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Tirocinio: su salute e sicurezza il datore di lavoro ha gli stessi doveri previsti per i lavoratori dipendenti (Andre Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, aprile 2022)

29 Aprile 2022

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7093 del 1° marzo 2022, si è espressa in merito alle responsabilità datoriali circa gli obblighi di salute e sicurezza sul lavoro nei confronti dei tirocinanti.

In particolare, la vicenda ha origine da un episodio infortunistico verificatosi ai danni di una studentessa tirocinante presso un’azienda agricola. La ragazza, nell’atto di pulire un grosso tino, era salita su una scala con in mano un tubo di gomma collegato al rubinetto dell’acqua. Insieme al proprio tutor, il tino era stato aperto e il pesante coperchio metallico appoggiato, in equilibrio, sul bordo del tino. Durante le operazioni di pulizia, il coperchio era rovinato sulla tirocinante, colpendole la mano destra e causando una profonda ferita da taglio con lesione al tendine.

L’iter giudiziale che ha fatto seguito all’avvenimento ha visto il datore di lavoro addossato della responsabilità penale dell’accaduto, data la contestazione di aver cagionato alla tirocinante lesioni personali giudicate guaribili in 105 giorni. In particolare, nei diversi gradi di giudizio è stato osservato come, ai sensi dell’art. 2, lett. a), del D. Lgs. 81/2008 (c.d. “Testo unico sulla sicurezza sul lavoro”), la tirocinante debba essere ricompresa nella più ampia categoria di “lavoratore”, in quanto i fini della sicurezza sul lavoro è considerato tale chiunque svolga“un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”, indipendente dalla tipologia contrattuale.

Alla luce di tale previsione, veniva addebitato al datore di lavoro di avere violato le norme in materia di sicurezza sul lavoro e, segnatamente, di “avere disposto che l’attività di lavaggio della vasca venisse eseguita senza alcuna preventiva valutazione del rischio, in carenza assoluta di una precipua formazione e senza munire la tirocinante dei necessari dispositivi di protezione (artt. 17, 37 e 71 D. Lgs. 81/2008)”.

Avverso la pronuncia di cui sopra, l’azienda ha proposto ricorso per cassazione, avanzando diversi motivi di doglianza.

Anzitutto, l’azienda non riteneva di doversi fare carico delle disposizioni di cui al Testo unico sulla sicurezza, nella convinzione che l’adempimento degli obblighi di sicurezza del tirocinante fosse riferibile esclusivamente al soggetto promotore, a meno che un’apposita convenzione non facesse convergere gli stessi sull’azienda ospitante. Sul punto, il datore di lavoro osservava come nella convenzione fosse esplicitamente previsto che la copertura assicurativa del tirocinante contro gli infortuni sul lavoro rientrasse tra gli obblighi del soggetto promotore, ossia l’università presso cui la tirocinante era iscritta all’epoca dei fatti.

Inoltre, il datore di lavoro osservava come fosse altrettanto chiara la circostanza che gli spazi ed i relativi impianti messi a disposizione dei tirocinanti nei locali aziendali fossero assolutamente a norma, in totale ottemperanza rispetto a quanto stabilito dalla convenzione stipulata con l’università. Pertanto, nessuna responsabilità penale sarebbe potuta gravare sul datore di lavoro – a suo dire – considerato che, in tema di sicurezza sul lavoro, era stato inoltre incaricato un tecnico specializzato per la valutazione dei rischi all’interno dell’azienda.

Da ultimo, il datore di lavoro riteneva che fosse lampante come l’infortunio occorso alla tirocinante fosse dipeso da un comportamento istantaneo e imprevedibile della stessa, non collegato al compito affidatole. In particolare, durante l’attività di pulizia realizzata dalla ragazza, il coperchio, probabilmente a causa degli spruzzi di acqua ricevuti, si sbilanciava verso l’interno della vasca; in tale momento e senza alcuna logica, la tirocinante tentava di fermare il coperchio con la sola mano destra, continuando a tenere il tubo dell’irrigazione con la sinistra. Così operando, a dire del datore di lavoro, la tirocinante era assolutamente conscia del fatto che stava attuando una condotta pericolosa per la propria incolumità, riferibile ad un comportamento abnorme suscettibile di escludere ogni responsabilità da parte dell’azienda. “Anche in presenza di adeguata formazione in punto di sicurezza – sosteneva il datore di lavoro – l’infortunio si sarebbe egualmente verificato, esulando il comportamento della persona offesa dalle più elementari regole di prudenza”.

Stanti le motivazioni avanzate dal datore di lavoro con il proprio ricorso, i giudici della Cassazione hanno ritenuto che i motivi di doglianza fossero manifestamente infondati, respingendo il ricorso datoriale.

In particolare, l’applicazione al caso di specie delle previsioni del D. Lgs. 81/2008 è stata ritenuta corretta, poiché la figura del tirocinante è, a tutti gli effetti, assimilabile a quella del normale lavoratore dipendente. Conseguentemente, nella specifica ipotesi in cui presso un’azienda siano presenti soggetti che svolgano tirocini formativi, il datore di lavoro sarà tenuto ad osservare tutti gli obblighi previsti dal citato testo unico al fine di garantire la salute e la sicurezza degli stessi.

Inoltre, non ha avuto rilievo l’obbligo assicurativo gravante sul soggetto promotore, poiché, come si evince dal titolo della circolare INAIL n. 16/2014, esso riguarda l’“obbligo assicurativo dei tirocinanti e relativa determinazione del premio”, senza alcuna attinenza con la sicurezza sui luoghi di lavoro. Alla Suprema Corte è risultato, dunque, di tutta evidenza come non possa validamente sostenersi la esistenza di una fonte di esonero da responsabilità del datore di lavoro nei confronti dei tirocinanti, partecipanti a stage formativi in un’azienda, nella disciplina e nella convenzione richiamata nel ricorso.

La Corte di Cassazione ha osservato come nella sentenza di secondo grado fosse stato acclarata l’omissione di “qualunque attività di informazione e formazione sull’attività da espletare” da parte della tirocinante, “la quale aveva precisato di non aver ricevuto alcuna istruzione sulle modalità esecutive del lavoro da compiere”. Il datore di lavoro, a sua volta, aveva affermato di “non sapere come doveva essere compiuta l’operazione di lavaggio della vasca e di non possedere alcuna preparazione per lo svolgimento dell’attività di tutoraggio”. Altrettanto, risultava chiaro come il datore di lavoro non avesse dotato la tirocinante “dei mezzi di protezione individuali (guanti antitaglio) necessari per eseguire l’operazione, tenuto conto delle caratteristiche del coperchio e del fatto che esso non fosse trattenuto in nessun modo nel momento in cui veniva spostato”.

I giudici, in merito, hanno osservato come la qualità datoriale in capo alla imponesse “la previa valutazione del rischio a cui era esposta la tirocinante, la cui posizione è equiparata al lavoratore per quanto detto sopra, e l’adozione delle necessarie misure di sicurezza”.

Non ha avuto rilievo, invece, la circostanza, segnalata nel ricorso, che la titolare dell’azienda si fosse avvalsa della collaborazione di un professionista incaricato di risolvere ogni

problematica in materia di sicurezza. Sul punto, infatti, la valutazione del rischio, ai sensi dell’art. 17 D. Lgs 81/2008, è compito affidato al datore di lavoro, non delegabile.

Infine, è stato ritenuto inconferente il richiamo al comportamento “abnorme” della tirocinante: in tema di infortuni sul lavoro, infatti, “qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato anche elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia”.

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