Con la Risoluzione n. 55/E/2020, del 25 settembre, l’Agenzia delle Entrate ha risposto positivamente ad un’istanza di interpello presentata da una Società intenzionata all’attivazione di un piano di Welfare attraverso due distinti regolamenti aziendali in forza dei quali, al raggiungimento di un obiettivo di fatturato minimo, sarebbe stato riconosciuto ai dipendenti un credito Welfare da utilizzare attraverso una specifica piattaforma web.
La Società, con il suo l’interpello, domandava:
Considerazioni dell’Agenzia delle Entrate
In relazione all’applicabilità del regime di cui all’art. 51 commi 2 e 3 del TUIR l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le somme erogate a titolo di credito Welfare non concorrono alla formazione del reddito se i benefit sono messi a disposizione della generalità o di categorie di dipendenti.
Tale indicazione era già stata confermata con la circolare n. 28/E/2016, allorquando l’Agenzia delle Entrate aveva sottolineato la possibilità di avvalersi di piani di welfare legati alla premialità, ancorché offerti alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti.
Si è ribadito, inoltre, che l’espressione “categorie di dipendenti” è da intendersi in senso ampio e non limitato alle categorie previste da codice civile. Sono considerate “categorie”, ad esempio, anche i dipendenti di un certo “livello”, “inquadramento” o con una certa “anzianità di servizio”.
Per quanto riguarda, invece, il carattere premiale e incentivante di un piano di Welfare la cui erogazione di beni e servizi è vincolata al raggiungimento di un obiettivo aziendale, secondo l’Agenzia delle Entrate l’applicabilità del regime di cui all’art. 51 commi 2 e 3 permane anche quando i beni e i servizi vengono corrisposti per gratificare i lavoratori.
L’Agenzia, infatti, nel caso in esame, ha ritenuto prevalente l’aspetto della c.d. “fidelizzazione” dei dipendenti che non viene meno quando la ripartizione dei benefit “non trovi (ndr trova) giustificazione nella valutazione dell’attività lavorativa del dipendente, sia singolarmente considerato che in gruppo, ovvero su valutazioni strettamente connesse alla prestazione lavorativa”.
In considerazione di quanto espresso dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione in esame, risulta in linea con i commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR un piano welfare che premia i lavoratori in ipotesi di incremento del fatturato aziendale, con una graduazione dell’erogazione dei benefits in base alla retribuzione annua lorda di ogni singolo dipendente e purché i benefits non vengano erogati in sostituzione della retribuzione fissa o di quella variabile.
2. Deducibilità ai fini IRES dei costi per implementare il Piano Welfare
Per quanto riguarda, invece, la deducibilità ai fini IRES dei costi che la Società sostiene per l’implementazione del Piano di Welfare, l’Agenzia delle Entrate non ha evidenziato criticità nell’applicare l’art. 95 del TUIR se i crediti welfare riconosciuti ai lavoratori vengono erogati in ragione di un contratto, un accordo o un regolamento aziendale che possa configurare l’adempimento di un obbligo negoziale.
L’Agenzia delle Entrate, riprendendo la circolare n. 28/E del 15 giugno 2016, ha infatti chiarito che un regolamento, affinché configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, non deve essere revocabile e non deve essere modificabile in autonomia dal datore di lavoro. In tale circostanza i costi per i benefits del piano di welfare sostenuti dal datore di lavoro sono totalmente deducibili ai fini IRES e non nel solo limite del cinque per mille previsto dall’art. 100 del TUIR.