L’Agenzia delle Entrate, mediante la risposta a interpello n. 42 del 18 gennaio 2021, ha fornito il proprio orientamento in merito all’applicabilità del regime speciale destinato ai lavoratori impatriati ai sensi dell’art. 16 del D. Lgs. 147/2015, c.d. “Decreto internazionalizzazione”, nel particolare caso del rientro dal distacco all’estero.
In particolare, il decreto ha previsto – mediante l’introduzione di un regime fiscale ad hoc – un incentivo al rientro nel nostro Paese di lavoratori autonomi e dipendenti, che potranno fruire di un consistente abbattimento del proprio imponibile fiscale a seguito del trasferimento della residenza in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR, diversamente modulato a seconda della decorrenza del trasferimento e della relativa regolamentazione applicabile.
Allo scopo di fruire di tale regime, considerate le varie modifiche che si sono stratificate negli anni, ai sensi del comma 1 dell’art. 16 del decreto è necessario che il lavoratore (i) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 del TUIR, (ii) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento, impegnandosi a risiedere in Italia per almeno 2 anni e (iii) svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In base al successivo comma 2, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione Europea o di uno Stato extra-UE con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che (i) siano in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero (ii) abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Per quanto concerne il contenuto dell’istanza di interpello, i fatti coinvolgono un lavoratore di nazionalità italiana, laureato e assunto con contratto a tempo indeterminato da una società italiana a decorrere dal 2013. Dal 15 febbraio 2016, il lavoratore è stato distaccato presso una società del gruppo internazionale, con sede nella Repubblica Popolare Cinese (“RPC”), in virtù di contratto di lavoro locale, regolamentato dalla legislazione del Paese estero.
Nella propria istanza di interpello, il lavoratore dichiara di essere stato nuovamente assunto – dal 1° gennaio 2021 – da parte della medesima società italiana, con contratto a tempo indeterminato, e di essersi iscritto all’AIRE nel giugno 2016, considerato l’accentramento dei propri interessi economici e personali nella RPC.
Tanto premesso, l’istante chiede se possa fruire del regime speciale dei lavoratori impatriati, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del D. Lgs. n. 147/2015, a decorrere dal periodo d’imposta 2021.
L’Agenzia delle Entrate, a seguito dell’esame dell’istanza pervenuta, ha dapprima fornito un quadro generale della norma, definendone campo di applicazione e condizionalità. Nel dettaglio, l’autorità fiscale ha illustrato che l’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi (ai sensi dell’art. 16, comma 3 del D. Lgs. n. 147/2015). Per accedere al regime speciale, il citato art. 16 presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
Con riferimento, in particolare, ai contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero, l’Agenzia delle Entrate cita la recente circolare 33/E del 28 dicembre 2020 (par. 7.1), la quale precisa, tra l’altro, che “non spetta il beneficio fiscale in esame nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. Al riguardo, si precisa che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.
Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal “nuovo” ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese divaria natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio”.
A titolo meramente esemplificativo, tale circolare enumera altresì alcuni indici di “continuità sostanziale”:
Diversamente, “laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame“.
Pertanto, con specifico riferimento al caso di specie, l’autorità fiscale ha ritenuto che il lavoratore istante potrebbe fruire del regime agevolato qui in trattazione “solo nell’ipotesi in cui la “nuova” attività lavorativa non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa, nell’accezione delineata nella richiamata circolare, circostanza non verificabile in sede di interpello e non oggetto di controllo in questa sede, e sempreché risultino soddisfatti tutti gli altri requisiti previsti dalla norma in esame”.