Osservatorio

Spetta il buono pasto al lavoratore impossibilitato a fruire della mensa aziendale (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, maggio 2021)

24 Maggio 2021

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5547 del 1° marzo 2021, ha affermato che al lavoratore che non può usufruire del servizio di mensa aziendale per ragioni di servizio è dovuto il buono pasto sostitutivo, in caso di orario di lavoro giornaliero eccedente le 6 ore.

I fatti di causa hanno visto un lavoratore turnista, impiegato presso un’azienda ospedaliera, proporre domanda di accertare il proprio diritto alla percezione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore, chiedendo altresì il risarcimento del danno al datore di lavoro.

La Corte d’Appello di Messina, in conferma di quanto determinato in primo grado, ha accolto la rivendicazione del lavoratore con sentenza in data 18 dicembre 2018, n. 906.

Tale sentenza è stata, in seguito, impugnata dal datore di lavoro, che ne ha chiesto la cassazione.

In particolare, il lavoratore svolgeva un orario di 7 ore nel turno pomeridiano e di 11 ore nel turno notturno. Egli non avrebbe potuto fruire del servizio di mensa aziendale, in quanto non poteva essere sospeso il servizio di assistenza e, inoltre, non era presente un servizio di mensa serale. Pertanto, doveva riconoscersi al lavoratore il diritto ai buoni pasto, quale elemento sostitutivo del servizio di mensa aziendale, oltre al risarcimento del danno dovutogli per aver provveduto al pasto a proprie spese.

A dire del datore di lavoro, la sentenza della corte territoriale ha identificato, in modo erroneo, il diritto alla pausa con il diritto alla mensa. Nella fattispecie in esame, infatti, tale corte aveva osservato che l’articolo 29, comma 3 del CCNL integrativo del comparto sanità del 20 settembre 2001 dovesse essere interpretato in combinato disposto con il D.Lgs. 66/2003, articolo 8. Da tale considerazione aveva pertanto concluso il diritto al buono pasto del lavoratore.

Oggetto del ricorso del datore di lavoro è stato, altresì, l’osservazione di come il lavoratore potesse “provvedere alla consumazione del pasto prima di iniziare il turno pomeridiano ed il turno notturno”. La normativa, infatti, non attribuisce il diritto alla mensa, ma disciplina “esclusivamente il diritto alla pausa, essendo comunque una possibilità quella di consumare il pasto durante la pausa”.

Sull’argomento, la Corte di Cassazione ha rilevato come l’art. 29 del CCNL 20 settembre 2001, integrativo del CCNL del 7 aprile 1999, preveda il diritto alla mensa per tutti i dipendenti “nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare articolazione dell’orario”. Inoltre, viene osservato come le aziende, “in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l’esercizio del diritto di mesa con modalità sostitutive. In ogni caso l’organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano nell’autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la competenza del CCNL nella definizione delle regole in merito alla fruibilità e all’esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori”.

Dalla lettura del CCNL, la Suprema Corte evince come la consumazione del pasto – ed il connesso diritto alla mensa o al buono pasto – sia prevista nell’ambito di un intervallo non lavorato. Pertanto, i giudici convengono sul fatto che “la particolare articolazione dell’orario di lavoro è quella collegata alla fruizione di un intervallo di lavoro”. Da qui il rilievo dell’articolo 8 del D.Lgs. 66/2003, secondo il quale “il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per la pausa qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto”.

Dal testo legislativo, dunque, la Corte ricava l’assunto secondo il quale “la consumazione del pasto è legata alla pausa di lavoro e avviene nel corso della stessa”: da tale interpretazione emerge la coerenza del collegamento tra il diritto alla mensa ex articolo 29, comma 2 del CCNL integrativo sanità del 20 settembre 2001 e il diritto alla pausa.

È effettivamente dovuto, pertanto, il buono pasto al lavoratore che svolga la propria prestazione nel corso di un orario di lavoro eccedente le sei ore, qualora impossibilitato a fruire del servizio di mensa aziendale.

Confermando la sentenza di secondo grado, la Corte di Cassazione rigetta dunque il ricorso del datore di lavoro, condannandolo al pagamento di spese e accessori di legge.


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