio regime normativo ai fini del pensionamento anticipato, disposizione a parere dei giudici ancora in vigore.
Dinanzi alla decisione in secondo grado, la lavoratrice avanzava ricorso in Cassazione.
La ricorrente contro il provvedimento emesso denunciava la violazione dell’art. 24, commi 10 e 11, del Decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito nella Legge n. 214 del 2011, meglio conosciuta come “riforma Monti – Fornero”, sostenendo che quanto previsto dai giudici territoriali non era contenuto nella disposizione normativa richiamata e che la riforma avesse in tal senso apportato delle modifiche ai requisiti di accesso al sistema della pensione anticipata.
La Legge n. 214 del 2011, riporta la sentenza della Corte di Cassazione, ha profondamente modificato i sistemi pensionistici di vecchiaia e anzianità fino a quel momento vigenti, intervenendo nel secondo caso con l’inserimento di limiti di accesso più rigorosi al trattamento pensionistico che da quel momento in avanti prese il nome di “pensione anticipata”.
Il comma 10, art. 24 della Legge 214, a tal riguardo, disponeva con decorrenza 1° gennaio 2012, in assenza dei requisiti anagrafici previsti in via ordinaria per l’accesso alla prestazione di vecchiaia, il diritto alla pensione anticipata esclusivamente in presenza di un’anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, senza alcun riferimento alla tipologia di contribuzione maturata – ovverosia se accreditata a seguito di effettivo versamento o a mero titolo figurativo. La norma ha previsto, inoltre, il graduale aumento dei mesi di anzianità richiesti per l’accesso alla pensione per gli anni successivi all’entrata in vigore, in virtù dell’adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita, ai sensi dell’art. 12, D.L. n. 78 del 31 maggio 2010 convertito nella Legge n. 122 del 30 luglio 2010.
La seconda disposizione richiamata, ossia il comma 11 del medesimo articolo 24, regola i nuovi requisiti di accesso alla prestazione pensionistica anticipata per i lavoratori il cui primo accredito contributivo ha decorrenza successivamente al 1° gennaio 1996, riconoscendone il diritto, in alternativa: (i) al raggiungimento dell’anzianità contributiva prevista dal comma 10 che precede o (ii) al conseguimento del requisito anagrafico di 63 anni di età a condizione che risultino versati ed accreditati in favore dell’assicurato almeno 20 anni di contribuzione effettiva e che l’ammontare della prima rata di pensione non sia inferiore ad un certo importo minimo mensile, rivalutato annualmente e comunque non minore a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale stabilito per l’anno di riferimento.
Analizzate le disposizioni normative che disciplinano l’istituto della pensione anticipata, la Suprema Corte, non rilevando nulla nelle stesse che possa far desumere l’esclusione della contribuzione figurativa dal requisito contributivo richiesto per l’accesso al trattamento pensionistico, ha accolto le motivazioni presentante dalla ricorrente sostenendo al riguardo che: (i) “l’esclusione della contribuzione figurativa nell’ambito di applicazione del comma 10 (come invocata dall’INPS) avrebbe scarsa giustificazione e porterebbe alla sostanziale disapplicazione della fattispecie, atteso l’ampiezza della contribuzione (ben 42 anni) richiesta per beneficiare della prestazione”, (ii) “peraltro, sulla base del criterio letterale dell’interpretazione delle norme in discorso la domanda di pensione anticipata della lavoratrice, sulla base di computo in via aggiuntiva della contribuzione figurativa maturata, risulta fondata, in quanto solo nel comma 11 si richiede l’effettività della contribuzione, mentre nel comma 10 nulla si dice”.
La Corte di Cassazione afferma così che, ai fini della maturazione dei requisiti contributivi previsti per l’accesso alla pensione anticipata di cui all’art. 24, comma 10, della Legge 214 del 2011, consistenti in un’anzianità contributiva ad oggi individuata in 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, concorre ad integrare il presupposto anche la contribuzione figurativa, confermando altresì che il requisito di 35 anni di contribuzione effettiva previsto dalla precedente normativa non si applica al nuovo sistema riformato dalla Legge Fornero.
Rispetto alla pronuncia in esame, nulla varia in merito ai requisiti contributivi previsti dal comma 11 dell’articolo 24 nei casi di accesso al trattamento pensionistico anticipato da parte di soggetti con anzianità contributiva non antecedente al 1° gennaio 1996, fissati in 20 anni di contribuzione, in questo caso effettiva, ed età anagrafica ad oggi innalzata a 64 anni.
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