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Restituzione Naspi anticipata, la Consulta si esprime sull’incostituzionalità della norma (Norme e Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore, 4 giugno 2024 – Andrea Di Nino, Giorgia Tosoni)

6 Giugno 2024

Con sentenza n. 90 depositata il 20 maggio 2024, la Corte Costituzionale si è espressa nuovamente – e per la quarta volta nel solo anno corrente – sulla legittimità delle disposizioni contenute nei decreti attuativi della Legge Delega n. 183 del 10 dicembre 2014 (c.d. “ Jobs Act ”).

I recenti interventi della Corte Costituzionale

Già nel primo mese dell’anno, con la sentenza n. 7 del 22 gennaio 2024, i giudici erano stati chiamati a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni agli articoli n. 3, primo comma e n. 10 contenute nel decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015, in relazione al diverso sistema di tutela nei licenziamenti economici tra dipendenti della stessa azienda assunti prima e dopo il 7 marzo 2015, data “ spartiacque ” introdotta dal Jobs Act.

Al parere favorevole della prima pronuncia da parte della Consulta è seguita la dichiarazione di incostituzionalità proclamata con la sentenza n. 22 del 22 febbraio 2024 dove, in tema di giudizio di nullità del licenziamento da parte del giudice, la Corte Costituzionale ne riconduce la fattispecie non più ai soli casi “espressamente” previsti dalla legge, eliminando il termine “espressamente” dall’articolo 2, comma 1, del Decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015.

Nuovamente, a seguito del sollevamento da parte del Tribunale di Lecce della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3 del Decreto Legislativo n. 23 del 4 marzo 2015, la Consulta con la sentenza n. 44 del 19 marzo 2024 dichiarava la legittimità costituzionale della disposizione che estende l’applicazione delle tutele crescenti ai lavoratori delle piccole aziende che abbiano raggiunto i requisiti occupazionali di oltre 15 dipendenti successivamente al 7 marzo 2015, indipendentemente dalla data di assunzione degli stessi.

Di recente emanazione, l’ultimo intervento di legittimità della Corte Costituzionale esula dalla riforma delle tutele crescenti, interessando un altro provvedimento attuativo del Jobs Act, ossia il Decreto Legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, contenente le disposizioni riguardanti il riordino degli ammortizzatori sociali.

Con ordinanza del 6 dicembre 2022, il Tribunale di Torino sollevava al riguardo la questione di legittimità costituzionale del comma 4, articolo 8 del Decreto Legislativo n. 22 del 2015 supponendo una violazione degli articoli 3, 4, primo comma, 36 e 41 della Costituzione, nel dettato normativo che prevede, senza possibilità di valutazione del caso concreto, l’obbligo di restituzione dell’intero importo ricevuto in anticipo della Nuova assicurazione sociale per l’impiego “Naspi a seguito della costituzione di un rapporto di lavoro subordinato prima del termine del periodo per cui l’indennità è stata riconosciuta.

La vicenda in esame e la questione di legittimità costituzionale

Nella vicenda in esame il lavoratore, a seguito di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo che ne legittimava l’accesso alla prestazione, aveva richiesto la liquidazione anticipata in un’unica soluzione dell’intera Naspi per l’avvio di un’attività lavorativa autonoma di natura imprenditoriale consistente nell’apertura di un esercizio commerciale (nel dettaglio, un bar).

A distanza di poco tempo, a causa delle restrizioni legate alla pandemia Covid-19, l’interessato si era visto costretto a chiudere temporaneamente l’esercizio, per poi decidere di non proseguire più l’attività, cedendo la stessa ad un valore di molto inferiore a quanto impiegato per rilevarla e iniziando, prima dello scadere del periodo “coperto” dall’ammortizzatore sociale, un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Nello stesso anno, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (“ INPS ”) richiedeva all’interessato la restituzione dell’intero importo erogato a titolo di anticipo Naspi, affermando in giudizio, a seguito dell’opposizione del lavoratore, che la fondatezza di tale richiesta risiedeva nel comma 4, articolo 8 del Decreto Legislativo n. 22 del 2015.

La disposizione normativa richiamata dall’Ente, di fatti, stabilisce che il lavoratore beneficiario della liquidazione anticipata della Naspi è obbligato a restituirla per intero qualora instauri un rapporto di lavoro subordinato durante il periodo per cui è stata riconosciuta la prestazione anticipata.

Il rimettente, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, porta all’attenzione della Consulta le contrapposizioni del comma 4, articolo 8 con i principi costituzionali contenuti negli articoli sopra richiamati.

In prima analisi, a parere del rimettente, la disposizione in esame violerebbe il principio di ragionevolezza intrinseco nell’articolo 3 della Costituzione, sotto due aspetti:

• l’irragionevole giustificazione che vede nell’integrale restituzione della Naspi la finalità antielusiva contenuta nel comma 4 d’innanzi all’impossibilità sopravvenuta dello svolgimento dell’attività d’impresa, considerando nel caso specifico, che l’attività imprenditoriale ha richiesto l’impiego di un importo consistente, maggiore dell’anticipo erogato dall’INPS e che la stessa si è interrotta per un evento del tutto imprevedibile quale la crisi pandemica;

• la sproporzione della norma nel prevedere la restituzione dell’intero importo, non lasciando margine di valutazione all’Istituto previdenziale o al giudice riguardo il caso concreto, considerando non solo la gravosità nella restituzione totale per il beneficiario, quanto il breve periodo in cui ricade l’attività di lavoro subordinato all’interno di quello coperto dalla Naspi.

Il rimettente poi, una volta evidenziata la contrapposizione tra la disposizione censurata ed il principio di ragionevolezza, solleva un ulteriore dubbio di legittimità rispetto ad un altro principio della Costituzione, ossia quello lavorista enunciato all’articolo 4 della Carta fondamentale , che al primo comma riconosce e tutela il diritto al lavoro promuovendo le condizioni che rendano effettivo tale diritto. Il principio risulterebbe compromesso nella previsione in cui viene impedito al percettore di Naspi anticipata di instaurare un rapporto di lavoro subordinato durante il periodo coperto dall’ammortizzatore a pena di restituzione dell’intera prestazione.

In conseguenza di quanto appena detto, la rinuncia del lavoratore allo svolgimento della prestazione lavorativa e la privazione alla corresponsione del reddito che ne deriverebbe andrebbero a ledere, altresì, quanto riconosciuto dall’articolo 36 della Carta fondamentale , che sancisce il diritto del lavoratore “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Infine, il comma 4 dell’articolo 8 pare, per il rimettente, essere in contrasto anche con l’articolo 41 della Costituzione nel limitare il principio di libera imprenditorialità ai percettori di Naspi anticipata, costringendo l’ipotetico richiedente della prestazione a valutare la convenienza di tale opzione, considerando il rischio di dover restituire l’intero importo qualora sfortunate circostante determinassero la chiusura dell’attività senza che la restituzione del percepito sia preceduta da una specifica valutazione.

In conclusione, la richiesta del rimettente auspica ad un intervento della Corte Costituzionale al fine di rendere la disposizione contenuta al comma 4, dell’artico 8, del Decreto Legislativo n. 22 del 2015 “ più flessibile ” nella parte in cui prevede l’obbligo di restituzione dell’intero importo, adeguando tale penalità al caso concreto.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Norme e Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore.

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